Il mondo sta bruciando in due guerre senza fine. Siamo alla vigilia di importanti elezioni che disegneranno il complicato futuro politico di noi cittadini europei. Nel mentre l’editoria italiana è stata invitata da protagonista alla festa più importante del mondo dei libri in Europa e nel mondo: la Buchmesse di Francoforte. Sento al telefono il protagonista di questa storia, Roberto Saviano, l’autore di Gomorra, uno scrittore italiano piuttosto noto nel mondo: «Loro, intendo il governo, sapevano benissimo che avrebbero generato polemica ma è proprio per questo che hanno sottolineato che nella lista che hanno stilato non ci fosse il mio nome. Non credono siano atti che li delegittimano nel mondo, ma anzi parlano alla loro base: non vi abbassiamo il mutuo, non vi alziamo i salari ma vi togliamo dalle palle i nostri nemici simbolici. Sono il risarcimento ai loro fallimenti politici».

L’Italia dovrebbe tornare protagonista alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte. E lo dovrebbe fare con i suoi libri e i suoi autori, con la sua storia e la sua cultura. Non con polemiche e censure simboliche. Trentasei anni dopo la prima volta nel 1988 quando fu invitata a inaugurare l’attuale format, che assegna un posto speciale a un Paese, sarà ospite d’onore dal 16 al 20 ottobre alla 76ª edizione della celebre Buchmesse, il più importante evento internazionale per lo scambio dei diritti, punto di riferimento per gli editori di tutto il mondo, con espositori provenienti da oltre 120 paesi.

Con un valore economico delle vendite di 3,338 miliardi di euro l’anno, l’editoria italiana oggi è la quarta per dimensione in Europa e occupa oltre 70mila addetti in una filiera che spazia dalle case editrici al mondo degli autori, traduttori e illustratori, passando per agenti letterari, librai, bibliotecari, organizzatori di eventi come fiere e festival e molto altro ancora. Nel Paese è la prima industria culturale per acquisti dei consumatori, davanti a pay tv e televisione generalista, videogiochi, stampa quotidiana e periodica, musica e cinema.

Sono dati che testimoniano una centralità che va al di là dei numeri: il libro è al centro della creazione degli universi narrativi che diventano film, videogiochi e serie tv, è al centro del dibattito pubblico e delle idee che si nutrono della produzione saggistica, ma è anche al centro della formazione dei giovani, attraverso i testi scolastici, della ricerca e didattica universitaria, dell’aggiornamento professionale.

Insomma l’editoria italiana è un’eccellenza di cui prendersi cura e da tutelare.

Lo scontro

Invece siamo dentro una nuova tempesta. Che prevede l’ennesimo scontro tra il governo e Roberto Saviano. Per la risposta del commissario Mazza a Francoforte a un giornalista tedesco che gli chiedeva lumi sull’esclusione di Roberto Saviano. Risposta provocatoria di Mazza accaduta poche settimane dopo l’altro maldestro affaire Scurati. I ludi elettorali non giovano alla complessità del pensiero, basta assistere a qualche talk politico in tivù per rendersene conto. La vera cultura egemone è la confusione, come profeticamente ha scritto lo scrittore Walter Siti, anche lui non invitato, su questo giornale.

Sandro Veronesi, uno dei maggiori scrittori italiani, due volte vincitore del Premio Strega mi dice: «Se avessero deciso di non invitare me nessuno se ne sarebbe accorto, ma se schieri la nazionale non puoi non invitare il centravanti migliore. Roberto Saviano è l’unico di noi ad avere parlato all’Accademia di Svezia, Roberto Saviano è uno scrittore noto e tradotto in tutto il mondo. Le ragioni della sua esclusione sono assurde. Hanno offeso chi ci ha invitato e considerato l’Italia una grande cultura. Ci fanno fare una figura dei peracottari, per fare vedere come trattano quelli che non sono d’accordo con loro. Ci espongono a figuracce. Non ci inviteranno più. Questa politica non ha proprio gli strumenti per gestire un’industria complessa come quella editoriale, fatta di libri e di idee. Le scelte culturali non devono seguire logiche politiche. Da parte mia andrò a Francoforte privatamente, col mio editore tedesco».

Anche Antonio Scurati, l’autore di M., ha rifiutato da mesi l’invito perché non intende fare parte di questa delegazione. Ma sarà a Francoforte, invitato dal suo editore tedesco. Paolo Giordano twitta sfottendo di satira: «La prima cosa che ho fatto dopo aver ricevuto l'invito alla Buchmesse 2024 è stata chiedere a Roberto Saviano se fosse stato invitato: no. Quindi mi sono fabbricato un impegno alternativo anch'io (c'ho judo)».

Le reazioni

Chiedo a Jonathan Bazzi, uno scrittore importante pure lui non invitato, cosa pensi dell’accaduto: «Questo governo persevera nell’occupazione furibonda di tutti gli spazi culturali e mediatici a disposizione, rivelando la propria ingenuità e fragilità: alla lunga l’opinione pubblica, in questi episodi, non può che riconoscere il tremore di chi ha terrore delle opinioni contrarie. Al posto che rispondere bannano, imbavagliano, mandano in esilio: fa così chi sa di non avere argomenti abbastanza solidi per ribattere. Stanno smantellando la Rai, un flop dopo l’altro, e stiamo accumulando figuracce internazionali a raffica. In circostanze come questa le maschere del travestimento democratico cadono, e emerge l’orientamento poco evoluto di politici che riducono tutto, anche la letteratura, a ritorsioni e regolamento di conti. Colpisce poi la codardia, anche del presidente Meloni, dato che, come nel caso di Scurati, non chiamano mai la censura per nome, ma si trincerano dietro scuse inverosimili d’altro tipo. Dovrebbero avere il coraggio pubblico delle loro azioni, e comunicare ai cittadini quanto strumentale e autoriferita sia la loro visione del giornalismo, dei media e dell’arte. Che concepiscono come puro mezzo per la propaganda o la distruzione del dissenso».

Francesco Piccolo mi ribadisce quello che ha scritto al direttore del suo giornale, Repubblica, ed esprime il proprio disagio.

«Sono a disagio. Non mi piace prendere posizioni pubbliche, ancorché virtuose, me ne vergogno. Ma qui non c’è in ballo la politica, bensì la letteratura. Sono a disagio a dire un no almeno quanto mi mette a disagio andare a Francoforte dopo questa scelta di esclusione di Roberto Saviano. Avevo accettato l’invito a essere parte della delegazione italiana perché ritengo insensato che le circostanze politiche del presente condizionino una così prestigiosa vetrina culturale: l’Italia è paese ospite alla Fiera di Francoforte non per circostanze presenti, ma per una storia che prescinde da queste».

L’AIE, l’Associazione italiana editori, responsabile del programma e della lista dei cento invitati, perché non esiste una lista Mazza dichiara ora che non c’è nessun condizionamento sulla scelta degli editori. Saviano non era tra le proposte di editori e agenti letterari italiani. Il presidente Innocenzo Cipolletta ha spiegato che la scelta degli autori ospiti a Francoforte è frutto di una procedura, fatta di un proficuo dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani, a partire proprio dalle loro proposte. Tra le proposte sulla base delle quali si è costruito il programma mancano ovviamente molti autori tra i quali, almeno fino ad oggi, Roberto Saviano. L’AIE non avrebbe mai permesso e non permetterà mai ingerenze esterne rispetto alla volontà degli editori.

Paolo Giordano mi manda allora un whatsapp che chiosa: «L’assenza di Saviano è talmente clamorosa che la spiegazione tecnica non mi convince, qualcuno avrebbe potuto notarla. Da parte mia avevo deciso già prima, prevedendo per tempo il maltempo».

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