Shoij Morimoto, 41enne, giapponese per professione non fa niente. Si è laureato in fisica, ha lasciato il lavoro, dal 2018 si fa ingaggiare da chi ha bisogno di parlare. Dietro la sua ribellione alla società ossessionata dal lavoro e dalla produttività, la filosofia di Nietzsche e un dramma familiare: «Un personaggio di Esopo sente il bisogno di rivelare un segreto e lo racconta alle canne. Io mi limito a essere lì, come le canne». Dalla sua esperienza un film e una serie tv
«Vorrei che mi osservasse mentre mangio un porridge di riso fatto con i documenti per il divorzio». È il genere di richieste che riceve Shoij Morimoto, 41enne giapponese che vive a Tokyo e per professione non fa niente. Rental person who does nothing (persona a noleggio per fare nulla) è infatti il job title che si è inventato.
Dopo una laurea in fisica presso l’università di Osaka, Morimoto ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa occupandosi di editoria didattica. A pochi mesi dalla nascita del figlio, stanco delle lamentele del suo capo che lo ritiene una sorta di «posto vacante permanente», pubblica un tweet: «Sto lanciando un servizio di do-nothing rental. Sono disponibile per qualsiasi situazione in cui tutto ciò che desideri è la presenza di una persona. Magari vorresti cenare al ristorante, ma ti senti a disagio ad andarci da solo. Oppure giocare a qualcosa, ma ti manca un compagno. O vorresti che qualcuno ti tenesse un posto al parco per guardare la fioritura dei ciliegi… Addebito solo le spese di trasporto (dalla stazione di Kokubunji) e il costo di cibo e bevande (se applicabile). Sarò lì, ma non farò nulla, se non darti risposte molto semplici».
Il memoir
Così Shoij Morimoto è diventato una persona a noleggio. Era il 2018 e aveva solo 300 followers, oggi ne ha milioni e riceve migliaia di richieste. Nel memoir La rivoluzione del fare nulla (Feltrinelli, giugno 2024), Shoij Morimoto racconta la sua storia che ha catalizzato l’attenzione dei media di tutto il mondo e ha ispirato una serie tv giapponese e un manga.
In realtà Morimoto non ha scritto il libro, si è limitato a rispondere alle domande di uno scrittore e di un editor. «Sono molto confuso a proposito di quanto mi è successo e avrei faticato parecchio a scrivere un libro convincente. Quindi, con questa scusa, come al solito non ho fatto nulla. Ho semplicemente osservato, con interesse e sorpresa, lo sviluppo di questo libro». E il memoir in realtà è piuttosto un inventario delle richieste ricevute. Alcune possono essere molto banali. «Vorrei assaggiare un frappuccino hojicha da Starbucks. Non credo, però, che riuscirei a berlo tutto, quindi lo condivideresti con me? La maggior parte delle persone però mi chiede di seguirle in luoghi in cui non si sentirebbero a proprio agio da sole, per esempio ad alcuni eventi, in caffè alla moda o in strade poco sicure. Oppure mi chiedono di parlare di argomenti di cui non vogliono parlare con persone a loro più vicine».
Le richieste
D’altronde risulta più facile aprirsi con sconosciuti di cui non importa il giudizio. «Ricevo un numero sorprendente di richieste di puro ascolto». O ancora, Morimoto riceve richieste di sola presenza. «Ho un posto in più per un evento e vorrei che tu mi accompagnassi». «Vorrei che tu sia presente per svolgere compiti (lavoro, studio, pulizie, imballaggio per un trasloco) che tendo a saltare quando sono da solo». «Quando lascio Tokyo mi sento sola, ma sarebbe troppo sentimentale chiedere a un amico di venire in aeroporto, quindi vorrei qualcuno che non faccia nulla se non salutarmi».
O ancora «vorrei che qualcuno fosse presente al traguardo della maratona a cui partecipo. Farò del mio meglio per finirla se so di avere qualcuno che mi aspetta. Penso che il mio servizio di do-nothing rental sia come una sorta di catalizzatore. In questo senso aiuto le persone a fare cose che farebbero comunque ma con una certa fatica».
E le richieste più bizzarre? «Non trovo nessuna richiesta bizzarra, perché ognuno vive la vita a modo proprio. Però alcune mi hanno davvero colpito, per esempio: “vorrei che tu sia presente quando mangerò un'intera confezione di burro”, “vorrei un incentivo a uscire, quindi vorrei che ci incontriamo (e che te ne vada non appena ti pago)”, “vorrei che mi accompagnassi in funivia in montagna”, “vorrei che passassi del tempo con me in silenzio”».
Niente sesso
Gli capita però a volte anche di rifiutare quando si tratta di richieste di natura sessuale, lavori di fatica o quando non si sente a suo agio. In generale il 90% di richieste arriva da donne, principalmente tra i 20 e i 30 anni, ma lo contattano anche adolescenti e over 50. Viene pagato a ora, ma senza tariffa fissa, lascia che sia il cliente a decidere.
Morimoto quindi diventa all’occorrenza psicologo per ragazze in crisi d’amore, un incentivo per lo scrittore pigro che lavora meglio se osservato, un alibi per chi vuole bere un chūhai nel parco. Una presenza umana per sentirsi meno soli, illudersi di avere qualcuno che ci pensi o che ci aspetti. Ma Morimoto ci tiene a precisare che non dispensa consigli di vita ai suoi clienti, «significherebbe fare qualcosa e poi spesso le persone non vogliono ricevere consigli». Non esprime giudizi né commenti, si limita ad ascoltare, sempre in modo passivo, e ad essere presente. Ha un legame molto debole con i clienti e raramente li incontra più di una volta. Morimoto riesce praticamente ad essere trasparente.
Pagato per esserci
«In una delle favole di Esopo, un personaggio sente il bisogno di rivelare un segreto e lo racconta alle canne. Io mi limito a essere lì, come quelle canne».
Ma da cosa nasce il suo desiderio di non far nulla? «Mi ha ispirato l’idea di essere "pagato per esserci”, che ho trovato nel blog del consulente sanitario Jinnosuke Kokoroya. Normalmente si è retribuiti per svolgere un lavoro. Ma Kokoroya sostiene che le persone dovrebbero essere pagate per il semplice fatto di essere presenti, in quanto hanno un valore intrinseco, anche se non fanno nulla. Non molto tempo dopo, ho sentito parlare di Pro-Ogorareyā, l’ospite di professione, un uomo il cui lavoro consiste nel pranzare con altri. Non ha fissa dimora. Chiede semplicemente su Twitter di offrirgli del cibo e un luogo in cui stare. Ho pensato che fosse un ottimo modo di vivere. È un tizio pagato semplicemente per esserci».
Morimoto ammette di essere stato influenzato anche dalla filosofia di Nietzsche. «Il suo transumanesimo, in particolare Così parlò Zarathustra mi ha alleggerito l'anima e mi ha dato la spinta per fare questa scelta radicale».
Il dramma familiare
Le ragioni di questa insolita professione però sono da ricercare anche nella storia della sua famiglia. «Mio fratello maggiore non ha superato gli esami universitari, è entrato in depressione e, pur avendo superato i 40 anni, non è mai riuscito a lavorare. Mia sorella non riuscì a trovare il tipo di lavoro che desiderava e finì per uccidersi». E nella sua vita personale.
«Prima di diventare una persona a noleggio ho lavorato per un’azienda che pubblicava materiale didattico, poi sono diventato scrittore freelance. Dopo poco ho iniziato a rendermi conto di quanto il mio lavoro fosse insulso, terribilmente ripetitivo e stressante. Così ho aperto un blog, pensavo che avrei finalmente potuto scrivere quello che volevo, ma in breve tempo mi sono ritrovato a corto di idee. A quel punto non scrivevo quasi più e tiravo fino a fine mese con il trading finanziario. Ero precipitato in un circolo vizioso in cui provavo in continuazione a fare qualcosa e finivo per non fare nulla. È così che ho iniziato a rendermi conto che la cosa più adatta a me era proprio fare nulla».
Oggi si sente soddisfatto e giustificato a concedersi questa sorta di ozio produttivo.
Contro lo spirito del tempo
Shoji Morimoto è, dunque, una ribellione alla società contemporanea ossessionata dal lavoro e dalla produttività, lanciata in una corsa sfrenata nel raggiungimento degli obiettivi, tormentata dall’ansia perenne di perder tempo. I suoi incontri, eccentrici fino all’assurdo, raccontano delle derive della società giapponese, ma in generale della società contemporanea, orfana di punti di riferimento e persa in disperate solitudini.
Senza porsi a modello, con tono asettico e disarmante leggerezza, Shoji ha invertito il senso della folle corsa individualistica al successo e all’efficienza. Come Hirayama, sessantenne giapponese nel film Perfect Days di Wim Wenders, che vive di piaceri semplici come contemplare la luce filtrare attraverso gli alberi, così Shoji ritrova un senso nell’assistere le persone, semplicemente osservandole districarsi nelle proprie esistenze.
Il suo fare nulla è in realtà fare solo ciò che conta per riappropriarsi del tempo e ridonare vita ai suoi giorni.
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