Pensate a quando “ci manca già” la persona che abbiamo di fronte, perché magari sta per partire per un viaggio. Un sentimento che ricorda quello che Daniel Kahneman ha detto della Generazione Instagram: che vive il presente come un ricordo anticipato
Annie Ernaux, nel racconto autobiografico Il ragazzo, descrive una relazione con un uomo più giovane di lei. La differenza di età è tanta (lui ventenne, lei cinquantenne), e la storia è destinata a non avere futuro, dunque ai due capita di immaginare il giorno in cui lui si sposerà con una persona della sua età e tutto finirà. Pensare a questo futuro in cui non staranno più insieme rende il presente “più intenso e potente”, perché viene vissuto come se fosse già un passato.
La situazione che ho appena descritto penso sia comprensibile: non serve aver vissuto relazioni come quella di Ernaux. Quando immaginiamo un futuro in cui ciò che stiamo vivendo, e che amiamo molto, non ci sarà più, proviamo un sentimento intensificato. Pensate a quando “ci manca già” la persona che abbiamo di fronte, perché magari sta per partire per un viaggio.
Anticipare la memoria
Ho riflettuto su questo sentimento mentre recuperavo una frase di Daniel Kahneman, quando parlò della “Generazione Instagram” (lui la chiamò così, e per semplicità terrò questa etichetta, anche se ha qualcosa di obsoleto). Disse che la Generazione Instagram vive il presente come un ricordo anticipato: vive con un occhio già rivolto al modo in cui le esperienze verranno catturate in foto, sistemate e condivise sui social media, vive il momento con un’attenzione alla rappresentazione futura e alla cristallizzazione.
Le piattaforme social incoraggiano gli utenti a documentare le loro vite in tempo reale, certo, ma l’atto della documentazione – il momento in cui sei in vacanza e fai la foto immaginando poi di postarla – spesso comporta un’anticipazione implicita di come questi momenti saranno percepiti dagli altri. Nasce un’esperienza a doppio strato: il godimento immediato dell’attimo, e la consapevolezza simultanea del suo futuro come documento (il post, l’immagine).
L’anticipazione della memoria in tal caso spesso modella il presente, portandoci a costruire le nostre esperienze per adattarle a una narrazione desiderabile. L’altro giorno qualcuno parlava di quelle turiste straniere (soprattutto americane) che girano per il nostro paese vestite e truccate di tutto punto e con i tacchi. Col caldo che fa! Sono spinte dal desiderio di consegnare ai social le immagini patinate della loro idea di viaggio in Italia (il viaggio in Italia è oggi più che mai qualcosa da esibire).
Mi sono chiesta se sia possibile trovare punti in comune tra questo comportamento e le emozioni degli amanti di cui parlavo prima. Superficialmente ci sono delle somiglianze (il presente “è già passato”). Tuttavia ci sono differenze significative. Per gli amanti, il presente è plasmato da una connessione emotiva, e la nostalgia preventiva è radicata nella paura autentica della perdita. L’attenzione è tutta rivolta all’interno del gioco a due: alle esperienze condivise e ai legami emotivi che si stanno creando.
Al contrario, l’esperienza della “Generazione Instagram” è un’esperienza di mercato, nel senso che i social rispondono a logiche di mercato (si cerca di incontrare i gusti, c’è una domanda e un’offerta di contenuti, si misurano i risultati con i like). Si mette in scena la vita perché sia consumata da un pubblico. L’autenticità è in secondo piano rispetto all’esibizione. L’eventuale tono nostalgico è una costruzione animata dal desiderio di creare una narrazione godibile.
Preservare le situazioni
Sia gli amanti sia la Generazione Instagram sono influenzati dal desiderio di creare e preservare situazioni degne di nota. Per la Generazione Instagram questo significa catturare momenti che siano apprezzati dal pubblico. Il processo non è del tutto negativo: può incoraggiare a cercare attività sempre nuove e visivamente attraenti. Tuttavia la necessità di esibirsi oscura il valore intrinseco del semplice “essere presenti” alla propria vita.
Anche gli amanti vivono il momento con una consapevolezza accentuata. Sapere che il tempo insieme è limitato infonde alle interazioni un senso di urgenza. Questo desiderio di sfruttare al massimo il tempo può rafforzare ulteriormente il legame sentimentale.
Tuttavia può anche portare a un’ansia da prestazione emotiva: si avverte la pressione di creare attimi significativi, a dispetto dello sviluppo naturale del sentimento, che talvolta, anche nei grandi amori, avrebbe bisogno di attimi insignificanti. Di banalità. Ecco una sensazione di affaticamento: le passioni eccessive possono provocare questo tipo di logorio.
Mi pare dunque che il fenomeno del vivere il presente come fosse già passato sollevi, in ogni caso, domande interessanti sulle emozioni come performance.
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