Tutti conoscono i moti di Stonewall: il tacco lanciato da Marsha P. Johnson, i poliziotti intrappolati nel bar e la guerriglia che incendiò le strade di New York City, dando vita al primo Pride della storia.

Ma c’è un altro capitolo, meno celebrato, che emerge dal silenzio di agosto: il mese della rivolta trans. Questi eventi, a lungo sepolti negli archivi della Gay and Lesbian Historical Society, sono tornati alla luce grazie alla dottoressa Susan Stryker.

Durante le sue ricerche, ha trovato un riferimento a un episodio del 1966, tre anni prima di Stonewall: «Le drag queen protestano contro le molestie della polizia alla Caffetteria di Compton», a San Francisco. Senza l'intuizione della dottoressa Stryker, questa pagina di storia sarebbe rimasta nell'oblio. Incrociando articoli e testimonianze frammentarie, Stryker ha scoperto che tra le vie Turk e Taylor, dove sorgeva il Compton’s, batteva il cuore della comunità transgender, portando alla luce una storia che merita di essere raccontata.

Sono gli anni 60. Gli anni in cui, mentre la stampa allenta progressivamente la censura, l’unico motore che sembra alimentare l’acquisizione di diritti da parte della comunità omosessuale è la progressiva espansione del suo potere di acquisto, specialmente come lettori di giornali.

Spostando lo sguardo dalla narrazione che vuole fare di Stonewall solo una guerriglia politica che ha avuto come unico scopo condiviso la rivendicazione di diritti civili, emerge un’altra prospettiva, che vede i moti come parte di una battaglia in corso per il diritto al consumo della clientela omosessuale e, nello specifico, al diritto di comprare e consumare liberamente nei bar.

D’altra parte, la socialità dei locali come lo Stonewall Inn o il Compton’s Bar innerva una comunità più eterogenea e complessa di quella intercettata dal mercato dell’editoria e dell’attivismo omosessuale. È una comunità ignorata dalla politica e dal mercato mainstream: persone nere e latine, sex workers, persone trangender, lesbiche butch, identità decentrate, povere, intrinsecamente politiche.

Questa comunità non solo iniziava a pretendere diritti al posto di chiederli, ma al contempo dava vita all’elaborazione di immaginari e riferimenti culturali condivisi. Nonostante le fratture intrinseche a una comunità così polimorfa e diversificata, è quindi in atto una produzione di codici di comunicazione in grado di produrre linguaggi, modalità di resistenza e una percezione di comunità che segna la nascita di una sottocultura queer urbana.

Sono queste le persone che nel 1966 si sollevano contro la polizia dentro la Gene Compton's Cafeteria, un ristorante notturno nel quartiere Tenderloin. Stanche delle continue vessazioni, molestie e violenze da parte delle forze dell’ordine, e ispirate dalla recente rivolta per i diritti civili, fondano un gruppo di pressione e resistenza, composto principalmente da donne transgender: il gruppo Vanguard.

È quando la polizia di Compton inizia a perseguitare i membri di Vanguard che la rabbia esplode. Il 19 luglio, in risposta al divieto di accesso alle persone transgender imposto dalla direzione della caffetteria, la comunità locale organizza un picchetto davanti al Compton's, attirando l'attenzione dei media.

Ma fu una calda sera d’agosto a dare il via alla rivolta: un membro del personale chiama la polizia per allontanare le donne transgender dal locale. La situazione esplode quando un agente tenta di arrestare una delle donne, che risponde lanciandogli un bricco di caffè bollente. A ruota i vetri delle finestre vengono ridotti in frantumi, le sedie lanciate contro la polizia, altre persone queer raggiungono il luogo: un’auto della polizia distrutta, un’edicola in fiamme e le persone barricate nella caffetteria. Dopo ore di scontri, la polizia è costretta a ritirarsi.

Questo tumultuoso scontro non solo segna una svolta per il movimento per i diritti civili Lgbtqia+, ma rappresenta anche il primo atto di resistenza organizzata delle persone trans e queer contro le autorità negli Stati Uniti, e inaspettatamente ha avuto un impatto enormemente positivo.

Un mese dopo la rivolta, attivisti trans e alleati fanno un picchetto di protesta a Compton. L'esito della rivolta è stato imprevisto: uno dei principali poliziotti della zona si schiera a favore della comunità e, grazie alle pressioni degli attivisti, viene costituito il primo gruppo di difesa delle persone transgender di San Francisco, la National Transsexual Counseling Unit, che ha contribuito alla creazione di programmi per aiutare le persone trans a trovare lavoro e a studiare. Come ha detto Christina Hayworth, attivista trans di lunga data: «Stonewall è stato cinque giorni di sommosse, mentre Compton è stato tre anni di attivismo e di costruzione della comunità». L'eredità della rivolta continua a vivere attraverso organizzazioni come il Transgender Gender-Variant & Intersex Justice Project (Tgijp) di San Francisco, sostenendo i diritti delle persone transgender e gender-nonconforming all'interno del sistema carcerario.

Tuttavia, la rivolta alla Compton’s Cafeteria è stata in gran parte dimenticata, mentre quella di Stonewall ha assunto un ruolo centrale nella storia del movimento Lgbtquia+. Le sociologhe Elizabeth Armstrong e Suzanna Crage spiegano questa discrepanza notando che Compton’s non fu considerata significativa dall'establishment gay maschile di San Francisco, il quale era maggiormente focalizzato sull’assimilazione nella società eteronormativa.

A differenza della Compton’s Cafeteria, la rivolta di Stonewall coinvolse membri più privilegiati della comunità gay, in particolare uomini bianchi benestanti con accesso a risorse e reti influenti. Questi uomini, grazie al loro potere e alle connessioni che avevano, riuscirono a trasformare l’evento di Stonewall in un simbolo duraturo. Al contrario, la Compton’s Cafeteria era frequentata soprattutto da donne transgender povere, la cui lotta, non supportata dalle stesse risorse, fu rapidamente ignorata.

Mentre il Pride guadagna visibilità e si lega sempre di più a logiche di consumo, è fondamentale ricordare, soprattutto nel mese di agosto, che le rivendicazioni delle rivolte come quella alla Compton’s Cafeteria restano spesso nell'ombra.

La riscoperta di questi eventi sottolinea l'importanza di riconoscere e celebrare ogni fase della nostra storia collettiva dandoci l’occasione di riflettere collettivamente sulla lettura degli eventi, soprattutto se scomodi e legati a dinamiche di classe e alle esigenze delle persone trans, che continuano a fronteggiare una discriminazione persistente e imperante.

Rivisitare e onorare eventi come la rivolta alla Compton’s Cafeteria non solo arricchisce la nostra comprensione della storia, ma rafforza anche l'impegno verso una giustizia che riesce ad essere sociale oltre che civile, rivelando che ogni storia dimenticata è un monito, che ci ricorda chi ha il privilegio di raccontare la storia e quali sono gli strumenti che gli permettono di farlo.

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