«Ho vissuto cinquant’anni con lui, non so più chi ha cresciuto chi», confessa a Domani Silver, 71 anni, riferendosi alla sua creatura fumettistica, Lupo Alberto, che quest’anno compie 50 anni, arrivando quindi alla mezza età, ma – si può dire – senza l’annessa crisi. «Solo in questi ultimi anni ho capito che ho creato questo mondo parallelo della fattoria McKenzie perché avevo bisogno di un rifugio in cui cercavo di proteggermi dalle sfighe, dalle ansie e dal malumore. E lo faccio ancora oggi. Quando penso alla mia fattoria, ci vedo i personaggi, spesso parlo anche con loro. Sono tuttora il mio rifugio, e mi fa stare bene. Sono un’altra famiglia».

Il paesaggio anglosassone della fattoria McKenzie, popolato da animali parlanti come Enrico la talpa, Mosè il cane, Marta la gallina e, appunto, Lupo Alberto, non è stato un rifugio soltanto per Silver, al secolo Guido Silvestri. Bensì un baluardo anche per generazioni di appassionati che in quel lupo di colore blu e nella sua storia d’amore con una gallina hanno visto la parabola dell’eterno emarginato, e che nella fattoria hanno potuto assaggiare anche un po’ di ironia di un’Italia in miniatura.

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Mai come adesso, in questo compleanno, il sentiero tracciato dalle eterne strisce di Silver ha trovato degli eredi, che ne hanno raccolto il testimone in un volume celebrativo intitolato Tutto un altro Lupo Alberto, edito dalla nuova casa editrice Gigaciao (fondata dai fumettisti Giacomo Keison Bevilacqua, Sio, Dado e Fraffrog) e curato dallo stesso ideatore del Lupo insieme al giovane Lorenzo La Neve, romano classe 1998, e con i disegni di Matilde Simoni, Francesco Guarnaccia, Spugna, Mattia Secci, Eleonora Simeoni, Roberto D’Agnano e Maicol&Mirco, tra gli altri.

Lupo Alberto esordisce sul Corriere dei ragazzi nel 1974, quando Silver aveva soltanto 23 anni. L’autore ha inoltre collaborato al tabloid L’Occhio, progetto editoriale di Rizzoli che aveva alla direzione il giornalista Maurizio Costanzo, realizzando le vignette satiriche del quotidiano fino alla sua chiusura a due anni dal lancio.

L’origine del mito

La nascita del famoso Lupo blu, come spesso accade, non arriva da una singola scintilla di creatività. Il giovane Silver è arrivato ad Alberto sognando di fare lo stesso lavoro di Jacovitti, l’autore di Cocco Bill. A segnarlo è stata anche la conoscenza con un Bonvi ai primi esordi, con le sue Sturmtruppen, e collaborando con lui alla trasmissione SuperGulp!. Quando finalmente la casa editrice per cui lavorava gli chiese qualcosa di suo, di originale, solo in quel momento nacque Lupo Alberto. Un personaggio «un po’ Willy il Coyote un po’ nonna Papera», dice Silver, e «che non voleva neanche essere un protagonista. Eppure, eccoci qua».

E no, il nome non è ispirato al celebre attore Alberto Lupo, star del cinema e della televisione italiana di quegli anni, protagonista anche di serie come Un certo Harry Brent del 1970. E in tv, con la conduzione del varietà Teatro 10. «Anche se inconsciamente potrebbe anche essere. Alberto Lupo in quel momento andava per la maggiore. Era il sogno romantico di molte casalinghe, compresa mia madre».

Silver racconta di un famoso incontro con l’attore romano. A lui propose di scrivere la prefazione per un suo nuovo libro di strisce di Lupo Alberto. «Fu cortese, mi diede il suo numero di telefono e mi disse di chiamarlo se fossi passato da Roma. Io chiaramente i giorni seguenti mi fiondai a Roma e chiamai da una cabina telefonica. Mi rispose la moglie, infastidita. Mi disse che il nome di suo marito era un nome d’arte, registrato, e che avrei avuto notizie dai loro avvocati. Allora fuggii a Modena. Per una settimana, ogni volta che suonava il campanello avevo il cuore in gola, temevo fossero i carabinieri».

Cittadino impegnato

Il famoso Lupo, nella finzione del fumetto, è un «giovanotto di 25 anni che non si arrende mai, e che vuole sposare Marta». «È una specie di “dropout”, un personaggio marginale. Mi somigliava molto, quando avevo 25 anni anche io», spiega Silver. «Non si sente diverso dagli altri. È la sua vita, l’ha scelta e si sente libero. Questa è stata un po’ anche la mia scelta, quella di fare un mestiere che non esiste nell’elenco dei lavori considerati “seri”, rifuggendo sempre la collaborazione fissa con un editore perché volevo essere libero di dire ciò che volevo».

Le strisce di Lupo Alberto, infatti, sono state anche luogo importante per satira politica e sociale, parlando di diritti Lgbt e prestandosi anche a campagne per Emergency e di sensibilizzazione sull’Hiv. «Era il mio unico mezzo con cui potevo farmi sentire. Ho scelto un mestiere che è molto appagante ma anche molto faticoso, perché devi sempre produrre nuove idee, soprattutto nel periodo in cui stava crescendo il successo di Lupo Alberto».

«Non ho mai vissuto, se non in minima parte, la mia età di giovane impegnato socialmente. Ho fatto manifestazioni e occupazioni, certo, ma partecipavo per quanto potevo», racconta. «Non potendolo fare pienamente, l’ho fatto fare al mio personaggio. Ho vissuto così il ‘77. Sono uscite delle mie strisce molto provocatorie in cui parlavo di una sovranità di brigate rosse, sempre con un taglio umoristico. Ho sempre cercato di fare la mia parte di cittadino, impegnandomi per la giustizia sociale».

Silver dice non aver mai fatto mistero delle sue simpatie politiche. «E di queste cose, in termini di pubblico si paga anche lo scotto, ma non mi ha mai impensierito. In quel periodo credo di aver filtrato anche i lettori, tra quelli che mi dicevano “bravo” e quelli che ti dicevano “non ti devi occupare di politica”».

Il Lupo ovunque

Lupo Alberto ha poi sfondato la barriera dei fumetti, arrivando ovunque. Ha avuto una serie animata prodotta alla fine degli anni Novanta e inizio Duemila. Un videogioco, uscito nel 1990 e sviluppato da Idea Software per Amiga e Commodore 64. E poi astucci, zaini e caramelle gommose. Una vasta operazione di merchandising fortemente desiderata dallo stesso Silver, che non ha mai rinnegato la commercializzazione del personaggio.

«Sono cresciuto con il mito di Schulz, il disegnatore dei Peanuts. E ho cercato di ripercorrerne le ombre in tutti i modi. Da quando faccio fumetti sono sempre stato immerso nel mondo del fumetto commerciale, dai gelati di Cocco Bill ai film d’animazione», racconta. «Non ho mai considerato il fare merchandising una cosa riprovevole o spuria nei confronti del fumetto. Qualcuno me lo fece notare anche con un certo disprezzo, ma io in quella cultura ci credevo. Non ho mai considerato il fumetto come una cosa pura che non dovesse mai essere contaminata. Quando me lo hanno proposto sono stato ben contento».

«Anche perché era difficile vivere di sola edicola, non so se avrei continuato a fare i fumetti», confessa l’autore modenese. «Si può fare merchandise senza tradire sé stessi, era solo un altro mezzo. Quello che diceva nei fumetti lo diceva anche nei diari. Molti lo hanno conosciuto senza mai leggere una sua striscia. Ora è diventato un personaggio, un marchio: Lupo Alberto significa qualcosa».


Tutto un altro Lupo Alberto è in uscita il 15 ottobre per Gigaciao

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