Coraggio, dolore, giustizia, responsabilità, scelta, memoria… potremmo dire i temi della vita? Sì, quella fino all’ultimo momento, quella che abbiamo diritto di vivere con dignità.

Questo è stato il cammino in oltre 40 anni, questa è stata la scelta del comitato scientifico di affiancare all’assistenza sociosanitaria in cure palliative l’attività di sensibilizzazione culturale per approfondire i grandi temi e quesiti etici dell’umano vivere e del morire.

«Riflettere consapevolmente sulla morte vuol dire affrancarsi nella vita, vuol dire guadagnare un infinito potere per poter vivere liberamente, forse anche per capire il significato finale della morte» (Alberto Malliani, medico già presidente del comitato scientifico Vidas).

La missione

Confronto per incontrarsi ma anche per riconoscersi diversi, Dialogo per superare barriere ma anche per definire confini che possono essere superati e abitati in maniera diversa, Informazione per conoscere ma soprattutto per avere la possibilità di scegliere consapevolmente rispetto al proprio futuro.

Questo il mandato che Vidas ha voluto darsi negli anni, perché prendersi cura della vita non riguarda solo l’atto medico, non deve riguardare solo quello, riguarda il farsi carico della sofferenza altrui nei luoghi del corpo ma anche dello spirito.

Vuol dire prendersi la responsabilità di promuovere riflessioni anche “scomode” in cui le risposte non sono sempre definitive, in cui le verità sono tante. Riflettere sui temi della vita, e della morte, vuol dire aprire nuovi orizzonti, indagare nuovi bisogni, costruire interventi verso una società più consapevole e giusta.

«Certo ci vuole coraggio per guardarsi dentro, coltivare il bene e soprattutto condividerlo, contribuendo così a un migliore progetto del mondo. Un sentimento di corrispondenza di sé con il tutto che non cancella affatto la personale identità, ma la potenzia nel raccogliersi del molteplice nell’uno» (Giovanna Cavazzoni, fondatrice Vidas).

Quella di Vidas è una prassi e una responsabilità nell’agire, quella che radica l’azione nel terreno fertile della riflessione e della dialettica tra punti di vista capaci di incontrarsi.

Con questo sguardo è nato il primo Festival culturale, Incontro, appunto, nell’anno del quarantennale, a maggio 2022.

In continuità con gli incontri culturali, i seminari e convegni che, lungo qualche decade, hanno non solo sensibilizzato, ma contribuito, insieme ad altre realtà, a produrre un cambiamento culturale nella percezione non solo della malattia e dei diritti di scelta (si pensi alla legge 38 del 2010 sulle Cure palliative e 219 del 2017 sulle Dat), ma anche della morte.

Avvicinare l’indicibile

Incontro è, naturalmente e con coerenza, rompere i tabù, avvicinare l’indicibile, restituire parola a quel che vorremmo respingere e lasciar fuori dall’orizzonte dell’esistenza. Nelle parole di Lidia Maggi, pastora battista, e Giacomo Marramao, filosofo, voci dialoganti di quella prima edizione: «Nell’incontro con il tabù della morte, e il suo terribile mistero, la bellezza si fa concreta nel bisogno di essere visti e riconosciuti dall’altro, di non essere lasciati soli. La bellezza è poter abitare questo territorio di vicinanza che è già cura, nell’umanità e nel rispetto».

Non per caso, lasciando germogliare quel che era stato seminato l’anno precedente, vivere e morire sono stati i temi della seconda edizione – anzi, viveremorire, scegliendo di dare evidenza al legame indissolubile di vita e morte – nella consapevolezza che è il fatto di saperci mortali a dare senso al nostro vivere.

La partecipazione e l’interesse di tante persone ci hanno dato conferma dell’attualità della nostra proposta, del bisogno di tanti di tornare a parlare di finitudine e di fratellanza. Perché quel che ci avvicina all’altro è saperci finiti, perdenti, come direbbe Vito Mancuso, ma non perduti. Quest’anno abbiamo scelto il binomio, attuale e urgente, di paura e libertà.

Tensione tra due poli che rappresentano movimenti opposti di fuga e slancio, arretramento e proiezione in avanti. Dentro la paura c’è la nostra fragilità e il bisogno di essere accolti, negli snodi belli e difficili della nostra vita. Paura chiede di stare nel presente e, insieme, pensarci oltre.

Libertà impone, per essere autentica, di includere l’altro nel proprio orizzonte, è la responsabilità che costruisce il noi. Difendere la libertà è garantire all’altro il diritto che pretendiamo per noi. Disegna il bene di tutti come spazio comune in cui esercitarlo e fa della differenza e della diversità dell’altro e altra da noi ricchezza e valore condiviso.

© Riproduzione riservata