Tre salti, tre vite, tre nomi, tre destini, un mucchio di vittorie e un accoltellamento. Ecco la storia di Monica Seles, che fu Mónika Szeles, Monika Seleš, e poi si liberò degli accenti e dell’Europa dell’Est. Ora ha cinquant’anni e molti ricordi. E uno scrittore, Davide Morganti, ha sciolto questi nodi, ripercorrendo la sua vita e i suoi salti da Novi Sad agli Stati Uniti, dal nascere come cittadina serba divenendo cittadina americana.

Un percorso da fiume, con molte curve, 53 titoli e 178 settimane da numero uno del ranking WTA. Mónika-Monika-Monica, parla ungherese con madre e fratello, con alcuni amici conversa in jugoslavo, ma al resto del mondo risponde in inglese.

Una donna molteplice, con tre culture e un tennis complesso figlio di queste tre culture, fatto di cambi e rovesci, e molta immaginazione. Monica si ferma per due anni dopo l’accoltellamento che subisce ad Amburgo il 30 aprile 1993. E dopo non sarà più la stessa.

Dalla ferita esce la sua spavalderia e comincia la possessione della paura. Il campo non diventa più il mondo dove il gioco prevale sulla vita, dove la Seles domina, controlla e decide, ma dove è in pericolo. E quando arriva la paura, il gioco finisce, perché la parte bambina non è più al sicuro.

Szeles-Seleš-Seles

È quello che è successo, ed è quello che Morganti racconta con “I destini di Monica Seles” (66th2nd). L’accoltellamento ha cambiato la storia del tennis e soprattutto la storia della Szeles-Seleš-Seles. La tragicità ha preso il posto della gloria, l’accoltellamento ha rubato la storia ai game e ai set, tutto è diventato triste, portando l’ombra dove c’era la luce. Tanto che Monica dirà al Chicago Tribune nel 2004: «Quando mi guardo indietro mi dico che la mia carriera, in termini di record, sarebbe stata diversa se non fossi stata accoltellata. Mi chiederò sempre perché sono l’unica a cui è successo».

In questa domanda che l’ha condizionata pesantemente c’è il cambio della storia. Pensate se fosse accaduto all’ossessionato Novak Djokovic o al santissimo Roger Federer, invece è successo solo a Monica, e lei ancora ci pensa. E su questo lavora il libro di Morganti, seguendo cinematograficamente la mano che la colpisce e poi il braccio e poi il corpo dell’uomo mediocre, triste, solo, che partorisce l’azione e infine il contesto che ha generato quell’omino. Lavora sulla geografia che si trasforma e con essa i destini della nazione Seles che cambia, nome, corpo, lingua, bandiera e tennis.

Günter

Una biografia d’incanto, perché deve seguire la trasformazione, non deve perdersi i dettagli di una metamorfosi che ha in Monica il corpo e la storia in vetrina, ma che dietro ha milioni di persone che sono mutate ma in silenzio, e che sono state accoltellate ma diversamente.

Morganti prima ancora del tennis della Seles – che racconta meticolosamente – si occupa dell’omino che ha condizionato quel tennis. Günter Parche un fan che aveva ricalcato la propria vita sulla sua tennista preferita: Steffi Graf spodestata dal numero uno della classifica WTA da Monica decide di rimediare, e ci riesce. Al torneo di Amburgo, durante l'incontro dei quarti di finale contro la bulgara Magdalena Maleeva, la Seles fu aggredita con un coltello, e tempo dopo il ranking cambiò. Tanto che poi Steffi Graf disse: «Non è facile per me convivere con la consapevolezza di essere numero uno perché lei è stata aggredita».

Nell’oscillazione di questi dolori ci sono le partite e i giorni felici di Monica e la sua assurda vita da più grande tennista mancata della storia.

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