«Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima». Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, molti di noi hanno sentito ripetere spesso questi versi di dolore e lotta di Cristina Torres-Cáceres. Riaffiorano sulle nostre labbra anche in queste ore in cui facciamo i conti con la rabbia e la sofferenza per la morte di due giovani donne, Sara Campanella e Ilaria Sula. Uccise da uomini che pensavano di poterle possedere.

Come si decostruisce un sistema patriarcale fondato sulla disuguaglianza? Come si elimina un fenomeno che corrode le nostre comunità, che agisce quotidianamente anche al di là degli episodi violenti?

Partire dalla scuola

Non possono bastare reati e pene più severe - che pure servono. Intervengono quando è troppo tardi. Limitarsi a questo vuol dire ammettere di aver fallito, di non aver saputo trovare il vaccino per prevenire la manifestazione dei sintomi. E una politica responsabile non può arrendersi. Deve impegnarsi – al di là di divisioni partitiche – a trovare una soluzione che non può che essere culturale.

E quindi non può che partire dalle scuole.

Il mondo di oggi è molto diverso rispetto a quello di appena 50 anni fa. Anche le relazioni sono cambiate, si sono evolute come si sono evoluti donne e uomini. Perché ignorare questa trasformazione? Perché dare per scontato che l’affettività sia una questione esperienziale, al massimo affidata all’educazione familiare, quando ci accorgiamo che non è così, che non può bastare?

Una nuova grammatica dei rapporti, una nuova consapevolezza della necessità del rispetto dei diritti di tutte e tutti richiedono uno sforzo educativo che non stiamo promuovendo. E che anzi spesso viene bloccato da propaganda e spauracchi, come quello dell’ideologia gender.

Sono gli stessi genitori a chiedere sostegno. Un’indagine di Save The Children e Ipsos certifica che 9 genitori su 10 ritengono utile fare educazione affettiva e sessuale a scuola. Il 91 per cento degli intervistati la vorrebbe come materia obbligatoria. Le famiglie stanno dicendo di non avere strumenti sufficienti per affrontare la questione, stanno riconoscendo il valore della scuola.

La classe politica – tutta intera, maggioranza e opposizione – non può ignorare questo segnale, deve interrogarsi su quale sia il modo giusto per rendere l’educazione affettiva e sessuale strutturale nei percorsi scolastici, senza delegarla alla buona volontà di dirigenti scolastici e docenti sensibili al tema.

Educare all’uguaglianza

La riforma della scuola che come Partito democratico abbiamo voluto nel 2015 andava proprio in questa direzione: prevedeva percorsi di educazione alla parità, fondamentali per la crescita completa di ogni studente. Negli anni successivi il ministero dell'Istruzione ha promosso un piano di educazione al rispetto che dava corpo a questa convinzione, perché la cultura del possesso si sradica educando all’inclusione e all’uguaglianza.

Non possono bastare azioni isolate, serve il coraggio di convergere anche da punti di vista molto distanti per costruire nelle scuole solide impalcature educative per far fronte alle trasformazioni in atto, al disorientamento dei più giovani, alle difficoltà degli adulti nel sostenerli.

Occorre rendere l’educazione affettiva e sessuale parte organica del percorso formativo, investire risorse adeguate per lo sviluppo di competenze ad hoc degli insegnanti. È il grande piano di cui la scuola ha bisogno oggi.

La rivoluzione non la fanno le leggi securitarie, ma le persone. La rivoluzione l’ha fatta una donna francese, Gisèle Pelicot, che con coraggio ha fatto conoscere le terribili violenze subite dal marito per spostare l’asse della vergogna dalla vittima al carnefice. La sua vicenda ha generato una nuova sensibilità ed è stata determinante per favorire anche una modifica al codice penale: proprio nelle scorse ore l’Assemblea nazionale francese ha inserito la nozione di “consenso” nella definizione di stupro e aggressione sessuale.

Nella conoscenza, nella cultura diffusa, risiede l’antidoto al dramma che stiamo vivendo. È su questo, sulla scuola, che dobbiamo investire.

© Riproduzione riservata