Piemontese, 18 anni, in Italia non si era mai vista una velocista come lei. «Mia madre è la mia più grande ispirazione. A 19 anni ha lasciato la Nigeria alla ricerca di un futuro migliore, faceva atletica correndo a piedi nudi. In classe a scuola c’è solo una ragazza che ha entrambi i genitori italiani. In passato odiavo i miei capelli, li volevo lunghi e lisci, adesso so che sono la parte più bella di me»
Una Curtis senza confini. Dove può arrivare la ragazza di Savigliano, Cuneo, tesserata per l’Esercito e per il Centro Sportivo di Roero? Sara e le sue contraddizioni. Timida ma agonista, scrive poesie di introspezione ma sorride spesso, scanzonata, eppure ferocemente autocritica. Ha appena preso la patente, i 18 anni li ha compiuti il 19 agosto, il prossimo giugno dovrà sostenere la maturità scolastica («non vedo l’ora che arrivi il giorno dell’esame orale»), ma in acqua è già una regina.
Un dominio dorato nelle categorie giovanili (dieci ori europei juniores), una prima Olimpiade a Parigi da minorenne, ma è il futuro che impressiona perché in Italia non si era mai vista una velocista come lei. Spazia dal dorso allo stile, ha già stampato un record italiano assoluto (50 stile) e due in vasca corta da 25 metri (50 stile e 50 dorso). I primati di Federica Pellegrini sono nel mirino, senza timore di soffrire il confronto o la pressione, sperando di godersi il percorso così come Benedetta Pilato insegna.
«Mi fanno piacere i paragoni con Federica Pellegrini, a volte però mi mettono a disagio. A lei mi sono sempre ispirata, è stata una campionessa eccezionale, ma non credo che sia giusto paragonarci. Io sono all’inizio, devo ancora crescere. In quanto a Benny mi piace perché è estroversa, io invece fatico ad aprirmi, sono abbastanza timida quando non conosco le persone. L’unica pressione che sento è quella davanti al blocco di partenza».
Non si direbbe, lei sfoggia tanti sorrisi anche prima di scendere in acqua.
Mi vedete sorridere tanto perché adoro l’ambiente competitivo delle gare. Ma non sempre sono felice, a volte la mattina mi sveglio e penso al lavoro che dovrò fare in allenamento: oddio no. Poi mi ricordo dell’insegnamento del mio allenatore: devi essere grata perché oggi ti puoi allenare mentre ci sono persone che non possono farlo, questo ti deve dare un motivo in più per andare più forte.
Thomas Maggiora la allena da quando lei aveva dieci anni. Lui ripete spesso che ogni allenamento è il più importante dell’anno.
Mi piace concentrarmi al massimo, soprattutto nei lavori più pesanti. Poi capita che magari non sono contenta di come ho fatto una cosa che mi ero prefissata e mi rabbuio.
Perché è troppo orgogliosa o troppo perfezionista?
Sono precisina. Questo mio perfezionismo a volte mi logora, in questo non sono una persona semplice. Thomas è molto saggio, mi ascolta tantissimo, ha tanta pazienza. Quando capisce che faccio fatica ad apprezzare una cosa che non mi viene bene, cerca di aiutarmi. Mi parla, mi scrive messaggi su WhatsApp che poi rileggo, sono fortunata ad averlo al mio fianco, mi fa crescere. Anche quando non la pensiamo allo stesso modo, abbiamo un dialogo costante.
La scrittura vi unisce. Lei scrive molte poesie.
Sono una persona che pensa tanto. Non è sempre un fattore positivo, soprattutto quando rimugino troppo su situazioni che mi fanno stare male. La verità è che mi piace esternare i miei pensieri e scriverli, mi aiuta molto. Le mie poesie sono intimiste, un po’ dure, le scrivo soprattutto quando attraverso un momento difficile. Scrivo anche lettere o pensieri alle persone a cui voglio bene
Sono invadente se le chiedo dei suoi momenti difficili?
Nulla di grave, intendiamoci. Credo che siano normali passaggi generazionali. Per esempio, lo stress che qualsiasi diciottenne atleta e studente può avere, nel cercare di far combaciare le due cose. Oppure situazioni legate alle liti, alle amicizie.
Ai recenti Assoluti di Riccione ha dedicato il record italiano dei 50 stile (23”77) a sua madre Helena: “Magari non mi sta vedendo perché è al lavoro ma la voglio ringraziare per essermi sempre vicino”.
Lei mi ha sempre spronato tantissimo: Sara non devi fermarti, devi andare veloce, mi ripeteva quando veniva a vedere le mie gare da piccola. Non mi metteva pressione, anzi, era uno stimolo. Mia madre è la mia più grande ispirazione. A 19 anni ha lasciato la Nigeria alla ricerca di un futuro migliore, viveva nella parte più povera dell’Africa, faceva gare di atletica senza le scarpe, correva a piedi nudi. È andata prima in Germania e poi è arrivata in Italia a Torino. Ha conosciuto mio padre al mercato di Porta Palazzo mentre erano in fila a comprare le uova.
Papà Vincenzo era un atleta.
Come ciclista ha partecipato a qualche campionato nazionale poi ha mollato, privilegiando il lavoro. Lui mi ha fatto amare le due ruote, insieme abbiamo trascorso tanti pomeriggi in giro in bici.
La statunitense Simone Manuel ai Giochi di Rio 2016 è stata la prima donna afroamericana a vincere una medaglia d’oro olimpica individuale nel nuoto, nei 100 stile. L’ha rivendicata come una vittoria contro il razzismo, ricordando quando la prendevano in giro dicendole che il nuoto era uno sport solo per bianchi. Le sue origini sono state un problema per lei?
No, per mia fortuna non ho mai vissuto episodi del genere in piscina. Qualche battutina c’è stata, a volte, magari in ambito scolastico, ma i pochi commenti di alcuni ignoranti non sono un mio problema. Io amo il colore della mia pelle, essere nata da due culture diverse è un punto di forza, un arricchimento. Nella mia classe all’Istituto Tecnico Economico siamo in nove e c’è solamente una ragazza che ha entrambi i genitori italiani. Tutti gli altri ne hanno almeno uno straniero. È un mix di culture e di lingue. È la classe migliore che potesse capitarmi.
In Nigeria non è mai andata?
Non ancora. In realtà avevamo in programma di andarci questo Natale, purtroppo non ce la facciamo. Ma c’è tutto il tempo.
Sara e i suoi capelli, parliamone.
I miei capelli afro io li amo proprio. In passato li ho odiati, li nascondevo, me li sono rovinati, vedevo le coetanee con i capelli lunghi e lisci, pensando: li voglio anch’io. Tra piastre, creme e districanti, me li sono bruciati, li ho dovuti tagliare e ritagliare. Adesso arrivo a dire che sono la parte più bella di me.
Sempre con le treccine?
Le ho appena tolte, per cambiare aria. Le ho portate per due anni di seguito, avevano accumulato troppi ricordi che andavano smaltiti. Sicuramente torneranno la prossima estate perché sono bellissime, le adoro.
Ai Giochi di Parigi era la più piccola dell’Italia del nuoto. Una semifinale nei 50 stile, una finale nella staffetta 4x100 stile. Il ricordo più bello?
Il mio cuore faceva bum-bum entrando alla Défènce Arena, non avevo mai visto una piscina così grande e così tanto pubblico. Nel mio cuore conservo la scena più divertente. È l’ingresso della finale della 4x100 stile e ci siamo noi azzurre che ci sparpagliamo verso diversi blocchi di partenza, nessuna aveva capito quale fosse la nostra corsia di gara. C’è una foto in cui si vede che prendiamo direzioni opposte. A un certo punto urlo: ragazze ma dove stiamo andando? In mattinata eravamo andate molto forte, aver conquistato la finale olimpica era il nostro obiettivo raggiunto, ecco perché eravamo spensierate, con una punta di inconsapevolezza.
A breve partirà per i Mondiali in vasca corta di Budapest, dal 10 al 15 dicembre, poi ci sarà la stagione 2025. Sempre alternando lo stile al dorso?
In realtà io nasco come dorsista, sui 200 metri, però durante i Mondiali giovanili di Lima nel 2022 avevo fatto così tante gare che il dorso mi aveva quasi nauseato. Li considero complementari, uno è utile all’altro, il dorso aiuta lo stile libero a livello di tecnica. Essere polivalente è una grande risorsa. Sono cresciuta con i film di Rocky Balboa, le mie vibes di adrenalina derivano da quelle scene. La voglia di non arrendersi, di raggiungere i propri obiettivi e sogni. Questo è il mio vero mantra.
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