Secondo i giudici d’appello, “non può comunque ascriversi al breve capitolo catanese dell’indagine del ROS sulle attività della SIRAP e delle imprese interessate all’aggiudicazione dei relativi appalti e alle risultanze rassegnate con l’informativa Caronte alcuna finalità di depistaggio rispetto all’impostazione originaria dell’indagine su mafia e appalti”.
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo sulla trattativa stato-mafia.
L’informativa depositata il 5 settembre 1992, al pari del resto dell’informativa Caronte, che a dire dello stesso dott. Lima si fondava quasi esclusivamente su copie atti contenuti nel fascicolo del procedimento istruito dall’A.g. palermitana, compendiava quindi le risultanze dell’indagine Sirap: ossia la separata - ancorché connessa a quella oggetto del procedimento originario - indagine mirata ad approfondire, in evasione alla specifica delega impartita dalla stessa procura palermitana il 26 luglio 1991, il versante della corruttela politico-amministrativa che si intrecciava, con proprie peculiarità, al fenomeno dell’ingerenza mafiosa; e a ricostruire i meccanismi di manipolazione delle gare di appalto e la formazione di accordi di cartello e cordate tra imprenditori e amministratori o politici compiacenti. Peraltro tale direttrice di indagine traeva origine dall’annotazione a firma del Cap. De Donno del N.O. dei Carabinieri del Gruppo Palermo I, n. 2608/7 del 2 luglio 1990, redatta nell’ambito delle indagini di polizia giudiziaria esperite in merito
a un'associazione a delinquere di tipo mafioso tendente al controllo e/o gestione di attività economiche, concessioni appalti e servizi pubblici (art. 416 bis C.P.) nel territorio della regione Sicilia, come recita l’oggetto della medesima Annotazione. In pratica, si trattava di una delle prime informative dell’indagine mafia e appalti, che infatti risulta indirizzata ancora al procuratore della Repubblica Aggiunto dr. Giovanni Falcone e al sost. Proc. dr. Guido Lo Forte.
L’informativa segnalava come dalle indagini concernenti le attività illecite di una serie di personaggi direttamente e/o organicamente inseriti nelle principali famiglie mafiose locali, ed in particolare in quella di Corleone, fosse emerso, grazie alle attività espletate di intercettazione telefonica e servizi di o.p.c., che elementi di spicco di tale organizzazione criminale avevano il controllo e veRosimilmente la gestione degli appalti indetti dalla società “Siciliana Incentivazioni Reali per Attività Produttive S.p.A.” (Sirap).
Tra le intercettazioni più significative allegate all’Annotazione figuravano quelle effettuate su utenze in uso al vicepresidente della Sirap, La Cavera Domenico, con particolare riguardo a conversazioni intercorse tra lo stesso La Cavera e il presidente della Sirap, Ciaravino Antonino, nonché un noto esponente politico siciliano e nazionale (l’on. Emanuele Macaluso). Tali conversazioni offrivano spunti investigativi ritenuti di notevole interesse, ancorché relativi ad altre vicende, apparentemente non collegate con quella in fase di sviluppo.
La nota del 19 aprile 1991
Ebbene, con Nota datata 19 aprile 1991 a firma dei sost. procuratori Lo Forte e De Francisci, che figuravano nel pool di magistrati cui era stato assegnato il dossier mafia-appalti (dopo il deposito dell'informativa datata 16 febbraio 1991, che in un primo tempo era stata assegnata soltanto ai sostituti Lo Forte e Pignatone), veniva disposta, previo esame degli atti del proc. nr. 2789/90 N.C. contro Siino Angelo ed altri, la separazione dallo stesso dell’annotazione di p.g. N. 2608/7 di Prot. del 2 luglio 1990 — “attesa la mancanza di connessione con i fatti costituenti oggetto del citato procedimento”, come recita la parte motiva del provvedimento — concernente l'intercettazione di talune conversazioni telefoniche di La Cavera Domenico; e l’iscrizione degli atti così stralciati, e comprensivi anche delle intercettazioni e dei documenti allegati all’Annotazione dei carabinieri, in un separato fascicolo da annotarsi nel Registro N.C. come “indagini preliminari relative a talune conversazioni telefoniche di La Cavera Domenico indicate nell'annotazione del Nucleo Operativo dei Carabinieri del Gruppo Palermo In. 2608/7 di prot. del 2.07.1990”.
Pertanto, giusta o sbagliata che fosse — o anche inopportuna in quella fase dell’indagine mafia e appalti — la scelta di separare gli atti del filone d’indagine scaturito principalmente dalle intercettazioni a carico del La Cavera Domenico fu motivata dalla convinzione dell’ufficio requirente che gli spunti investigativi che esse offrivano afferissero a vicende autonome e distinte da quelle oggetto del procedimento originario, e configurabili in chiave di corruttela politico-amministrativa. Ma questa fu comunque una scelta dell’Ufficio di procura non sollecitata né condizionata dal Ros e tanto meno dalle dichiarazioni del Li Pera che erano ancora da venire.
D’altra parte, la Nota del 28 ottobre 1992 con la quale il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania trasmetteva alla procura di Palermo, per competenza, un voluminoso fascicolo, comprensivo dell’informativa Caronte, segnalava che le indagini del Ros. (compendiate nell’informativa predetta) avevano evidenziato l’esistenza di un’articolata struttura associativa finalizzata al controllo, nell’ambito della Regione siciliana, degli appalti di opere pubbliche che tuttavia non rientrava nella competenza territoriale dell’Ufficio requirente catanese, avendo operato, per quanto emerso dall’abbondante materiale probatorio acquisito e arricchito dalle informazioni rese nel corso delle indagini preliminari da Li Pera Giuseppe, prevalentemente ed essenzialmente nell’ambito del territorio (circondariale e/o distrettuale) della procura della Repubblica di Palermo. Infatti, “detta struttura associativa mirava alla gestione. secondo criteri distributivi tra le imprese gravitanti nell‘ambito della stessa, degli appalti gestiti dalla Sirap spa., ente di natura pubblica, concessionaria della Regione Siciliana per la realizzazione di insediamenti artigianali e industriali dei Comuni della Sicilia”.
La medesima Nota, pur rimettendo ogni valutazione circa la natura di detta struttura associativa (“se semplice o di natura mafiosa”) all’A.g. individuata come territorialmente competente, e “che risulta aver già proceduto nei confronti di Siino Angelo ed altri per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata proprio al controllo degli appalti (“processo che attualmente si sta celebrando dinanzi al tribunale di Palermo)”, non mancava di esprimere quale fosse il proprio convincimento al riguardo: “Orbene, allo stato degli atti, non v’è dubbio che sussistono elementi sintomatici che possano far ritenere che anche l’associazione di che trattasi rientra nel modello di stampo mafioso previsto dall‘art. 416 bis c.p.; militano in tal senso sia la partecipazione ad essa di personaggi certamente collegati ad ambienti mafiosi o, addirittura essi stessi indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose (come Siino Angelo e Farinella Cataldo), sia il comprovato ricorso all‘intimidazione, attraverso violenze e minacce, direttamente o indirettamente, risultano aver fatto ricorso per l’attuazione delle finalità del gruppo (controllo degli appalti nell‘ambito della Regione Siciliana, con particolare; riferimento agli appalti gestiti dalla Sirap SPA.)”.
Se questo fu l’esito della collaborazione tra il Ros e l’A.g. catanese nell’indagine che andò oggettivamente a incrociare le vicende oggetto del processo carico di Siino Angelo e altri (per i quali era stata già fissata al 19 ottobre 1992 la data di inizio del dibattimento), nonché all’indagine oggetto dell’originario proc. N. 2789/90 che era pRoseguito a carico di 21 indagati (tra i quali De Eccher Claudio, Zito Giorgio, Catti De Gasperi Paolo, Lipari Giuseppe, Buscemi Antonino e altri: ma per tutti venne avanzata in data 13/22 luglio richiesta di archiviazione poi accolta dal GIP con decreto emesso il 14 agosto 1992), si può ancora discutere sulle conseguenze derivanti dal non avere la procura palermitana potuto fare uso delle dichiarazioni del Li Pera, in quanto ne fu messa al corrente solo a seguito della trasmissione dell’informativa Caronte e quindi alla fine di ottobre 1992 (ossia solo dopo che era stata avanzata e accolta la richiesta di archiviazione delle posizioni di De Eccher Claudio ed altri 20 indagati del proc. n. 2789/90 R.G.N.R.); si può eccepire che, o discutere se gli elementi acquisiti nel corso dell’indagine “catanese”, ove tempestivamente segnalati alla competente procura palermitana, avrebbero realmente impedito l’archiviazione del procedimento a carico di De Eccher e delle altre persone come lui indagate a Catania.
Ma non può comunque ascriversi al breve capitolo catanese dell’indagine del Ros sulle attività della Sirap e delle imprese interessate all’aggiudicazione dei relativi appalti e alle risultanze rassegnate con l’informativa Caronte — non meno di quelle rassegnate con l’informativa depositata il 5 settembre 1992 — alcuna finalità di depistaggio rispetto all’impostazione originaria dell’indagine su mafia e appalti.
Non si può poi trascurare, a riprova di come ci si muova su un terreno scivoloso fatto di insinuazioni velenose e congetture prive di idonei riscontri, che la stessa relazione su mafia e appalti stilata il 7 dicembre ‘92 dai magistrati della procura della Repubblica di Palermo che si erano occupati dell’inchiesta dà atto che, nei successivi interrogatori resi dal Li Pera alla stessa procura - dopo che per più di un anno si era rifiutato di rispondere - il dichiarante ha iniziato a fare le prime timide ammissioni sull‘interferenza di Cosa nostra nei mondo degli appalti, mostrando così i segni di un primo parziale rapporto di attendibile collaborazione, (cf. pg. 43). Ma al contempo nel medesimo passaggio della citata relazione si rimarca come ciò sia avvenuto soltanto dopo la trasmissione degli atti alla procura di Palermo.
© Riproduzione riservata