La biblioteca Pasquale Albino di Campobasso è chiusa da otto anni. In seguito alla riforma del 2014 che ha ridefinito il sistema e le competenze delle province, il passaggio di gestione da un ente all’altro ha portato allo stallo e all’abbandono della struttura. «Era un punto di riferimento per la città», ha detto Francesco Angeli, che lo scorso anno ha lanciato una raccolta firme per farla riaprire.

«La petizione ha avuto un buon seguito, raccogliendo migliaia di firme, e una promessa del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano avvenuta a ottobre 2023, dove dichiarò che si sarebbe occupato del tema. Purtroppo nessuna azione, dopo quasi un anno, è seguita», ha spiegato Angeli. Quella di Campobasso non è l’unica biblioteca in Italia a essere chiusa al pubblico.

Anche la Biblioteca Civica di Cosenza, ad esempio, è chiusa da quattro anni, mentre Taurianova, sempre in Calabria, ha da poco aperto la nuova biblioteca comunale dopo sette anni di chiusura.

Le biblioteche in Italia

«Luoghi di ritrovo e apprendimento», come le ha definite il collettivo inglese The Care Collective nel suo Manifesto della Cura, le biblioteche possono svolgere un ruolo sociale e culturale rilevante.

L’accesso gratuito a cataloghi più o meno vasti di libri, riviste e quotidiani, la disponibilità di sale e scrivanie per leggere, studiare e lavorare, l’organizzazione di eventi culturali e di socializzazione rendono le biblioteche un importante centro di apprendimento e confronto per le comunità locali, e in particolare per le persone che provengono da contesti di emarginazione economica e sociale.

In Italia però questi spazi e le opportunità che possono offrire non sono davvero garantiti a tutti. Come riportano gli ultimi dati Istat, infatti, un terzo dei Comuni italiani non ha una biblioteca, le aree più sprovviste sono quelle interne, e cioè le zone periferiche con un minore accesso ai servizi essenziali, e tra Centro e Sud Italia si trova meno del 40 per cento delle biblioteche di pubblica lettura presenti in Italia. Abruzzo, Molise, Calabria e Basilicata sono le regioni con il numero più alto di comuni senza una biblioteca.

Anche andando a osservare i dati più nello specifico si notano delle disparità. Il rapporto tra numero di iscritti al prestito bibliotecario e numero di abitanti è più basso in molte biblioteche del Sud, dimostrando una minore capacità di soddisfare interessi e bisogni dei lettori meridionali.

Nelle biblioteche del Mezzogiorno anche la disponibilità di volumi e di posti a sedere rispetto al potenziale bacino di utenza è più contenuta in confronto alle strutture del Nord. Laddove le biblioteche sono presenti e operative, poi, non sempre risultano accessibili a tutti.

Quasi il 40 per cento delle strutture, ad esempio, non dispone di rampe, scivoli, ascensori o piattaforme elevatrici necessarie per persone con disabilità motorie e solo il 35,6 per cento ha libri e materiali adatti a persone con disabilità cognitive. Quelle attrezzate meglio sono le biblioteche delle grandi città e delle regioni del Centro-Nord.

L’effetto delle disparità

Il divario tra Nord e Sud si riflette anche sulle abitudini di lettura: nel 2022 solo il 27,9 per cento di chi viveva nel Meridione aveva letto almeno un libro contro il 42,4 per cento di chi viveva nel Centro e il 46,1 per cento di chi viveva al Nord.

Lo stesso vale per i più giovani. Se infatti i bambini, i ragazzi e soprattutto le ragazze sono tra coloro che leggono di più in Italia, in alcune regioni si legge di più che in altre: in Calabria e in Sicilia i lettori abituali più giovani sono poco più di un terzo del totale mentre in molte regioni del Nord sono oltre la metà.

Se si guarda poi ai dati sull’abbandono scolastico, emergono le stesse differenze. Nonostante infatti il numero di ragazzi e ragazze che lasciano gli studi precocemente sia in calo, in Italia è ancora piuttosto elevato e superiore alla media europea: sono soprattutto coloro che vivono al Sud e che provengono da una famiglia economicamente svantaggiata ad abbandonare gli studi.

Non un problema di predisposizione o interesse, dunque, ma piuttosto di possibilità. L’assenza di servizi educativi e opportunità di apprendimento gratuite e accessibili, come quelli che una biblioteca aperta e funzionante può garantire, incide fortemente sulla crescita, le conoscenze e l’autodeterminazione delle persone e sul futuro dei più giovani, in particolare di quelli che non hanno il privilegio di accedere a strumenti formativi a pagamento.

Per questa ragione, la dottoressa Giovanna Bino, ispettrice archivistica onoraria, sostiene che «laddove non c’è una biblioteca comunale, una biblioteca scolastica potrebbe sopperire a questo vuoto».

Soprattutto nelle aree più periferiche, «andrebbe a colmare il gap con la città», diventando un punto di riferimento importante per ragazze e ragazzi, ma anche per tutta la comunità locale.

Il ministero dell’Istruzione riporta che l’86 per cento delle scuole in Italia gestisce almeno una biblioteca, ma per la dottoressa Bino c’è un problema di efficienza del sistema: se già «le biblioteche sono trattate come le sorelle minori di altre istituzioni culturali considerate più importanti», spiega l’esperta, quelle scolastiche vengono ancora di più lasciate «senza fondi e personale».

Luoghi di aggregazione

Oltre all’accesso gratuito allo studio e al sapere, una biblioteca ricopre la sua utilità sociale anche quando diventa luogo di aggregazione. Secondo l’autrice e consulente culturale Antonella Agnoli, «oggi avremmo più che mai bisogno di biblioteche» da intendersi però come «luoghi sociali, in grado di intercettare i bisogni della collettività. A differenza di quello che succede ad esempio nel mondo anglosassone dove le biblioteche sono sempre state vicine alle comunità, molte di quelle italiane svolgono soprattutto un lavoro di conservazione e legato allo studio».

In questo modo però, sostiene Agnoli, queste strutture rischiano di scomparire, soprattutto nei centri più piccoli: «Se vogliamo che questi luoghi continuino a funzionare, è necessario cambiare approccio e coinvolgere la comunità, renderla parte attiva del progetto e del suo funzionamento», capire le sue esigenze reali e «creare alleanze con altri servizi del territorio» per poterle soddisfare.

Per la consulente e autrice, infatti, «le biblioteche devono trasformarsi e diventare case di tutti». Anche per la dottoressa Bino, le biblioteche dovrebbero «smettere il ruolo istituzionale e aprirsi ai quartieri e ai territori, dando la possibilità alla comunità di vivere questi spazi».

La biblioteca dunque come luogo dove, ad esempio, ragazzi e ragazze possono incontrarsi, crescere e socializzare; e dove le donne, soprattutto se vivono in zone periferiche e in piccoli borghi, possono trovare altre donne e conoscere altre vite: «Le biblioteche possono essere un’occasione di emancipazione, in quanto luoghi di lettura e riflessione, ma anche di dialogo e confronto», afferma Bino.

Antonella Agnoli le immagina anche come un ritrovo per le persone più anziane, dove poter «incontrarsi, trascorrere la giornata, fare una partita di Burraco, ascoltare qualcuno che legge a voce alta, o insegnare loro stesse qualcosa a qualcuno».

In questo modo, le biblioteche diventerebbero anche uno strumento fondamentale di contrasto alla solitudine. Luoghi aperti alla collettività, in grado di accoglierne i bisogni e di «abbattere le barriere sociali e culturali», dice Agnoli, «aiutano tutta la città a vivere meglio».

Un esempio di biblioteca come centro di aggregazione è quello che l’associazione La Guarimba ha progettato ad Amantea, in Calabria. Oltre ai festival di cinema e cortometraggi per bambini e adulti e alle attività culturali svolte sul territorio, La Guarimba ha aperto uno spazio multifunzionale chiamato Il Terrenito.

Qui ad agosto verrà aperta una biblioteca con prestito libri, un’aula studio, una sala cinema per bambini e uno studio di registrazione musicale. L’idea è nata dopo che un questionario lanciato dalla stessa associazione alla comunità locale aveva fatto emergere l’esigenza di un posto in cui poter studiare e lavorare, dove poter prendere in prestito libri e fumetti, ma anche dove poter incontrare e conoscere altre persone.

In una città in cui a lungo non si è investito su arte e cultura accessibili, l’obiettivo dell’associazione La Guarimba è quello di colmare questa lacuna e donare alla comunità che la ospita un centro culturale a ingresso libero, che possa diventare punto di ritrovo, di conoscenza e di socialità per tutte e tutti.

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