C’è voluto un anno perché l’Iran avverasse la profezia di Israele – Teheran ci colpirà direttamente dopo averlo fatto indirettamente, tramite Hamas e Hezbollah – ma questa volta lo ha fatto davvero. L’attacco iraniano è stato completamente sventato, sostiene Israele. Viceversa, Teheran sostiene di aver raggiunto i suoi obiettivi, colpendo infrastrutture militari e evitando vittime civili. Quale è la realtà? Lo chiediamo a Pietro Batacchi, direttore della Rivista Italiana di Difesa.

L’Iran sostiene di aver colpito basi aeree, il quartier generale del Mossad, siti radar e luoghi di raccolta di veicoli corazzati intorno alla striscia di Gaza. Quanti missili hanno effettivamente toccato terra e dove?

Almeno una ventina sono andati a bersaglio, mentre la maggior parte è stata intercettata dalla contraerea israeliana, con l’aiuto della marina americana. Tra gli obiettivi colpiti sembrerebbero esserci due basi aeree, quella di Nevantim e quella di Ort Tel Nof che ospita gli F-15. Questi colpi sono stati geolocalizzati, mentre non ci sono evidenze per le altre zone, anche se probabilmente hanno bombardato una infrastruttura gasifera israeliana nel Mediterraneo.

Che differenza c’è tra questo attacco e quello di aprile?

L’attacco nel suo insieme è stato più efficace perché è stato condotto con missili balistici, che arrivano prima: dal lancio all’atterraggio passano tra i 9 e i 12 minuti. Si è parlato anche di “missili ipersonici” a proposito dei Fattah ma io ci andrei piano con queste definizioni, parlerei solo di missili balistici. L’allerta americana è arrivata mezz’ora prima del loro arrivo su territorio israeliano. I comandanti iraniani si vantano di non aver fatto vittime, ma non so quanto fosse stato pianificato. Senz’altro se avessero voluto avrebbero potuto colpire meglio le infrastrutture civili.

Quali sono gli obiettivi politici di Iran e di Israele?

Israele vuole un cambio di regime a Teheran. Netanyahu lo ha detto chiaramente rivolgendosi al popolo iraniano: «Presto sarete liberi». Tutte le azioni messe in campo sono coerenti con questo obiettivo: trascinando in una guerra iraniani e americani Israele sarebbe oggettivamente in vantaggio. Dal canto suo, l’Iran non vuole perdere il legame con i propri proxy regionali: Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina, il regime in Siria, i gruppi armati iracheni filo iraniani, gli Houthi in Yemen. Su questa rete Teheran ha investito moltissimo e ha ottenuto una crescita enorme dopo il 2003, quando gli americani hanno eliminato il regime di Saddam Hussein e hanno consegnato l’Iraq agli iraniani.

Cosa succederà adesso?

Aspettiamo la risposta israeliana. Tra gli obiettivi ci sono infrastrutture energetiche, sistemi di difesa aerea e non è escluso che vengano presi di mira anche siti nucleari. Netanyahu ha detto che ci sarà «un attacco su larga scala». È chiaro che sarà possibile solo se verrà sferrato insieme agli americani, che devono fornire sistemi di rilevazione satellitare, aerei spia... D’altronde lo stesso Blinken l’ha detto chiaramente: non è esclusa una partecipazione diretta degli Stati Uniti. E a questo punto io ritengo probabile un intervento diretto Usa, che comporterebbe anche l’uso dei loro caccia, dei bombardieri e dei sottomarini che lanciano missili tomahawk.

L’Iran cosa può contrapporre alle straordinarie capacità d’intelligence israeliane?

Ovviamente sulle capacità di infiltrazione Israele non ha rivali. I punti di forza iraniani sono altri: ad esempio negli ultimi 10 anni hanno sviluppato discrete capacità cyber e potrebbero usarle per attacchi informatici. E poi possono ancora ricorrere allo strumento terroristico all’estero.

E con le armi “tradizionali” l’Iran come fa?

L’Iran produce tutto in loco. Da quando è vittima di sanzioni ha sviluppato un’industria autarchica che è stata capace di produrre tutti i missili usati finora e sicuramente ne ha altri in serbo. Nell’industria bellica ha soltanto forme limitate di cooperazione con Corea del Nord, Cina e Russia.

Khamenei può contare su un sistema militare leale?

Il potere in Iran non è un monolite, ma non bisogna pensare che sia diviso tra la cosiddetta fazione moderata, rappresentata dal presidente Pezeshkian e quella conservatrice dei Guardiani della Rivoluzione. Le fratture sono tutte interne al fronte conservatore: da una parte l’ala dei pragmatici rappresentata dall’ayatollah Khamenei, dall’altra quella dei “giovani rivoluzionari” che sono più impazienti e spingono all’azione militare.

L’Italia ha sempre avuto un rapporto speciale con l’Iran, finito con le sanzioni. Con Israele si parla invece di partnership strategica, in cosa consiste?

Italia e Israele hanno un rapporto consolidato nello scambio di tecnologie militari, con forniture da una parte e dall’altra. Loro sono acquirenti del nostro addestratore M 346, noi siamo acquirenti dei loro missili anticarro Spike. Noi abbiamo comprato da loro satelliti ottici, loro elicotteri AW19. Israele per l’Italia è un partner strategico acclarato.

© Riproduzione riservata