Il governo uscente e il primo partito del governo entrante trovano un nuovo terreno di scontro sul provvedimento Lgbt varato in extremis dal governo Draghi. FdI giudica “grave” che si siano presi “impegni per il governo successivo»
Il cambio della guardia a Palazzo Chigi continua a rivelarsi turbolento. Nuovo oggetto del contendere tra governo uscente e primo partito del governo entrante è un provvedimento approvato in Consiglio dei ministri mercoledì 5 ottobre. Si chiama strategia nazionale Lgbt. Un piano passato sotto traccia che, come suggerisce il nome, ha carattere programmatico e non esaurirà i suoi effetti con la fine del governo Draghi.
La contesa
L’atto proposto dalla ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti, sarà valido fino al 2025 e prevede una serie di “azioni vincolanti” nel prossimo triennio, come il congedo parentale per coppie dello stesso sesso. Bonetti assicura che non si tratta di una mossa politica. Il testo «scritto in accordo fra diversi ministeri» è frutto di un «processo molto condiviso».
Ma a dieci giorni dalla vittoria elettorale, l’approvazione di una simile misura allo scadere della legislatura, in casa Fratelli d’Italia viene interpretata come uno sgambetto.
«Non si possono prendere impegni per il governo successivo», dice la deputata Eugenia Roccelli. L’esponente del mondo ultracattolico e portavoce del Family day, rassicura il suo elettorato annunciando che la prossima maggioranza di centrodestra in parlamento «è pronta a riprendere in mano tutto da capo, con la nostra linea». E la linea del partito, più volte ribadita in campagna elettorale dalla leader Giorgia Meloni, è esplicita sul proposito di non mettere mano ai diritti “già acquisiti”, meno chiara su quelli ancora rivendicati dalla comunità Lgbt.
La senatrice di FdI Isabella Rauti, candidata di punta per il ministero della Famiglia, su Twitter parla di «ultimo blitz di Draghi sui diritti Lgbt». La responsabile per le Pari opportunità del primo partito italiano, intervistata da Repubblica, dice di voler restare fuori dal “merito” della faccenda, che resta inaccettabile semplicemente per «una questione di metodo». Definisce “grave” che un governo in carica da due anni «presenti una strategia nazionale pluriennale alla viglia della nascita di un nuovo esecutivo e di un nuovo parlamento».
La norma
La strategia nazionale Lgbt recepisce una raccomandazione – atto privo di efficacia vincolante - adottata dal comitato dei ministri del Consiglio d’Europa nel 2010. Sono previste quattro aree cruciali di intervento: educazione e istruzione, lavoro, sicurezza e carceri, media e comunicazione.
Oltre al già citato congedo parentale per genitori dello stesso sesso, in tema di lavoro il pacchetto dispone l’erogazione di incentivi alle aziende che assumono persone transgender e l’inserimento di norme anti discriminatorie nei contratti collettivi. In ambito universitario sarà introdotto il “doppio libretto” per i transgender. Saranno poi implementate misure di contrasto agli effetti negativi dei “trattamenti di conversione” (le cosiddette teorie riparative) per i minori Lgbt+, e dovrà crescere nei media l’attenzione all’utilizzo di stereotipi e pregiudizi nella rappresentazione mediatica delle realtà Lgbt.
L’Europa sorveglia
Giorgia Meloni su Twitter commenta invece un altro “affronto” proveniente dalle pagine di Repubblica. La ministra francese per gli Affari Europei, Laurence Boone, in un’intervista rilasciata al quotidiano, dichiara che la Francia lavorerà con Roma, ma che ci sarà «fermezza e vigilanza» sul fronte dei diritti e delle libertà.
Meloni risponde augurandosi che «il governo francese smentisca queste parole che somigliano a una inaccettabile minaccia di ingerenza contro uno stato sovrano, membro dell'Unione europea».
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