Militanti, dirigenti e parlamentari della Lega cominciano ad arrivare sul pratone di Pontida, mentre dal palco sono iniziati i primi interventi.

Il primo a prendere la parola è stato Luca Toccalini, leader della Lega Giovani che ieri ha creato più di un malumore a Salvini per la contestazione – con striscioni e insulti – al leader di Forza Italia Tajani e alla sua proposta sullo ius scholae. Ringrazia Bossi e Maroni per aver creduto nel «sogno federalista», e Salvini per «averlo concretizzato». Poi i riferimenti al processo Open Arms per cui il leader leghista rischia fino a sei anni di carcere. 

La «difesa dei confini» è l’argomento principale dell’edizione 2024 di Pontida. E da qui sono partiti nei loro interventi anche Molinari e Romeo, capigruppo alla Camera dei deputati e al Senato. Poi i soliti temi: autonomia e sicurezza.  

I governatori leghisti per l’autonomia

Dopo il capogruppo del Parlamento europeo, Paolo Borchia, è il turno dei governatori del Nord, che negli ultimi mesi hanno più volte criticato la linea nazionale leghista e, nell’ultimo periodo, il sempre maggiore protagonismo di Roberto Vannacci. Il tema, per i presidenti leghisti, è l’autonomia. E da qui parte Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia: «Il cambiamento non può partire dalla burocrazia di Roma». Stessi toni e stessi argomenti da parte del governatore della Lombardia Attilio Fontana. Ad accoglierlo un bandierone sotto il palco con in una metà il vessillo della regione e, nell’altro, il vecchio simbolo della “Lega Lombarda”. Quasi un tentativo di ritorno alle origini.

Anche le parole, dal palco, sono quelle della vecchia Lega: amministrare dai territori, «spendere i soldi come meglio crediamo», «non possiamo accettare che sia Roma a scegliere come spendere i nostri soldi», «non vogliamo aspettare un burocrate romano». E poi, in fondo al suo discorso, la solidarietà a Salvini per il processo di Palermo: «Matteo rappresenta la libertà e lo stato di diritto».

Luca Zaia, presidente del Veneto, è salito sul palco con i suoi consiglieri regionali. Era uno discorsi più attesi, considerati i non pochi attriti degli ultimi mesi con il segretario Salvini. «Finalmente ce l’abbiamo fatta con l’autonomia. Noi non tifiamo per l’equa divisione del malessere ma vogliamo l’equa divisione del benessere». Il riferimento, anche qui, è all’autonomia, con annesse critiche sul referendum contro il ddl Calderoli su cui, nei prossimi giorni, la Corte costituzionale si esprimerà sulla sua ammissibilità. «Dobbiamo combattere contro chi fa credere che l’autonomia spaccherà il paese. È una battaglia contro la mala gestione».

Annuncia la costituzione come parte civile della Regione Veneto contro il ricorso alla Consulta delle cinque regioni di centrosinistra. Per Zaia, come per Fontana e Fedriga, lo schema è lo stesso: gran parte dell’intervento dedicato all’autonomia e, sul finale, la critica al processo Open Arms. «Ma ho fiducia nella magistratura», e dal palco arrivano i fischi. Non per Zaia, ma per i giudici.

I ministri Calderoli e Giorgetti

Il ministro Roberto Calderoli è accolto come un leader. In fondo, la legge sull’autonomia porta il suo nome. E dal palco di Pontida arriva un avvertimento agli alleati: «Se non si fa l’autonomia tradiamo gli elettori».

Ma tra i ministri, il più atteso era il titolare dell’Economia Giorgetti. Non è un mistero che lui sia lui sotto molti aspetti l’anti-Salvini, e negli ultimi giorni hanno fatto discutere la maggioranza le dichiarazioni sulla necessità di fare sacrifici in vista della prossima prossima manovra che, tradotto, significa che molte delle promesse del governo non potranno essere rispettati. L’intervento è breve, difende le posizioni degli scorsi giorni. «I sacrifici li devono fare tutti in base all’articolo 53. Ma so distinguere – continua – chi fa sacrifici e chi li può fare».

Vannacci: «Questa è la Lega che lega l’Italia»

E poi c’è lui, il generale Roberto Vannacci, che divide persino i leghisti: tra i federalisti che non nutrono particolari simpatie per l’autore de “il mondo al contrario” e i sovranisti duri e puri che stravedono per il generale amante della X Mas. Tra gli stand Vannacci è accolto con tra selfie e strette di mano..

«Ciao Pontida, ciao popolo della Lega!». Vannacci è salito sul palco tra gli applausi. Sotto molti punti di vista è un corpo estraneo alla Lega delle origini, e lo si vede fin dalle sue prime battute: «Vedo gente che arriva dalla Calabria, dalla Puglia, dal Veneto, dalla Lombardia. Questa è la Lega che lega l’Italia».

Con Vannacci Pontida diventa più sovranista che autonomista. «Non vogliamo cedere sovranità alle istituzioni europee. Non la vogliamo cedere alle forze politiche che vogliono regalare la cittadinanza», una chiara critica a distanza ad Antonio Tajani. La prima lotta che facciamo, continua l’eurodeputato, «è la difesa della patria e dei confini». I riferimenti storici come metafora per parlare del presente: cita la battaglia di Legnano del 7 ottobre 1571 contro gli arabi come parallelismo per combattere, oggi, il radicalismo islamico. 

I leader dell’«Internazionale nera»

È il giorno di Matteo Salvini, dell’eroe nazionale che ha difeso i confini dell’Italia, per usare le parole del premier ungherese Vicktor Orban, che non è a caso sarà l’ospite d’onore all’evento più importante del partito. Occhi puntati su di lui, naturalmente. Ma anche su Geert Wilders, il capo del partito delle Libertà, gli olandesi islamofobi e su Marlene Svazek, vicepresidente di Fpo, il partito dell’estrema destra austriaca che ha trionfato in patria alle ultime elezioni. Presente anche Andres Ventura, guida dei nazionalisti portoghesi di Chega!. Attesi i messaggi video di Marine Le Pen e del suo delfino Jordan Bardella. E infine i saluti che sono dal Brasile dell’ex presidente Jair Bolsonaro.

Parola d’ordine: «Difesa dei confini»

Con i leader internazionali Pontida cambia registro. Le parole d’ordine – già anticipate da Vannacci – diventano «difesa dei confini» e «stop all’immigrazione clandestina». Tra gli interventi più applauditi quello dell’austriaca Marlene Svazek, la vicepresidente del partito di estrema Fpo, e del portavoce di Vox (entrambi in italiano). Sulla stessa scia Andre Ventura che solidarizza con Israele (e attacca «i radicalisti islamici») e difende Salvini.

Bardella: «Sinistra complice dei trafficanti di esseri umani»

Il nuovo volto del Rassemblement National, Jordan Bardella, parla in videocollegamento. Attacca i giochi di palazzo di Macron ed estrema sinistra francese per sbarrare al partito di Le Pen di governare: «In Francia niente può essere fatto senza il Rn».

Un messaggio a Salvini: «Voglio congratularmi con te e ribadire tutto il mio sostegno contro le perquisizioni giudiziarie che stai subendo. Matteo è attaccato perché ha difeso i confini del suo Paese. Sono le ong che si dovrebbero sedere sul banco degli imputati». La sinistra, continua, «è complice dei trafficanti degli esseri umani».

Wilders: «Stop all’immigrazione clandestina»

Poi è il turno dell’olandese Wilders: «Matteo, sei il nostro eroe. Viva Salvini, non ti abbonderemo mai. Tutti i patrioti europei saranno al tuo fianco. Hanno cercato di fermarmi in Olanda ma non ci sono riusciti, hanno cercato di fermare Salvini ma non ci riusciranno».

La minaccia più grande della nostra epoca? Per Wilders è «lo tsunami dell’immigrazione clandestina di massa che ci rende stranieri a casa nostra». La nostra civiltà, aggiunge, «è la migliore al mondo». E un richiamo ai «valori cristiani», contro «le politiche cosmopolite che cercano di togliere alle nazioni la loro sovranità». Il sole, promette Wilders, tornerà a brillare sull’Europa: «Non ci faremo dominare dall’estremismo islamico».

Orban: «Dobbiamo unire la destra internazionale»

«L’eroe che spaventa le sinistre e difende la civiltà occidentale». Il premier ungherese Viktor Orban è presentato come la star della giornata. Dal prato gridano «riprenditi Ilaria Salis». Esordisce in italiano – «Buongiorno popolo di Pontida» – per poi passare alla sua lingua madre: «Salvini è un eroe: ha difeso i confini e le case degli italiani. Meriterebbe un’onorificenza e non processi penali. Questa è una vergogna di tutta l’Europa». Il ritornello, come i suoi alleati che lo hanno preceduto, è sempre lo stesso: «Non svenderemo i nostri Paesi ai burocrati di Bruxelles, non li svenderemo ai migranti. L’Italia è degli italiani, l’Ungheria degli ungheresi».

Orban interpreta al meglio l’internazionale nera che oggi si riunisce a Pontida: «Dobbiamo unire la destra internazionale, saremo noi la forza maggiore di tutta l’Europa. Noi da 14 anni combattiamo la sinistra internazionale. I Patrioti europei governano meglio della sinistra internazionale». Non potevano mancare gli attacchi alle teorie gender: «Senza famiglia non c’è futuro. Il matrimonio è fatto da un uomo e da una donna. Il padre è uomo e la madre è donna: questo rimarrà così anche se la sinistra internazionale fa di tutto per mettersi contro».

E sull’immigrazione: «Noi non facciamo entrare i migranti illegali, noi difendiamo i confini e non diamo in mani altrui il nostro Paese». Contro l’Unione europea: «I burocrati di Bruxelles ci attaccano. Ci puniscono perché non facciamo entrare i migranti irregolari. Se continueranno ad attaccarsi trasporteremo da Budapest a Bruxelles e li deponiamo davanti ai loro amici: se vogliono i migranti se li tengano». Gli applausi dal prato verde sono scroscianti, è Orban il più acclamato. 

«L’Europa è un posto peggiore rispetto a 10 anni fa», aggiunge. La causa? Ancora i migranti. E arriva l’accenno (il primo tra i leader internazionali) alla guerra in Ucraina: «Invece di scegliere la pace, l’Ue è diventata parte belligerante e i burocrati rovinano l’economia europea». L’euroscetticismo è il denominatore comune del suo e degli altri interventi di giornata: «Bruxelles deve essere ridata alla gente europea. I burocrati cercheranno di far cadere tutti i governi dei Patrioti, non glielo permetteremo. Renderemo di nuovo l’Europa grande, sicura, ricca e libera». E conclude con un richiamo al celebre canto della destra europea: «Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Lega».

Salvini: «Non molleremo»

L’ultimo a salire sul palco è Salvini. Salutato come un perseguitato e un martire, è presentato dallo speaker come un numero 10 prima di una partita di calcio, con il «pratone» che grida il suo cognome. Dopo il ringraziamento a Bossi e Maroni e il saluto agli amministratori leghisti, il primo tema è l’autonomia. Subito dopo un velato riferimento alla tassazione degli extraprofitti, altro punto di attrito con Forza Italia: «Paghino i banchieri, non gli operai». 

«Grazie fratelli, grazie sorelle». Dal palco di Pontida il segretario leghista saluta gli ospiti internazionali, cifra principale di questa kermesse. Poi gli attacchi agli «ecoterroristi di Bruxelles che vogliono fare favori a cinesi e multinazionali».  A 11 anni dall’elezione alla guida del partito, Salvini ricorda gli «anni emozionati fatti di vittorie e sconfitte. Ma – promette – saremo qua per i prossimi 40 anni. In quel 2013 l’autonomia sembrava lontana. Abbiamo cambiato le nostre tattiche ma l’obiettivo finale rimane lo stesso: dare ricchezza ai nostri cittadini».

Il capitolo cittadinanza: «Il problema non sarà mai il colore della pelle. Ma la ricetta nei prossimi anni non è regalare più cittadinanze, ma ringraziare ragazzi ora perfettamente integrati. La priorità dovrà essere quella di revocare la cittadinanza agli stranieri che delinquono in casa nostra. La ricetta è una: se fai reati torna al tuo Paese». Poi gli attacchi ai «globalisti», alle «teorie gender o abomini di questo genere». 

L’Internazionale nera, si diceva. Salvini passa in rassegna gli alleati e gli «attacchi» che hanno ricevuto i vari Trump, Le Pen, Wilders, Orban. 

Infine, il riferimento al processo in corso: «Mai avrei pensato di andare a processo. Non sono preoccupato, sono indignato e sorpreso da gente che tradisce, da gente che non ha onore e dignità. Io sono abituato ad assumersi le mie responsabilità. Anche nella sciagurata ipotesi che la giustizia italiana mi mandi in carcere per sei anni, varcherei le porte di quel carcere a testa alta. Processano una persona che a testa alta ha fatto il proprio dovere, non possono processare un intero popolo. Non possono fermare la “santa alleanza" dei popoli europei che oggi nasce da Pontida. Non mollo e non mollerò mai». 

Il prato con molti spazi vuoti

L’organizzazione ha già annunciato numeri da record. Al momento però le presenze sembrano in linea con la manifestazione dello scorso anno. Anzi, quando la manifestazione è già iniziata da circa un’ora, il «pratone» di Pontida ha molti spazi vuoti. Insomma: per ora non c’è stata alcuna invasione leghista.

La difesa dei confini al centro della kermesse

Insomma la kermesse politica sulla quale Salvini ha puntato moltissimo alla fine sarà una passarella per i leader sovranisti più discussi in Europa. Il tema al centro sarà soprattutto la difesa dei confini: si parlerà del processo Open Arms a Palermo, nel quale il segretario della Lega rischia fino a sei anni di carcere se i giudici dovessero condannarlo. L’altra questione molto sentita tra il popolo leghista soprattutto del Nord, è l’autonomia ormai legge con la norma firmata Roberto Calderoli. Si parlerà anche di questo, certo. Ma più che questo tema l’interesse sarà per ciò che diranno Orban e gli altri leader europei.

Il nuovo speaker Mengozzi (voce dell’Inter)

A condurre dal palco non ci sarà lo storico speaker, Andrea Belotti, che di recente è stato molto critico con Salvini per come ha gestito le alleanze con l’estrema destra europea. Belotti sarà al bar a servire bevande e panini. Al suo posto un volto noto delle notti dello stadio San Siro, la voce di Mirko Mengozzi, ossia la voce che annuncia ogni domenica la formazione dell’Inter e urla i nomi dei giocatori a ogni goal fatto dai neroazzurri.

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