La lettera ai francesi del presidente della Repubblica invita le forze politiche a un «rassemblement», ma le coalizioni non vogliono l’accordo. Il presidente ha spiegato che manterrà l’attuale governo finché le forze «repubblicane» non costituiranno una maggioranza «solida» e «necessariamente plurale»
Dopo quasi due settimane di silenzio, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha diffuso alla stampa una lettera ai francesi per commentare pubblicamente il risultato delle elezioni legislative.
La missiva arriva in un momento in cui al parlamento le trattative per la gestione del campo presidenziale si stanno moltiplicando tra molta tensione. Non c’è da sorprendersi che le sue parole siano state accolte negativamente da tutti i partiti all’infuori del suo gruppo.
Le reazioni dell’NFP
Il presidente ha spiegato che, finché le forze da lui definite «repubblicane» non costituiranno una maggioranza «solida» e «necessariamente plurale», manterrà l’attuale governo; tra le conclusioni, ha sottolineato che tra i gruppi in corsa «nessuno ha vinto».
A soli pochi minuti dalla pubblicazione della lettera che sembra smontare l’idea della nomina immediata di un primo ministro del Nuovo Fronte Popolare (NFP), sono scoppiate le reazioni a sinistra.
Jean-Luc Mélenchon ha commentato dicendo che il presidente non starebbe riconoscendo il risultato delle votazioni, le elezioni legislative di domenica chiuse con la vittoria dell’NFP, ma senza maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, con 181 parlamentari su 577.
«È il ritorno del veto reale sul suffragio universale. Sostiene di voler dare il tempo di formare un’altra coalizione, tramando dopo le elezioni!» ha scritto Mélenchon in un post su X.
Alcuni gruppi hanno già richiesto mobilitazioni popolari. Sophie Binet, segretaria generale della Confédération générale du travail, ha invitato a manifestare il 18 luglio davanti all’Assemblea nazionale e alle prefetture «affinché i risultati delle elezioni siano rispettati».
Le Pen e Bardella
I commenti si sono scatenati anche dall’altro lato dello spettro politico, già fortemente abbattuto dai risultati della seconda tornata di votazioni.
«Se ho capito bene, nella sua lettera, Emmanuel Macron propone di bloccare la LFI [La France Insoumise, movimento politico francese di sinistra e sinistra radicale nato nel 2016 per sostenere Mélenchon] che ha contribuito a eleggere tre giorni fa e grazie alla quale sono stati eletti i deputati del Rinascimento, sempre tre giorni fa... Questo circo diventa indegno», ha scritto su X Marine Le Pen, ex presidente e fondatrice del partito di estrema destra Rassemblement National.
Il presidente del Senato Gérard Larcher, del partito Repubblicano, ha chiesto che il prossimo governo venga formato dopo settembre, quando i Giochi Olimpici e Paralimpici saranno finiti. Si è splicitamente opposto alla nomina di un governo di sinistra.
Il presidente del Rassemblement National Jordan Bardella, definendo su X la lettera del presidente «irresponsabile», ha accusato il presidente di organizzare «una paralisi del Paese» mettendo «l’estrema sinistra alle porte del potere, dopo accordi vergognosi».
Le reazione della macronie
Tra gli alleati, Macron ha ricevuto alcuni consensi. Christian Estrosi, sindaco di Nizza, ha parlato di lettera «ragionevole». Laurent Marcangeli, presidente del gruppo Horisons all’Assemblea, ha invitato i partiti politici a stringere un «accordo».
Da lunedì, però, Renaissance, è stato dilaniato da una serie di cambi di poltrona, riuscendo comunque a trattenere per ora la maggior parte dei suoi membri. L’ex presidente della commissione giuridica, Sacha Houlié, esponente di questa sinistra, ha annunciato mercoledì che abbandonerà il gruppo. Si sospettava che anche l’ex primo ministro Elisabeth Borne stesse per lasciare il partito, insieme ad altri rappresentanti dell’ala sinistra della coalizione; l’entourage della Borne avrebbe, però, smentito all’Agence France-Presse.
Nonostante l’invito di Macron a prendersi del tempo per «battezzare questo compromesso», il capo di gabinetto del primo ministro Gabriel Attal, di cui lunedì Macron ha rifiutato le dimissioni, avrebbe informato i suoi colleghi che le dimissioni del governo verranno stavolta accettate il 17 luglio, in modo da consentire ai ministri eletti di sedere nell’Assemblea.
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