La coalizione Semaforo è saltata. A Berlino mercoledì sera è affondata la maggioranza del governo di Olaf Scholz, che ha promesso di porre a gennaio la questione di fiducia per poi traghettare il paese verso elezioni anticipate a marzo. 

La ragione sta nella decisione della Fdp di lasciare il governo: Spd e Verdi non sono riusciti a trovare con il ministro Christian Lindner una soluzione per sistemare il bilancio per il 2025 in cui si erano aperti diversi buchi miliardari. Scholz ha annunciato la decisione con una breve dichiarazione alla stampa in serata durante la quale non è andato per il sottile per quanto riguarda le responsabilità da attribuire al suo ex partner di coalizione con cui non ci sarebbe più «una base di fiducia» sufficiente per continuare a governare insieme. Motivo per cui il capo del governo ha chiesto il suo licenziamento al presidente federale. 

La rottura del patto

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Il capo della Fdp ha spiegato che il cancelliere gli ha chiesto di sospendere il freno al debito, soluzione che non sarebbe stato disposto ad assecondare. Per i liberali l’attribuzione della responsabilità nella fine del governo è questione di vita o di morte. Il partito si muove intorno alla soglia di sbarramento, la rottura dell’alleanza è l’ultima strada percorribile per Lindner per recuperare il suo partito. Anche a costo di mandare il paese a elezioni anticipate.

Non era poi la prima volta che Lindner criticava, anche aspramente, la linea dei suoi partner di governo: soltanto la scorsa settimana aveva consegnato a Verdi e Spd un documento di rilancio dell’economia pressoché irricevibile per i suoi alleati. Una lista di richieste da finanziare con la cancellazione di tutti i progetti identitari per socialdemocratici ed ecologisti che poi qualcuno aveva anche fatto filtrare alla stampa. Una provocazione in piena regola. Da allora erano seguiti una serie di incontri “a sei occhi”, tra Scholz, Lindner e l’altro vicecancelliere Robert Habeck, prima della riunione più ampia di ieri sera. Nulla di risolutivo per risolvere i buchi in bilancio e fare passi avanti sulle soluzioni alla crisi economica, come si è poi visto. 

Nel corso della serata si è espresso anche Habeck, che pure ritiene responsabile Lindner della rottura (e «giusto» il suo licenziamento) e ha spiegato che – dal suo punto di vista – non era necessario che finisse così: «C’erano diverse soluzioni possibili sul tavolo». 

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Scholz ha già annunciato la sua timeline: il cancelliere vorrebbe chiudere entro dicembre alcuni dossier aperti, come la stabilizzazione del sistema pensionistico e alcune misure per dare nuovo slancio all’economia. Sul tavolo ci sono anche le nuove misure sull’immigrazione. Nella prima settimana di gennaio Scholz poi porrebbe la questione di fiducia al Bundestag, che potrebbe votarla il 15 del mese. È un passaggio necessario e pilotato per arrivare alle elezioni anticipate, visto che per il momento la prospettiva di un governo di minoranza sembra esclusa. 

I prossimi passi

Un termine troppo lontano per la Cdu, che vorrebbe discutere la questione di fiducia molto prima per arrivare a votare già a gennaio. Nel frattempo la Fdp ha ritirato i suoi ministri dalla delegazione di governo: fa eccezione Volker Wissing che ha accettato di lasciare il partito per restare ministro dei Trasporti per le prossime settimane. 

La fretta dei popolari si spiega con uno sguardo ai sondaggi: attualmente quasi tutti gli istituti li danno oltre il 30 per cento. Attraverso una partnership con i Verdi e magari i liberali, ammesso che superino la soglia del 5 per cento riuscirebbero a mettere in piedi una nuova maggioranza con una certa facilità. In agguato c’è però l’estrema destra, che già è valutata intorno al 16-17 per cento, alla pari con la Spd. Se poi dovesse beneficiare del fallimento dei partiti tradizionali anche il rossobruno Bündnis Sahra Wageknecht, oggi intorno all’8 per cento, formare una coalizione potrebbe rivelarsi ancora più complicato. 

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