La ciliegina sulla torta è arrivata giovedì 12 settembre: prima, la sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che ha stabilito come un provvedimento adottato tra il 2022 e il 2023 dall’Ungheria per bloccare i prezzi, definendo in sostanza una lista di prodotti agricoli da vendere a prezzi e quantità predefinite, fosse in contrasto con le norme europee, in quanto limitava «il libero gioco della concorrenza».

Poi, l’annuncio del portavoce del governo magiaro Gergely Gulyas secondo cui Budapest sarebbe pronta a fare causa all’Ue per ottenere un risarcimento dei «costi sostenuti per proteggere i confini». Sono gli ultimi capitoli di uno scontro sempre più aspro, quello tra le istituzioni comunitarie e Budapest, che ormai tocca tutti i tavoli tematici e istituzionali.

Oggi va in scena l’ennesimo atto: a Budapest c’è la riunione dell’Eurogruppo, in vista della riunione informale dei ministri dell’Economia Ue che si terrà tra oggi e domani. Ma il vertice rischia di andare pressoché deserto. Avevano annunciato già la propria assenza il francese Le Maire, ovviamente coinvolto dal cambio di esecutivo a Parigi, e il tedesco Lindner. Ai due si sono aggiunti anche i commissari Gentiloni e Dombrovskis, che verranno sostituiti da funzionari della Commissione.

In generale, rischiano di essere presenti meno di dieci ministri, visto che anche altri undici Paesi sui venti dell’Eurozona hanno già annunciato la propria defezione. Ci sarà invece il rappresentante italiano, il ministro Giorgetti, insieme alla presidente della Bce Lagarde.

Il motivo è ovviamente il boicottaggio della presidenza ungherese di turno del Consiglio dell’Ue. Non è una novità: già lo scorso luglio la Commissione aveva chiesto ai propri membri di boicottare qualsiasi riunione informale durante questo semestre. E anche l’Alto rappresentante Borrell aveva deciso di organizzare la riunione informale dei ministri per gli Affari esteri, che si è tenuta il 29 e 30 agosto, a Bruxelles piuttosto che a Budapest.

Un boicottaggio attivatosi anche in seguito ai viaggi di Orbán nei primi giorni della presidenza, quando il primo ministro ungherese si è recato a Mosca e a Pechino per incontrare Putin e Xi Jinping. Una trasferta che Orbán aveva documentato con tanto di video in cui compariva il logo della presidenza ungherese, che aveva provocato sconcerto e imbarazzo nelle cancellerie europee. E, a questo proposito, lo slogan del semestre “Make Europe Great Again” non deve aver aiutato, visto l’evidente richiamo al famoso slogan di Donald Trump.

La prossima settimana, inoltre, Orbán sarà a Strasburgo, dove prenderà parte alla plenaria del parlamento europeo per presentare il programma del semestre ungherese, che il primo ministro magiaro vuole incentrato sulla ricerca della pace in Ucraina, sulla lotta all’immigrazione illegale, su politiche per combattere la denatalità e sul rafforzamento della competitività, sulla quale Orbán si è detto «d’accordo con la diagnosi del rapporto Draghi».

Anche Draghi sarà a Strasburgo la prossima settimana, ma c’è da scommettere che i due non saranno accolti allo stesso modo. Nei giorni scorsi, il conflitto aveva raggiunto toni al confine con la comicità: il sottosegretario all’Interno Bence Rétvári aveva annunciato infatti un piano per inviare i richiedenti asilo arrivati in Ungheria direttamente a Bruxelles, e l’annuncio era stato fatto proprio con un punto stampa davanti a una flotta di autobus gialli che indicavano il percorso da Röszke, cittadina di 3mila abitanti al confine con la Serbia, a Bruxelles.

In quel caso, il piano di Orbán arrivava in risposta a una multa da 200 milioni di euro da parte – di nuovo – della Corte di giustizia dell’Ue, che aveva sanzionato l’Ungheria per aver limitato l’accesso dei migranti alla procedura di protezione internazionale, aver trattenuto irregolarmente i richiedenti asilo e violato il loro diritto a rimanere nel territorio ungherese in attesa di una decisione sul permesso di soggiorno.

Il rifiuto, in sostanza, di applicare le politiche comunitarie in materia di immigrazione, cosa che Orbán ha già ribadito più volte di non voler rispettare. E forse anche per questo, quando il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato di aver reintrodotto i controlli alle frontiere per limitare l’immigrazione irregolare, il primo ministro ungherese ha twittato un sarcastico «Benvenuto nel club!» taggando il cancelliere.

© Riproduzione riservata