Erano partiti dalle coste francesi nella tarda serata di giovedì con l’obiettivo di raggiungere il Regno Unito. Ma il gommone con cui hanno provato ad attraversare il Canale della Manica si è sgonfiato quasi subito, lasciandoli in acqua. Quando i soccorritori sono arrivati nella notte, a non molta distanza da Boulogne-sur-Mer, hanno recuperato i corpi di quattro migranti, mentre altre 63 persone sono state salvate, anche se nove di loro sono in gravi condizioni. Sono i primi migranti morti nella Manica dell’era di Keir Starmer alla guida della Gran Bretagna.

I numeri degli sbarchi

Non che il leader laburista abbia particolari responsabilità sul gommone affondato. Gli approdi sulle coste inglesi di barchini pieni di migranti vanno avanti da anni. L’impennata si è verificata tra il 2020 e il 2021, quando gli sbarchi registrati dall’Home office sono stati prima 8500 e poi 28.500. Nel 2022 l’anno record, con quasi 46mila casi, mentre nel 2023 sono scesi a poco meno di 30mila.

Quest’anno il dato sembra poter essere ancora superiore: con i quattro di ieri i migranti morti nella Manica nel 2024 sono 19, ma in totale, secondo le stime, finora gli sbarchi sono arrivati a quota 14mila. Solo nel primo trimestre, secondo il ministero, sono stati ben 5400, cifre maggiori rispetto allo stesso periodo del 2022 quando erano stati circa 4500. Non sorprende, quindi, che l’immigrazione sia diventata la questione centrale della politica britannica.

Le prime scelte

Il neo premier Starmer, da quando è entrato a Downing Street lo scorso 5 luglio, ha già adottato due decisioni in merito alle migrazioni. La prima, preannunciata in campagna elettorale, è stata quella di cancellare il fallimentare piano Ruanda voluto dai conservatori. Un progetto tanto inefficace e dispendioso quanto propagandistico, visto che non è mai partito veramente. Un disegno «morto e sepolto» il primo giorno del nuovo corso, ha detto Starmer. Tuttavia, al netto dello stop al piano Ruanda, i laburisti non vogliono e non possono dimostrare di essere troppo permissivi per via di un’opinione pubblica che in maniera trasversale e per la maggioranza ritiene che i flussi migratori debbano essere ridotti. Da qui la seconda misura del governo Starmer: la creazione di un nuovo Comando per la sicurezza delle frontiere, il Border security command, che avrà l’obiettivo di «annientare le bande criminali di contrabbandieri che guadagnano milioni di dollari tramite le traversate delle piccole imbarcazioni».

La figura che guiderà questa struttura - ruolo per cui sono state aperte le ‘selezioni’ - risponderà direttamente alla nuova ministra dell’Interno Yvette Cooper. Il primo ‘no’ ricevuto da Starmer è giunto da Neil Basu, già numero due di Scotland Yard. Grazie anche a una revisione dei fondi destinati precedentemente a Kigali, la task force avrà a disposizione «sostanziali risorse» oltre a un team di investigatori, esperti e analisti. Per di più, il governo sta preparando una legge per introdurre poteri «in stile antiterrorismo» affinché possa contrastare la criminalità organizzata legata all’immigrazione.

Da Blair a Meloni

Insomma, le maniere forti proseguiranno anche con il governo laburista. In forme diverse, forse. Magari non saranno sponsorizzate le retate in cui la polizia arrestava i migranti irregolari ormai stabilitisi nel Regno Unito, con tanto di immagini diffuse trionfalmente dai conservatori. Ma la sostanza cambierà poco. Essendo un tema caro alla popolazione britannica, il Labour non può permettersi di lasciare il fianco scoperto agli attacchi dei Tories e soprattutto di Nigel Farage. Reform Uk in decine di collegi è arrivato secondo, dimostrandosi la principale opposizione ai laburisti. E la retorica anti-immigrazione di Farage – di fatto la principale arma usata in campagna elettorale – proseguirà nei prossimi mesi in cui i flussi potrebbero crescere. Se Starmer dimostrerà di avere il polso della situazione, lascerà meno spazio alla narrazione populista del promotore della Brexit. Un approccio pragmatico e realista, suggerito al nuovo primo ministro anche da Tony Blair. L’ex premier infatti ha consigliato a Starmer di «chiudere le strade» alla destra populista, mantenendo controlli rigidi sull’immigrazione senza negarne gli effetti positivi. Facile a dirsi. La ministra Cooper è pronta alla linea dura: per lei il problema principale sono le bande criminali dietro al traffico di esseri umani, che «minano la sicurezza dei nostri confini e mettono a rischio vite umane». «Dobbiamo affrontare la radice del problema, inseguendo questi pericolosi criminali e assicurandoli alla giustizia» ha aggiunto la nuova ministra britannica, sulla carta progressista.

Non sarà la caccia allo scafista «lungo tutto il globo terracqueo» di meloniana memoria, ma il concetto è lo stesso. E a proposito di Giorgia Meloni, Starmer ha incontrato la presidente del Consiglio italiana a margine del vertice Nato di Washington. I due hanno reiterato l’intenzione di rafforzare il partenariato strategico tra Italia e Regno Unito in diversi settori, «inclusa la cooperazione nel contrasto alle migrazioni irregolari». I governi passano, certe cose no.

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