Le spinte favorevoli degli imprenditori sono state determinanti. Dunque a costo di far fuori il loro stesso cancelliere Karl Nehammer, i Popolari austriaci (ÖVP) hanno rotto gli indugi su un governo con l’estrema destra, e di conseguenza ha dovuto farlo anche il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen. Questa mattina ha ricevuto Herbert Kickl, il leader del partito post nazista FPÖ con ostentate ambizioni da cancelliere, e lo ha incaricato formalmente di avviare i negoziati per tentare di formare un governo con ÖVP.

L’Austria come apripista

Già un quarto di secolo fa, l’alleanza tra i Popolari – guidati all’epoca da Wolfgang Schüssel – e l’estrema destra con Jörg Haider avevano trasformato l’Austria in uno dei primi esperimenti di sfondamento a destra d’Europa. Il cancellierato di Schüssel aveva pure scatenato (invano) le sanzioni dell’Unione europea.

E nessuno dalle parti di Vienna ha dimenticato che pure all’epoca, ÖVP si era fatto beffa dei negoziati coi socialdemocratici: all’ultimo SPÖ (che in quelle elezioni era arrivato primo) scoprì che i Popolari avevano contrattato in parallelo e sotto banco con l’estrema destra. Non a caso la leader di AfD, Alice Weidel, non fa che invocare il «modello austriaco» (cioè l’assenza di cordoni sanitari). Ma qualcosa è cambiato, dal 2000 di Schüssel e Haider: nel mezzo c’è stato il governo Kurz, anch’esso assieme a FPÖ, con il disastroso scandalo Ibiza, e infine sono cambiati gli equilibri di potere. In tempi passati i Popolari coltivavano ancora l’illusione di restare i registi incontrastati dell’asse politico. Oggi FPÖ è in testa: dopo le elezioni del 29 settembre, è arrivato primo anche in molte regioni e cresce nei sondaggi.

La scalata di FPÖ

Già in autunno era chiaro il successo dell’estrema destra austriaca, che è post nazista come AfD (con la quale ha infatti ottimi rapporti), che è alleata di Salvini, Le Pen e Orbán in Ue (nel gruppo dei Patrioti cofondato proprio a Vienna con Kickl) e che non riesce a far dimenticare quell’accordo di cooperazione stretto con Russia Unita nel 2016 date le posizioni tuttora filorusse. Ma il 29 per cento incassato dall’FPÖ non sarebbe bastato in sé a ottenere un governo, così i Popolari – pur avendo fatto fronte a una batosta elettorale e con in mano un 26 per cento – hanno assunto il ruolo di ago della bilancia.

«Nessuna preclusione: siamo pronti a cooperare con tutti. Ma Kickl non sarà cancelliere», ha ripetuto come un mantra Nehammer prima e dopo la campagna elettorale. Mentre l’FPÖ a sua volta doveva restare attorno al suo leader, e al suo obiettivo: Kickl cancelliere, o «cancelliere del popolo» come diceva lui usando terminologie di hitleriana memoria. Dunque in autunno, chiarita la disponibilità di Popolari e Socialdemocratici a negoziare, Van der Bellen ha incaricato Nehammer di aprire un tavolo; i turchesi (ÖVP) e i rossi (SPÖ), dotati da soli di maggioranza per un soffio (un seggio), hanno a loro volta invitato i liberali (Neos), fucsia, e sono cominciate le negoziazioni di quella che la stampa ad ampia diffusione ha preso a chiamare, anche per i colori, «coalizione caramella».

Sorprendentemente, il volto di punta socialista, Andreas Babler, che in campagna elettorale era stato strattonato dal suo stesso partito (a cominciare dal potente establishment viennese) perché considerato troppo a sinistra, ha potuto negoziare senza colpi bassi dall’SPÖ.

Ma dopo mesi di trattative, venerdì scorso Beate Meinl-Reisinger ha dato l’innesco che ha fatto deflagrare il piano alternativo all’estrema destra. La leader dei liberali austriaci – vicini al mondo delle imprese, neoliberisti in economia e atlantisti in politica estera – ha motivato la sua uscita dalle trattative con l’impossibilità di ottenere riforme di lunga gittata (e chiedeva tagli alla spesa sociale). Il giorno dopo sono venuti allo scoperto i Popolari: Nehammer ha chiuso le porte ai socialisti, e siccome si era sempre detto chiuso all’alternativa (Kickl alla guida) si è ritirato lui stesso. La versione di Babler (che aveva come cavallo di battaglia la tassazione dei patrimoni ma tentava una mediazione) è che Nehammer fosse ben intenzionato ma che a un certo punto il suo stesso partito sia venuto meno: spinto dai circoli economici, ha preferito l’estrema destra.

Il dato di fatto è che domenica il nuovo presidente dei Popolari, Christian Stocker, ha detto esplicitamente che ÖVP è pronta ad accettare Kickl per negoziare un governo. A nessun osservatore è sfuggito il ruolo attivo del mondo imprenditoriale nel favorire questa opzione; del resto i programmi di Popolari e FPÖ convergono in 19 punti su 25 (coi socialdemocratici ÖVP ne ha solo 10 in comune). Preso atto del cambio di posizione dei Popolari, Van der Bellen ha incaricato il leader dell’estrema destra, precisando di voler proteggere i principi costituzionali; nel 2000 un suo predecessore, Thomas Klestil, aveva chiesto un preambolo al programma di governo. Vediamo oggi che l’argine non è bastato.

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