Il più fascista e filorusso dei candidati, ma soprattutto il più sottovalutato, potrebbe ottenere la presidenza a Bucarest, mentre anche l'Austria guarda sempre più verso l'estrema destra amica del Cremlino. Ecco perché le mutazioni in corso nell'Europa centrale riguardano tutta l'Ue
Ma se persino a Berlino regna l’instabilità, perché preoccuparci di Bucarest? E quando tutta l’Ue slitta più a destra, come con la commissione von der Leyen II che avrà mercoledì l’approvazione dell’Europarlamento, perché scandagliare la biografia di Călin Georgescu, quanto di più fascista (“legionarista”) e filorusso il panorama politico romeno offra al momento?
Neppure in Romania Georgescu godeva di molte attenzioni, prima di stravolgere ogni previsione domenica scorsa, arrivando in testa al primo turno delle presidenziali: non solo non lo hanno visto arrivare, ma non lo avevano proprio visto.
Il terremoto in corso in Europa centrale è destinato a scuotere con onde lunghe l’intera Ue: Bucarest ci riguarda eccome. Ma per capire perché, non bisogna concentrarsi solo sulla capitale.
Le frontiere del futuro
Anzitutto ci sono le frontiere: proprio poco prima che l’anti Nato, anti Ue, filo Mosca sorprendesse tutti col suo successo elettorale, l’Austria aveva appena tolto il suo veto all’abolizione dei controlli interni alle frontiere terrestri, con grande entusiasmo della presidenza di turno Ue – l’Ungheria di Viktor Orbán – pronta a intestarsi la mossa.
Dal 2025 quindi la Romania farà a tutti gli effetti parte dell'area Schengen. Diventerà così di fatto la frontiera esterna dell’Unione europea (ruolo che alla confinante Ungheria non spiace scaricare ad altri). Non è irrilevante che a gestire questa soglia d’Europa sia una figura compiacente con Mosca. C’è la contiguità geografica con l’Ucraina e la Moldavia (entrambe negli interessi del Cremlino) e poi c’è quell’affaccio sul Mar Nero, così strategico; su quello stesso mare affacciano città ucraine come Odessa.
Non a caso proprio sul versante costiero della Romania, dalle parti di Costanza, si trova una base Nato – la “Mihail Kogqlniceanu” – che è diventata ancor più strategica dopo l’aggressione russa dell’Ucraina. È talmente strategica che questa primavera sono iniziati i lavori per trasformarla nella più poderosa base militare dell’Alleanza atlantica in Europa; la Nato guarda sempre più al versante est dell’Europa, la Romania acquisisce ancor più peso e così la sua base compete ora con quella di Ramstein in Germania.
Un presidente anti Nato non destabilizzerebbe forse i piani? C’è poi quel che sta succedendo fuori dalla Romania, dalle parti di Vienna, a dare un’altra tonalità (più cupa) a tutta la vicenda.
Domenica scorsa, mentre i romeni andavano alle urne, altrettanto facevano gli abitanti della Stiria; e se è vero che gli austriaci erano già allenati all’estrema destra filorussa che arriva in testa (è successo con l’FPÖ alle nazionali il 29 settembre) o all’FPÖ che partecipa al governo delle regioni, stavolta si è verificata una combinazione politicamente esplosiva.
I postnazisti austriaci sono nelle condizioni di pilotare il governo regionale in Stiria – addirittura i socialdemocratici contendono ai popolari il ruolo di partner – e potenzialmente anche di sabotare i negoziati in corso per il governo nazionale, dove finora i popolari avevano guardato a socialdemocratici e liberali.
Insomma il 2025 sarà un anno delicato anche per le sorti dell’Austria, nota tra le altre cose per l’alta densità di spie russe. Il romeno Georgescu stesso ha vissuto a Vienna per molti anni, da membro della massoneria. Le sorti dell’Europa centrale – che si sposta più verso Mosca e più a destra – riguardano l'Europa tutta.
L’anomalia del sistema
L’8 dicembre, giorno di ballottaggio, sapremo se la liberale Elena Lasconi – figura compatibile con l’assetto pro Ue e pro Nato che finora la Romania si era data – batterà Georgescu, ma nel frattempo il fatto che sia stato lui a sfondare al primo turno è un’allerta per svariati motivi.
Innanzitutto, come conferma a Domani l’esperto Stefano Bottoni, che insegna Storia dell’Europa orientale all’università di Firenze, fino a pochi giorni fa non c’erano molti dubbi sull’allineamento filoccidentale della Romania: «È da considerarsi uno stato di polizia nel senso che i servizi segreti qui sono potentissimi, svolgono anche un ruolo pubblico; sono più di uno e talvolta si scontrano fra loro, ma finora sono sempre stati saldamente ancorati all’Occidente».
La biografia di Georgescu – con un passaggio al Collegio nazionale di difesa, giri internazionali e ruoli di governo – lo rende «un uomo del sistema, come dicono in Romania per alludere al sottobosco dei servizi. L’apparato quindi è stato colto alla sprovvista oppure i mutamenti in corso sono più radicali di quanto si pensi?», si interroga Bottoni.
Certo è che Georgescu è rimasto fuori dai radar quantomeno di media tradizionali e sondaggisti; non era stato neppure considerato un competitor degno di tale nome nei confronti tv tra candidati. Nessuno avrebbe mai immaginato che arrivasse anche solo al dieci per cento, e invece ha superato ampiamente il venti, scavalcando pure Aur, l’estrema destra alla quale Lega e FdI guardavano come fenomeno predestinato (Ecr l’ha inglobata) e a cui Georgescu stesso era legato prima di esser cacciato (troppo legionarista persino per loro).
«La tradizione dell’estrema destra nella Romania degli ultimi trent’anni è di crescente frammentazione: meteore presto ridimensionatesi. Stavolta invece gli attori di estrema destra erano ben tre e sommando le loro percentuali si ha l’idea della mutazione poderosa», nota Bottoni.
Come ha fatto Georgescu a stravolgere i risultati senza un partito e così sotto traccia? A stretto giro, la prima risposta è: attraverso una campagna gestita su TikTok. Una analisi prodotta da G4Media mostra che attraverso Telegram sono state reclutate (e ricompensate economicamente) miriadi di persone che hanno contribuito a diffondere i messaggi di Georgescu: «Il suo successo – conclude l’analisi – non è dovuto solo a popolarità spontanea, ma anche a una campagna attentamente coordinata dietro le quinte».
Altro sicuramente emergerà; intanto la Romania torna alle urne questa domenica per le elezioni parlamentari, poi l’8 per il secondo turno.
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