A più di un mese dalle elezioni europee è possibile ragionare sui motivi per cui nel nostro paese non è andato a votare oltre la metà degli aventi diritto. Complessivamente quest’anno hanno votato 23 milioni 308mila persone, rispetto ai 26 milioni e 662 mila del 2019, scendendo dal 56,09 per cento di cinque anni fa al 49,69 di quest’anno.

Le cause 

La “montagna” astensionistica si è formata per molteplici fattori. Abbiamo una quota cronica di persone che per età e per varie forme di infermità riesce a recarsi alle urne. Abbiamo poi un’altra ampia quota di persone che vivono per ragioni di studio o lavoro fuori dal proprio comune di residenza e la sperimentazione di quest’anno sui fuorisede ha dato pochi frutti (hanno votato appena in 17mila).

L’ammasso più grande è quello determinato dalla scelta cosciente e ragionata di disertare le urne. La recente indagine del centro studi Legacoop e Ipsos è andata a scandagliare i motivi di questo fenomeno. Le motivazioni dell’astensione sono molteplici e sono diversificate in base all’età, ai territori e alla classe sociale di appartenenza.

Per i baby boomer, gli over 60 anni, le cause generatrici della spinta astensionistica sono fondate sulla sensazione che la vittoria di una o dell’altra parte non generi alcun cambiamento per le persone (43 per cento) e sulla valutazione che la politica sia tutta sporca (29 per cento). Tra i baby boomer sono forti anche le forme di rabbia e stanchezza verso questo quadro politico (23) e la valutazione che il nostro sistema politico sia troppo rotto per essere aggiustato (23).

I giovani della Generazione Z mostrano una situazione meno rancorosa e una spinta astensionistica maggiormente connessa alla bocciatura di partiti e leader: “Non mi piaceva nessuno dei candidati” (22 per cento) e “non mi piace nessuno dei leader politici” (21 per cento) sono i due fattori trainanti, cui si aggiunge un conseguente “non sapevo per chi votare” (16 per cento).

Nella Generazione Z l’astensione è anche il prodotto del disinteresse superficiale per il momento elettorale (“mi sono dimenticato di votare”, 22 per cento).

Le differenze sociali 

Differente è la mappa delle determinanti astensionistiche tra il ceto medio e i ceti popolari. Per questi ultimi, i motivi della diserzione alle urne sono da rintracciare nella dimensione rancorosa verso la politica: “tutta la politica è sporca” (45 per cento), “sono stufo e arrabbiato” (32 per cento), “chiunque governi non fa la differenza, sono tutti ugualmente disinteressati alle persone come me” (31 per cento). Nei ceti popolari cresce anche la quota di quanti manifestano una disaffezione complessiva verso il diritto di voto (24 per cento).

Nel ceto medio la diserzione alle urne ha una matrice differente. La causa principale è la volontà di mandare un segnale di protesta verso gli attuali partiti (25 per cento), accompagnata dal giudizio critico verso partiti (“non mi piace nessuno dei partiti”, 15 per cento) e leader (“non mi piace nessuno dei leader”, 16 per cento).

Significative sono anche le differenze per area geografica che aiutano a leggere in controluce anche i risultati di alcuni partiti. A nord ovest le principali cause dell’astensione sono state: il giudizio negativo e il distacco verso tutti i partiti (29 per cento), la valutazione che la politica è tutta sporca (29) e la sensazione che il nostro sistema è troppo rotto per essere aggiustato (21).

A nord est il motore del non voto sono state: l’intenzione di protestare contro le scelte fatte dai partiti (34 per cento), la sensazione che non cambi mai nulla chiunque venga eletto (36 per cento) e lo scarso appeal dei candidati (28). Nel nord est, inoltre, si annida il più alto nucleo di cittadini che ormai non crede più nel diritto di voto (22 per cento, contro una media nazionale del 13).

Nel centro Italia a spingere le persone a restare a casa sono stati: il sentire la politica come tutta sporca (41 per cento), la certezza che non cambia mai nulla chiunque vinca (39) e la rabbia verso l’odierna offerta politica (28 per cento). Al sud l’astensione ha un unico grande motore: la rabbia verso il sistema politico (34 per cento), mentre nelle Isole a guidare l’astensione è stata la voglia di protestare contro questi partiti e questi politici (28 per cento).

Il quadro è articolato e le ragioni astensionistiche sono molteplici, ma i dati sembrano essere orientati verso una complessiva tendenza che porta con sé una chiara motivazione politica dell’astensione: la smobilitazione punitiva di una parte dell’elettorato che, pur con diverse cause sottostanti, intende punire con la propria distanza e non partecipazione l’attuale offerta politica.

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