Un anno fa, Ursula von der Leyen aveva issato la bandiera israeliana su Palazzo Berlaymont. Adesso pensa al giorno dopo la guerra: nella sua dichiarazione ufficiale in occasione dell’anniversario del massacro condotto da Hamas, la presidente della Commissione europea afferma che «l’Unione europea è pronta ad aiutare a prepararsi per il giorno dopo». Per una «pace duratura».

Nel frattempo però, tra il 7 ottobre 2023 e il 7 ottobre 2024, è già trascorso un anno di guerra; una «guerra destinata a essere lunga», come ha già ammesso l’alto rappresentante Ue Josep Borrell. E l’Unione europea non pare in grado di fermarla. Anche solo esprimere una richiesta di «cessate il fuoco» ha richiesto lunghe e faticose negoziazioni tra i governi europei, e adesso che tutti all’unisono la fanno propria – compresa Giorgia Meloni che «in qualità di presidente di turno del G7 continuerà a impegnarsi per un cessate il fuoco immediato a Gaza» – un cessate il fuoco sembra però più che mai lontano. 

«Mancanza di prospettiva politica»: la segnala lo stesso Borrell nel suo intervento davanti agli europarlamentari a Strasburgo. «L’unica soluzione che può portare alla pace, e cioè quella dei due stati, non ha il sostegno del governo di Israele. L’Ue è politicamente assente in questo conflitto perché gli stati membri sono profondamente divisi. Siamo i primi fornitori di aiuti, ma all’Onu c’è chi vota pro, chi contro, chi si astiene».

La via stretta della diplomazia

«Per l’Ue un cessate il fuoco immediato su tutti i fronti è l’unico modo per raggiungere la liberazione degli ostaggi e per una de-escalation di questa situazione estremamente pericolosa per la regione, che avrebbe impatti gravi per tutto il mondo. Il momento per il cessate il fuoco è adesso, sì, precisamente adesso, un anno dopo gli attacchi terroristici: domani potrebbe già essere troppo tardi. L’anniversario del 7 ottobre non può che irrobustire gli sforzi dell’Ue perché si raggiunga il necessario cessate il fuoco nella regione». Così si conclude la nota dell’alto rappresentante Ue Borrell.

Una nota nella quale il non detto è rivelatore quanto ciò che invece viene detto. Borrell parla di «organizzare una urgente conferenza umanitaria»: a ottobre di un anno fa, sotto la spinta del governo socialista spagnolo di Pedro Sánchez, il Consiglio europeo aveva messo nero su bianco l’idea di una conferenza di pace; e Borrell aveva aperto il 2024 con un «piano di pace in dieci punti». Ma al momento pare già molto riuscire a fermare l’escalation in corso, e come Borrell stesso ha ammesso in un’intervista a Domani riguardo alla tanto auspicata conferenza di pace, al momento manca la volontà politica: «A gennaio ho proposto un piano di pace in dieci punti per porre fine al conflitto e raggiungere un accordo ampio. Ciò comprende ovviamente la conferenza di pace. Perché accada, abbiamo anzitutto bisogno del cessate il fuoco, e direi pure di una nuova amministrazione per Gaza, che non sia controllata da Hamas, e soprattutto, di un governo israeliano che abbia la volontà politica di impegnarsi sulla base di una soluzione a due stati. Al momento queste condizioni non sussistono, e temo che la più ardua sia proprio la terza».

Von der Leyen e Borrell: i due volti dell’Ue

Nella impotenza del cessate il fuoco, i vertici dell’Ue e i leader dei governi europei confermano la condanna degli attacchi terroristici condotti da Hamas il 7 ottobre e rivolgono un pensiero alle vittime, agli ostaggi e alle loro famiglie. 

«Il 7 ottobre 2023 il mondo si è svegliato con immagini orripilanti di una indicibile atrocità, scene che non cancelleremo mai dalla nostra mente. Non esiste giustificazione per i barbari atti di terrore di Hamas, che condanno ancora e nel modo più forte possibile», dice von der Leyen. Che inquadra «non solo la sofferenza del popolo israeliano ma anche quella di palestinesi innocenti» come l’effetto degli attacchi di Hamas, i quali «hanno innescato una spirale di violenza che ha condotto l’intera regione a tensioni e instabilità». Nessun riferimento critico all’operato del governo Netanyahu. Nella visione di von der Leyen, il ruolo dell’Ue è quello di «dare assistenza finanziaria, facilitare la consegna di aiuti umanitari ai palestinesi e ora anche in Libano», e inoltre «prepararsi al giorno dopo».

Borrell condanna gli attacchi di Hamas e il loro impatto nella regione. «La condanna è arrivata inequivocabilmente sin da sùbito, così come continuiamo a pretendere la liberazione degli ostaggi». L’alto rappresentante ha parole esplicite anche per i civili palestinesi, «perché non esistono vittime civili buone e vittime civili cattive». «La guerra totale dichiarata dal governo israeliano ad Hamas ha condotto a una crisi umanitaria, i bombardamenti intensi hanno trasformato la striscia in macerie, oltre 41mila persone – prevalentemente donne e bambini – sono state uccise. I bambini sono le vittime più frequenti degli aiuti a Gaza e gli aiuti umanitari continuano a essere impediti». L’uso «sproporzionato della forza è incompatibile col diritto umanitario internazionale». In Europarlamento Borrell, oltre a condannare l’antisemitismo, invita a «non banalizzarlo, non equivocare la critica dell’operato del governo israeliano con l’antisemitismo». 

A distanza di un anno, resta la differenza di sensibilità tra la presidente della Commissione Ue – che ha da sùbito dichiarato un supporto senza condizioni al governo Netanyahu – e l’alto rappresentante Ue, critico anche verso l’operato di Netanyahu e impegnato attivamente per una de-escalation. «Dobbiamo passare dal respingimento reciproco al riconoscimento reciproco. L’Ue deve lavorare per la pace», dice Borrell in Europarlamento.

La dichiarazione di Meloni

Anche la premier Giorgia Meloni ha elaborato una dichiarazione per l’anniversario del 7 ottobre. «Non dimentichiamo la disumana aggressione perpetrata un anno fa da Hamas. Abbiamo sempre negli occhi il massacro di migliaia di civili inermi, donne e bambini compresi, e il vilipendio dei loro corpi, mostrati al mondo senza alcuna pietà. Il nostro pensiero è rivolto costantemente agli ostaggi, strappati alle loro famiglie e ai loro cari, e che ancora oggi attendono di tornare a casa. Ricordare e condannare con forza ciò che è successo un anno fa non è un mero rituale, ma il presupposto di ogni azione politica che dobbiamo condurre per riportare la pace in Medio Oriente, perché la reticenza che sempre più spesso si incontra nel farlo tradisce un antisemitismo latente e dilagante che deve preoccupare tutti. E le manifestazioni pubbliche di questi ultimi giorni lo hanno, purtroppo, confermato».

L’Italia ha la presidenza di turno del G7 e dunque Chigi riporta tutti al «dovere del dialogo»; «le conseguenze dell’attacco di Hamas hanno scatenato un’escalation su base regionale che potrebbe avere esiti imprevedibili. L’Italia continuerà ad impegnarsi per un cessate il fuoco immediato a Gaza, per il rilascio degli ostaggi israeliani e per la stabilizzazione del confine israelo-libanese, attraverso la piena applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Confermiamo il nostro sostegno a tutti gli sforzi di mediazione portati avanti, e il nostro impegno per lavorare ad una soluzione politica duratura, basata sulla prospettiva dei due stati».

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