Nuovi nomi nella rosa dei papabili del centrosinistra lucano: D’Andrea, Lacorazza e una donna, Cecilia D’Elia. Da Pd e M5s pressioni su Angelo Chiorazzo per chiudere l’accordo con il placet dei Cinque stelle. Obiettivo è l’annuncio oggi, a urne aperte in Abruzzo
Cosa vogliono di più dalla vita Elly Schlein e Giuseppe Conte? Un lucano, o una lucana. E vorrebbero che il suo nome arrivasse oggi, domenica, a urne aperte in Abruzzo (oggi fino alle 23, poi subito lo spoglio), come un Angelus giallorosso, un lieto annuncio: habemus papam, anche in Basilicata. Per questo ieri sera ha cominciato a circolare la “notizia” di un’accelerazione di incontri a sinistra, e di telefonate Roma-Potenza-Roma, per scegliere il candidato presidente di una coalizione taglia large per le regionali del 21 e 22 aprile.
Una mossa, quella di annunciare l’imminenza della decisione, che ha qualche malizia mediatica: secondo raffinati registi, servirebbe a dare una spintarella agli astenuti di centrosinistra abruzzesi, convincerli che l’asse giallorosso ormai è consolidato, che rinasce la speranza di battere Giorgia Meloni.
La realtà dello stato delle cose sembra un po’ diverso: Angelo Chiorazzo, ormai sempre più ex candidato presidente in Basilicata, è pronto al passo indietro, ma la sua presenza in coalizione resta comunque determinante per la vittoria del centrosinistra. O per la sconfitta: infatti al Nazareno stanno facendo di tutto per evitare «un altro caso Soru».
Il «re delle coop bianche», come sprezzantemente lo definisce una parte del M5s (il copyright è del Fatto Quotidiano) però è restio a fare un suo “nome”, cosa che gli hanno chiesto sia Elly Schlein che Giuseppe Conte. Perché è chiaro ormai che i grillini in Basilicata hanno un potere di veto sul Pd; ed è probabile che lo useranno finché la pallina della roulette non arriva nella casella di loro gradimento. E Chiorazzo non vuole incatenarsi a una trattativa dall’esito incerto.
Per lui dunque sarebbe meglio aspettare il risultato abruzzese e ragionare con calma. Una sconfitta del campo largo riporterebbe un po’ di calma nella fretta degli ultimi giorni. La dead line delle liste comunque è il 23 marzo.
D’Andrea, D’Elia: nuovi papabili
Fino a ieri sera la rosa dei papabili restava apertissima: escluso Roberto Speranza, fermamente indisponibile alla corsa (ma unico perfetto uomo di sintesi fra Pd e Cinque stelle), in corsa restano Lorenzo Bochicchio, direttore dell’Asl di Potenza; Rocco Paternò, presidente dell’Ordine dei medici di Potenza (in ascesa); Giampiero Maruggi, manager e presidente dell’Associazione banchieri della regione, coordinatore del movimento Basilicata casa comune che sostiene Chiorazzo (quindi in teoria lui sarebbe il più gradito a lui, ma non risulta così); il dem Piero Marrese, presidente della provincia di Matera e sindaco di Montalbano Jonico. Chi ha sentito tutti sostiene che questi nomi siano solo «fake news». C’è anche un’ipotesi Piero Lacorazza, ex segretario del Pd regionale.
Oggi, domenica mattina, entrano i pista altri nomi, alcuni dei quali sembrano però ben di più di fantasia: come quello dell’ex sottosegretario ulivista Giampaolo D’Andrea, potentino. O quello di Cecilia D’Elia, deputata, filosofa, già responsabile delle donne Pd, giusto fino a ieri. Il suo nome è stato fatto da Giuseppe Conte e sarebbe scaturito da una conversazione con Nicola Zingaretti, da sempre riferimento di D’Elia. È nata e cresciuta a Potenza, dove è rimasta fino a che non è andata a Roma a fare l’università, anche se poi si è laureata a Siena. Curioso, e forse non del tutto innocente, il fatto che a avanzare en passant il suo nome sia il capo dei grillini.
Moral suasion al Nazareno
Non è facile che oggi spunti fuori il nome definitivo, ma non è impossibile. Vero è che negli ultimi due giorni c’è stata un’accelerazione degli incontri: per mettere delicatamente sotto pressione Chiorazzo. Sabato mattina, mentre Schlein parla a Roma dal palco della conferenza Democratiche e omaggia la nuova portavoce Roberta Mori, l’imprenditore ha varcato la soglia del Nazareno e e incontrato il duo Igor Taruffi e Stefano Baruffi, responsabili organizzazione e enti locali del Pd. Nella conversazione non sono usciti candidati, ci si aspetta che sia lui a far partire le danze. Il giorno prima Chiorazzo aveva parlato con Schlein e con Conte. Ogni volta la matassa aveva fatto un passetto avanti e due balzi indietro.
La segretaria del Pd gli ha detto che lo apprezza moltissimo, che Roberto Speranza – vero ispiratore della candidatura nata a cattiva stella - gli ha parlato benissimo di lui, ma che nel centrosinistra lucano il suo nome è divisivo. E che quindi deve fare un passo a lato e proporre un nome a lui gradito: poi tutti insieme si va allegramente a vincere su Vito Bardi. Che in effetti è battibile, secondo i sondaggi: è il presidente uscente, ma è malconcio, era pronto a essere mandato a casa da Giorgia Meloni, e invece miracolosamente è rimasto in sella grazie a un accordo “fermi tutti, non si cambia niente” dopo la scoppola sarda.
A Casa Conte
Poi Chiorazzo è andato a casa di Giuseppe Conte. Avvolgente e cordialone come sempre, il presidente dei Cinque stelle gli ha ripetuto la storia, «Speranza di te parla benissimo», però c’è un però: «Il tuo nome divide i Cinque stelle della Basilicata». E fra dividere il partito e dividere la coalizione lui, lui Conte, non ha dubbi: pensa all’unità dei suoi. L’incontro non è risolutorio.
Ma uscito da casa Conte, inizia a comincia a circolare la notizia che Chiorazzo ha già fatto il famoso passo indietro. Chiorazzo si irrita e smentisce, con un messaggio su Facebook: «Dialogo cordiale con Elly Schlein e Giuseppe Conte, confronto con tutte le forze politiche per rendere più forte il campo alternativa». Ma il proseguo è in lettere cubitali: «Sono e resto in campo per il bene della Basilicata».
In serata Conte deve puntualizzare con un suo comunicato: parla di un lavoro dell’Ms5 «per un progetto condiviso e di ampio respiro in grado di far voltare pagina alla Basilicata», di un confronto «importante e fruttuoso»; della necessità di «un ulteriore passaggio per giungere all’indicazione di una candidatura credibile e unitaria», sottinteso non quella di Chiorazzo il quale «al pari di tutti gli altri attori» ha dimostrato «la volontà» di impegnarsi «per un progetto ed un nome condiviso».
«Hanno scelto i territori»
Come abbiamo visto, il giorno dopo, ieri, torna al Nazareno. Qui non escono nomi, ma la volontà di chiudere presto. Chiorazzo rallenta, l’esito del voto abruzzese può cambiare e anche di parecchio il clima nella coalizione. Ma per il Pd, più del nome del candidato conta la coalizione: in Sardegna e in Abruzzo i Cinque stelle sono stati inchiavardati all’alleanza; e così deve succedere anche per la Basilicata. Poi si penserà al voto del Piemonte (c’è chi riferisce che, in cambio di tanta fedeltà, Conte chiederà il candidato in quella regione, brutte notizie dunque per Chiara Gribaudo, candidata in pectore del Pd); e infine, dopo l’estate, all’Umbria.
Chiorazzo consulta i suoi a Potenza. La sua campagna è iniziata da mesi. Il segretario Pd regionale Gianni Lettieri lo ha difeso fino alla fine. Ma è chiaro ormai che c’è una ragion di partito democratico contro cui non può andare: la decisione è romana. Ma il nome deve essere lucano, lucanissimo, perché Pd e M5s all’unisono possano dire come sempre: «Hanno scelto i territori».
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