Mentre la premier era in Friuli il ministro faceva campagna a Pescara. La Lega organizza un altro evento sovranista. E spera in Vannacci
Il 23 marzo è una data cerchiata in rosso nei calendari sia di Matteo Salvini che di Giorgia Meloni. Sempre più in concorrenza l’uno con l’altra ma attenti ad evitarsi per non far scontrare le loro corse parallele, i due hanno però scelto lo stesso giorno per eventi di partito.
La Lega, infatti, sarà a Roma per un bis di quella che è stata la convention degli europei sovranisti a Firenze dello scorso dicembre. Con la speranza, però, in incassare maggior successo rispetto all’evento toscano, in cui le defezioni di nomi di peso come quello di Marine Le Pen (intervenuta con un videomessaggio) hanno appannato il clima.
La convention della Lega
Nelle speranze di Salvini, il palco di Roma dovrebbe essere quello che aprirà la campagna elettorale per le europee di giugno e, per l’occasione, sono attesi fuochi d’artificio. Uno in particolare: secondo fonti del centrodestra, accanto al leader dovrebbe presentarsi anche il generale Roberto Vannacci, fresco di pubblicazione di un nuovo libro, e finalmente pronto a dichiarare che correrà nelle liste targate Alberto da Giussano. Tutto è ancora in forse e in via di costruzione, anche perchè il generale punta a sciogliere le sue riserve per la candidatura il più tardi possibile. Inoltre, non secondario è il tema della – o delle – circoscrizione in cui si candiderebbe, visto che il suo nome anche solo accennato ha scatenato le ire dei leghisti del nord, dove lui è residente.
Certo è che il segretario leghista ha bisogno di un colpo di teatro per invertire la rotta sia rispetto al fatto che la Lega arranchi nei sondaggi, sia sulla solidità della sua leadership. Quest’ultimo è un timore sempre più fondato nell’entourage ristretto del ministro dei Trasporti, anche perchè le voci critiche nei suoi confronti e provenienti dal nord si stanno facendo sempre più insistenti. L’ultimo a parlare è stato il Senatur, Umberto Bossi: il vecchio leader aveva già tentato di scalare il partito di cui è fondatore, contrastando la linea salviniana nei congressi locali e arrivando anche a ipotizzare una lista separata a sostegno di Letizia Moratti alle ultime regionali in Lombardia.
Poi, improvvisamente, Bossi ha gridato l’alt e i suoi pretoriani hanno fatto un passo indietro, trincerandosi nel silenzio. Ora, però, quello stesso gruppo – il Comitato Nord – sembra aver ritrovato un nuovo attivismo. Tanto che Bossi, ieri, ha parlato di «voler rimettere le cose a posto nella Lega, che era nata come un sindacato del settentrione. La questione è sempre lì, va ripresa in mano», ha detto al quotidiano online Malpensa24, aggiungendo che «Salvini ha le sue idee, ma bisogna vedere se sono quelle giuste». Parole che pungono il ministro senza scalfirlo, ma dovrebbero metterlo in allarme.
Anche perchè la sensazione che sia in atto una mobilitazione al nord è più che fondata. A fungere da innesco è stata la mancata garanzia di terzo mandato al veneto Luca Zaia, sommata al calo di voti sempre più evidente e alla percezione che la “questione nordista” sia sempre meno al centro dell’agenda del partito.
L’eterno nome alternativo a Salvini è sempre lo stesso: il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, vicinissimo a Zaia ma anche molto in sintonia con Meloni. Sarà un caso, ma proprio ieri la premier ha risalito l’Italia per arrivare a Pordenone e siglare con Fedriga un accordo per lo sviluppo e la coesione tra palazzo Chigi e la Regione, che riguarda interventi fino al 2027 da finanziare con le risorse del fondo nazionale per la coesione. L’occasione è puramente amministrativa, ma nessun movimento passa inosservato.
Il congresso di FdI
Se Salvini ha guai interni da gestire, anche l’immagine granitica di Fratelli d’Italia sta iniziando a mostrare qualche crepa. A partire dal fatto che i congressi locali sono arrivati a protrarsi addirittura fino a marzo e spesso sono stati molto combattuti, quando invece l’intento della leader era di chiuderli tutti entro dicembre e all’insegna delle candidature unitarie.
Per questo il 23 marzo è una data attenzionata anche sul calendario di Meloni: a congresso, infatti, andrà il partito provinciale di Roma e sarà l’occasione dell’ennesimo confronto tra il blocco di ortodossi legati alla leader e al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e quello storico dei Gabbiani di Fabio Rampelli, ormai sempre più ai margini. Pochissimo pubblicizzato sui canali ufficiali del partito, il deposito delle candidature si chiude il 16 marzo e in quel momento si capirà la piega del congresso.
I due candidati più probabili sono i deputati Massimo Milani, che rappresenta dell’ala rampelliana ed ha un grosso seguito nella Capitale, e Marco Perissa, vicino alla premier. Difficile immaginare scossoni al palazzo dei Congressi dell’Eur. Eppure, molti dei congressi locali hanno fatto emergere come FdI sul territorio sia un partito molto più diviso di quanto non traspaia dalla compattezza parlamentare, complice anche la sua rapidissima crescita elettorale e il conseguente arrivo di molti volti nuovi.
Il fine settimana del 23 marzo porta con sè anche un’altra coincidenza: sarà il primo dopo le elezioni regionali in Abruzzo e la scelta di questo momento in particolare per celebrare due momenti chiave sembra sottintendere grande tranquillità sull’esito del voto.
Eppure, se l’effetto Sardegna consegnasse anche la regione meridionale al centrosinistra, la ricaduta sarà inevitabile. Soprattutto per FdI, che esprime il candidato Marco Marsilio, ma anche per la Lega che in regione rischia il crollo verticale rispetto al 27 per cento delle passate amministrative. La fase è delicata e la proiezione è comunque verso le europee. Come i due partiti ci arriveranno, però, dipenderà dagli errori commessi in questi passaggi intermedi.
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