Alle comunali i candidati di destra arrancano, fatica anche la veterana Poli Bortone. Forza Italia pronta ad arginare gli effetti del ddl Calderoli: «Siamo le sentinelle del Meridione»
Con tutte le cautele del caso, visto che si tratta pur sempre di elezioni amministrative, il Sud sembra essere diventato un problema difficilmente sottovalutabile per il governo. Il calendario elettorale ha voluto che i ballottaggi delle amministrative si celebrassero dopo il via libera alla riforma dell’autonomia differenziata, che molto ha fatto storcere il naso alle regioni del Mezzogiorno. E i risultati hanno mostrato una certa disaffezione dell’elettorato di centrodestra.
Vero è che il Partito democratico è sempre stato più forte a livello comunale, soprattutto nelle città di medie dimensioni. Tuttavia il segnale è inequivocabile. Il centrosinistra ha tenuto la guida di Bari con una percentuale bulgara del 70 per cento e a Potenza ha sfiorato il 64 per cento. Pur sul filo di lana, 51 per cento, ha conquistato Campobasso e anche Vibo Valentia è stata vinta in rimonta rispetto al primo turno.
Unici lumicini di centrodestra al sud sono stati Caltanissetta e Lecce, dove però l’ex ministra e già sindaca, Adriana Poli Bortone, ha spuntato la vittoria con appena il 50,5 per cento, quando era considerata un nome assolutamente blindato.
Potenza e Lecce
A dimostrazione della crisi di fiducia nel centrodestra da parte dell’elettorato meridionale, due sono le città più fortemente indicative. A Potenza, storicamente città di sinistra dove però alle regionali dell’aprile scorso il centrodestra era riuscito nel sorpasso, il dem Francesco Telesca non ha sconfitto un candidato qualsiasi. L’avversario era il leghista Francesco Fanelli, che è anche vicepresidente della giunta regionale uscente del confermato Vito Bardi (che però in un mese e mezzo non ha ancora varato la nuova giunta), nonché assessore alla Sanità. La sconfitta per il centrodestra, dunque, non può che lambire anche l’amministrazione regionale di Forza Italia, che pure si è posta in modo critico – sulla scia del presidente calabrese Roberto Occhiuto – nei confronti dell’autonomia differenziata.
Anche Lecce, che pure è stata vinta dalla destra, mostra come nemmeno i nomi più rappresentativi siano una garanzia. Adriana Poli Bortone, storica militante missina, ex ministra e deputata per tre legislature oltre che già sindaca per dieci anni, fino al 2007, della città salentina, doveva conquistare il comune anche senza ballottaggio. Invece la sfida è stata molto più ardua del previsto ed è stata vinta con appena 600 voti di scarto sul candidato del centrosinistra Carlo Maria Salvemini.
Il segnale
A fronte di un astensionismo elevato – la media dei votanti a tutti i ballottaggi è stata del 48 per cento – il segnale per il governo è forte e prosegue il trend già riscontrato alle europee, dove il collegio Sud è stato l’unico in cui il Pd ha sconfitto Fratelli d’Italia.
I sintomi, dunque, covavano già sottotraccia e sono riconducibili a due riforme che hanno fortemente scontentato l’elettorato meridionale: da un lato il taglio del reddito di cittadinanza, sostituito con misure per ora dagli effetti estremamente modesti, dall’altra la riforma dell’autonomia differenziata che, pur se la concreta attuazione è ancora lontana, ha fatto sventolare leoni di San Marco in Veneto e risvegliato fantasmi nelle regioni del Meridione.
Pubblicamente Fratelli d’Italia preferisce una lettura complessiva dei dati e il deputato e responsabile organizzazione, Giovanni Donzelli, nota che «in questa tornata di ballottaggi il centrodestra cresce più del centrosinistra. Nello specifico strappa quattro capoluoghi di provincia al centrosinistra: Lecce, Rovigo, Verbania e Caltanissetta. Soltanto tre passano invece dal centrodestra al centrosinistra: Perugia, Potenza e Vibo Valentia». In realtà, a voler considerare i capoluoghi di provincia, il saldo finale è comunque di 7 a 5 per il centrosinistra.
Questi risultati, che pure andranno letti come frutto anche di dinamiche locali, impongono però una riflessione al centrodestra, che Forza Italia ha già cominciato a fare, proprio iniziando a costruire una sorta di cordone sanitario intorno alla riforma dell’autonomia differenziata. Oltre alla richiesta di istituire una commissione di monitoraggio sull’attuazione della legge, presieduta dall’azzurra e ministra delle Riforme Elisabetta Casellati, i primi cittadini meridionali continuano a martellare.
La presidente dei sindaci calabresi ed esponente di Forza Italia, Rosaria Succurro, ha rincarato la dose, dicendo che «ho più volte sottolineato la necessità di modificare la legge sull’autonomia differenziata, che, per come approvata, rischia di compromettere il futuro del nostro territorio».
Anche il capogruppo di Forza Italia al parlamento europeo, il campano Fulvio Martusciello, ha già candidato FI a essere il guardiano del Sud grazie agli ordini del giorno approvati a margine dell’approvazione della legge e alla proposta di commissione: «Questo metterà al sicuro le regioni meridionali da qualsiasi rischio di penalizzazione. Saremo noi le sentinelle del Mezzogiorno».
In realtà, tra il dire e il fare c’è di mezzo la volontà di Giorgia Meloni e quanto la Lega si farà portatrice delle pressioni delle regioni del Nord, che scalpitano invece per una rapida approvazione dei livelli essenziali delle prestazioni per procedere con le loro richieste di autonomia. La maggioranza, per ora, punta ad aprire una riflessione dietro le quinte: non ci sono altre elezioni impellenti all’orizzonte e i dati del Pil mostrano un più 1,3 per cento del Sud rispetto alla media nazionale, grazie alla spinta del Pnrr. Intanto, però, l’allarme lentamente è arrivato fino a Roma.
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