Nessuno è disposto a dirlo ad alta voce, ma la dichiarazione di incostituzionalità di ben sette punti sull’autonomia targata Lega riporta la riforma alla casella di partenza. Anzi anche più indietro, nella misura in cui è incerto quando sarà possibile incardinarla di nuovo in parlamento per le modifiche imposte dalla Consulta.

Pendente, intanto, rimane la decisione sull’ammissibilità del referendum abrogativo: il comitato referendario sta aspettando che la Cassazione vagli il milione e 300 mila firme raccolte, ma sul percorso pende l’incognita del fatto che il quesito possa venir considerato superato dopo la sentenza. L’interrogativo, infatti, è se la richiesta di referendum su una legge varata ma poi così menomata possa essere ancora legittima. «Noi pensiamo che ci possano essere tutte le condizioni per il via libera al referendum abrogativo della legge. Poi ci affidiamo alla Corte di Cassazione che deciderà», è stato il commento di Ivana Veronese, vicepresidente del Comitato referendario. Eppure, come già anticipato anche dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, la legge andrà modificata in parti essenziali, dunque difficilmente il quesito potrà rimanere in piedi.

Il vero punto dolente, al di là del referendum, però, riguarda le necessarie modifiche al testo, che sollevano questioni di natura sia tecnica che politica.

Sul fronte tecnico, i costituzionalisti invitano alla prudenza: per ora tutto ciò che si conosce è il comunicato stampa della Corte, utile a inquadrare le problematicità ma non certo esaustivo per i tecnici della maggioranza. La sentenza, invece, dovrebbe essere depositata entro metà dicembre e solo così sarà possibile davvero capire come e in che misura il testo Calderoli andrà riscritto. Senza contare che i punti sono complessi, in particolare per ciò che riguarda i livelli essenziali delle prestazioni, i vincoli sulle materie e le questioni di natura fiscale. Dunque realisticamente gli uffici legislativi potranno iniziare in concreto a risanare il testo della riforma a partire dal 2025 e dovranno farlo con estrema cautela per ragioni di natura politica.

Lo scontro con Forza Italia

Le interviste di questi giorni rilasciate dal ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, infatti, tradiscono tutto il nervosismo della Lega. Per quanto mediaticamente il tentativo sia quello di guardare al bicchiere mezzo pieno, visto che la questione di incostituzionalità sull’intera riforma è stato rigettato, è impossibile nascondere quanto la mazzata della Corte sia complicata da gestire.

«Io ho arato un campo incolto e se la Corte mi dà suggerimenti, sono contento. È stata l'opposizione a chiedere l'esame costituzionale dell'Autonomia, quindi se ora applichiamo i suggerimenti costituzionali, nessuno deve più rompermi gli zebedei», ha detto Calderoli a Repubblica. Quanto ai tempi, ha fatto capire di voler andare avanti con le intese alle regioni sulle materie non Lep, come da richiesta del Veneto, nonostante il rischio che – dovendo ritoccare tutta la parte che riguarda la devoluzione delle materie e il meccanismo fiscale – ogni intesa potrebbe essere scritto sull’acqua.

Eppure, nel rimbalzare verso le opposizioni la polemica, la Lega sa bene che il principale stop – «momento di riflessione» viene chiamato da fonti di Forza Italia – alla celere riscrittura del testo arrivi dalla stessa maggioranza. Già l’approvazione del testo, bandiera leghista ma accolto freddamente degli alleati, era stata un percorso segnato dalle perplessità espresse pubblicamente anche dai governatori meridionali del centrodestra.

Ora questi stessi amministratori hanno accolto la decisione della Consulta come una conferma delle criticità. E – dopo la presa di distanze di Antonio Tajani dai toni usati dai leghisti - il primo a tirare il freno a mano al ministro è stato il presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto, che era stato anche il principale oppositore del testo. «Credo che ora forse un bagno di umiltà rispetto alle parti che dovevano essere approfondite e invece sono state trascurate la Lega dovrebbe pur farlo», sono state le parole del vicesegretario di FI a Sky, poi ha consigliato al ministro «un po' di prudenza» nell’intenzione di tirare dritto sulla devoluzione delle materie non Lep, perché «l’Autonomia non sembri divisiva per il Paese».

In particolare, infatti, Occhiuto a fatto notare come più voci in FI avessero fatto notare a Calderoli che «non si possono trasferire materie ma soltanto funzioni», «la necessità di garantire e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni» e «il superamento della spesa storica», come poi ha rilevato anche la Corte costituzionale. Non esattamente dettagli, soprattutto per quanto riguarda i Lep.

Per ora, Fratelli d’Italia preferisce la prudenza e lascia a Forza Italia la contrapposizione con la Lega. Il sentimento, tuttavia, è che lo stop all’autonomia da parte della Consulta abbia fatto tirare un sospiro di sollievo. Adesso la priorità è la legge di Bilancio, viene fatto sapere.

Calderoli già ha fissato un road map: «Una legge delega ad hoc sui Lep. Per il resto emendamenti. Entro fine 2025 dovremmo esserci». Rosee aspettative secondo fonti di governo, ma imponderabili, anche perché la pervasività delle modifiche imposte dalla Consulta hanno rinfocolato i dubbi dei molti critici dentro la maggioranza rispetto all’impianto leghista. Servirà maggior condivisione rispetto alle modifiche, è la tesi, e la scommessa sottotraccia è che la riforma si inabissi, ben oltre il 2025.

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