Iniziato il ciclo di audizioni sulla manovra, iniziano a fiorire anche gli emendamenti. La Lega ha già annunciato di volerne presentare uno che tagli il canone Rai, com’è successo l’anno scorso, da 90 a 70 euro. Per ora, il testo non è ancora in circolazione e i parlamentari della Lega che siedono in commissione Vigilanza Rai non hanno specificato come intendono finanziare il taglio dei mezzi che arrivano ogni anno al servizio pubblico.

«Un intervento che ci sembra doveroso - commentano i parlamentari - anche alla luce del fatto che è ora per il servizio pubblico di migliorarsi senza gravare ulteriormente sui cittadini. Non ci fermeremo in questa battaglia e andremo avanti con la sua progressiva riduzione fino alla definitiva abolizione per favorire la transizione verso una azienda in grado di stare sul mercato». L’anno scorso, il taglio di venti euro, che si era tradotto in un ammanco di oltre 400 milioni di euro, era stato compensato dalla fiscalità generale, cioè dal bacino complessivo delle altre tasse che vengono versate allo stato. Una triangolazione che affida la scelta su quanto sovvenzionare il servizio pubblico al governo, che sceglie come ripartire i soldi che raccoglie. Quest’anno, anticipano in area Lega, si mira a raggiungere lo stesso risultato. 

Il taglio del canone è uno storico cavallo di battaglia del Carroccio, che lo rispolvera spesso in prossimità di scadenze elettorali. Quest’anno, nella prima bozza stesa dal ministero dell’Economia (guidato da un altro leghista, Giancarlo Giorgetti) il taglio concordato l’anno scorso non era previsto. E come nel 2023 la battaglia intorno al finanziamento della tv pubblica sarà aspro.

L’obiezione di Forza Italia

Forza Italia è infatti già intervenuta per ribadire il proprio “no” al taglio, che rischia di avere ripercussioni negative anche sul diretto concorrente di Rai, Mediaset, che potrebbe soffrire di una Rai costretta a finanziarsi al di fuori delle fonti classiche, canone e fiscalità generale, con una maggiore raccolta pubblicitaria. Viale Mazzini attualmente deve fare i conti con un tetto: nel caso in cui dallo stato arrivassero meno soldi potrebbe essere rivisto, un’eventualità che gli azzurri hanno sempre voluto evitare. 

«La Rai non può essere indebolita, abbiamo bisogno di un servizio pubblico forte» ha detto il portavoce nazionale Raffaele Nevi. «Ognuno fa quello che ritiene giusto, noi lo rispettiamo, non c'è bisogno di litigare ma non fa parte dell'accordo di governo. Noi siamo contrari, e la nostra posizione non cambia. È normale che ciascuno cerchi di mettere sul tavolo le proprie priorità, poi si troverà la quadra tenendo conto delle esigenze di tutti».

Da viale Mazzini – dove tutto è sempre congelato in attesa della conferma di Simona Agnes come presidente – aspettano speranzosi che i flussi rimangano e un altro articolo della finanziaria che raccomanda tagli incisivi al personale venga cancellato dal testo definitivo della manovra. L’anno scorso i tecnici della maggioranza erano riusciti ad avere la botte piena e la moglie ubriaca, concedendo alla Lega lo scalpo del taglio della tassa e assicurando ai dirigenti meloniani dell’azienda lo stesso livello di finanziamenti attingendo alla fiscalità generale, in modo da non toccare il tetto pubblicitario a cui tanto tiene Forza Italia. La soluzione di quest’anno è ancora tutta da trovare. 

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