Mentre il livello di tensione negli istituti di pena cresce, il ministero della Giustizia ha presentato una bozza di decreto che propone l’introduzione della figura professionale dei negoziatori per la gestione degli eventi critici in carcere. Il loro ruolo dovrebbe essere quello di favorire la «de-escalation» dei conflitti in modo pacifico. Nella bozza si legge che l’intento è rispondere alla «necessità di adottare una gestione efficace degli eventi critici di natura particolarmente complessa che turbano gravemente l’ordine e la sicurezza degli istituti penitenziari».

Evitare l’uso della forza per contenere le rivolte, quindi, ma anche le proteste collettive e dei singoli reclusi che possano mettere a rischio l’incolumità di agenti, operatori e strutture. Queste le mansioni che potrebbero essere affidate a ispettori o sovrintendenti della polizia penitenziaria specializzati per limitare la violenza in carcere. «Ma dovrebbe essere l’ordinarietà che le persone che lavorano in carcere siano formate sulla de-escalation - commenta Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone - Gli agenti penitenziari dovrebbero di base avere una disposizione alla mediazione con i detenuti, senza tendere ad acuire il conflitto».

Tra i mediatori e il nuovo reato di rivolta carceraria

Nonostante questa ipotesi ministeriale per garantire protezione e sicurezza in modo non violento, di recente il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha proposto di adottare in carcere l’uso del taser. A questo si aggiunge la probabile introduzione del reato di rivolta carceraria da parte del governo. Il cosiddetto ddl sicurezza stabilisce infatti di punire con ulteriore carcere le persone detenute (negli istituti penitenziari e nei Cpr) che partecipano a una rivolta con l’uso della forza, chi fa resistenza agli ordini impartiti e chi protesta attraverso la resistenza passiva.

In Italia il numero dei reclusi supera attualmente quello record del 2013, quando il nostro paese fu condannato dalla Corte europea dei diritti umani per trattamenti inumani e degradanti causati dal sovraffollamento nelle carceri. Intanto, da inizio anno i suicidi dietro le sbarre sono stati più di 80.

Il tasso di sovraffollamento al 130 per cento, che in alcuni istituti supera il 200 per cento, non fa che aumentare le condizioni di disagio dei detenuti e acuire le difficoltà di chi lavora in carcere, una situazione denunciata anche dalla polizia penitenziaria insieme alla mancanza di tutele nei confronti degli agenti. Lo stress lamentato in alcuni casi è diventato insostenibile. Nel 2024 più di 60 guardie penitenziarie si sono tolte la vita, l’ultima ad agosto.

«Il carcere oggi non è più la misura estrema usata per i casi più gravi. Esiste anche una quota di grandi criminali, ma lo stress psicologico alla polizia penitenziaria lo crea la grande massa delle persone detenute costituita da persone che affrontano tutti i tipi di povertà, da quella economica a quella sanitaria, fino a quella relazionale ed educativa. Queste persone in carcere non ci dovrebbero essere. Lo stesso vale per persone con disagi psichiatrici, problemi di tossicodipendenza e minori stranieri non accompagnati con passati tragici che ovviamente hanno dei problemi di gestione», aggiunge Susanna Marietti, secondo cui oggi, in assenza di politiche dedicate, tutto il disagio sociale viene scaricato nel carcere.

Le carenze nella penitenziaria

I dati del ministero riportano che per garantire il rapporto previsto di un detenuto e mezzo per ogni agente, nelle carceri italiane manca il 16 per cento del personale. La figura del negoziatore non costituirebbe una nuova recluta nell’organico penitenziario, ma una specializzazione per personale già in servizio da almeno cinque anni.

«Nonostante l’introduzione di questa figura rappresenti un passo avanti nella gestione delle crisi, il problema delle tensioni carcerarie necessita di interventi strutturali più ampi», sostiene Giovanni Battista De Blasis, segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo polizia penitenziaria.

Lo stesso sindacato ha dato notizia della possibile introduzione del negoziatore anche sul proprio canale Instagram. Ma sotto al post dell’annuncio, l’incitazione all’uso della forza da parte di alcuni utenti per sedare i detenuti compare più volte. «L’unica cosa che bisogna fare è: si spengono le telecamere, si spaccano sani sani e si riporta l’ordine in carcere»; «Siete voi che dovete farli neri a prescindere, voi comandate nel carcere, non loro. Se vi fate pestare non lo fate questo lavoro, fate altro, con quella gente non ci si ferma a nulla», si legge in alcuni commenti.

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