Per la Corte le persone bloccate sulla nave Diciotti nel 2018 devono essere risarcite. La premier furiosa. Salvini: «Paghino i giudici». Dura replica della presidente Cassano: «Gli insulti sono inaccettabili». Un confronto inedito che tocca il massimo livello giurisdizionale
La tregua è durata il tempo di un respiro. Il governo ha infatti alzato ancora l’asticella dello scontro istituzionale, ingaggiando uno scontro dai toni inediti con la Cassazione e la sua prima presidente, Margherita Cassano.
All’origine, l’ordinanza delle Sezioni unite civili della Suprema corte che ha accolto il ricorso di un gruppo migranti eritrei trattenuti sulla nave militare Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018 dall’allora ministro dell’Interno del governo Conte, Matteo Salvini. I giudici hanno accolto la richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali patiti dai migranti a causa dell’illegittima restrizione e dunque condannato il governo, ora spetterà alla Corte d’appello di Roma determinare l’ammontare del risarcimento.
Secondo la Corte l’obbligo del soccorso in mare «rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali» che «non possono costituire oggetto di deroga sulla base di scelte e valutazioni discrezionali dell’autorità politica». Nel caso del danno non patrimoniale da lesione di diritti inviolabili, «quel che rileva ai fini risarcitori non è la lesione in sé del diritto ma le conseguenze pregiudizievoli che ne derivano» e la prova «ben può essere offerta anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti» che, nel caso della Diciotti, «risultano particolarmente forti, tanto più per una vicenda dai contorni fattuali chiari come quelli di cui si tratta».
In tutto 36 pagine di ordinanza, redatte da un collegio rafforzato di otto consiglieri più un presidente di Sezione: una composizione scelta nei casi di decisioni su questioni della massima importanza, con lo scopo di esprimere gli orientamenti della Corte. Anche per questo la reazione violenta del governo contro la pronuncia ha spiazzato e provocato la reazione della Cassazione.
Il primo ad attaccare è stato il vicepremier Matteo Salvini, chiamato in causa da una decisione che ha riguardato il suo operato, che ha definito «assurda» rilanciando: che «paghino i giudici di tasca loro, se amano tanto il clandestini». A questo è seguito un intervento ancora più duro da parte della premier, che sui social ha definito il principio risarcitorio applicato dalla Cassazione «assai opinabile» e aggiunto che «non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante».
La reazione di Cassano
Dopo le sentenze dei giudici del tribunale di Roma sui centri in Albania, ora l’esecutivo ha deciso di contestare anche le decisioni della Cassazione. L’attacco è così grave soprattutto nei toni che, dopo qualche ora, è la stessa prima presidente della Corte Margherita Cassano – magistrata pacata ed estremamente attenta al rispetto dei limiti istituzionali – a pubblicare una nota ufficiale durissima. «Le decisioni della Corte di Cassazione, al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica. Sono, invece, inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto». Quattro righe secche, che evidenziano però il livello di tensione provocato da palazzo Chigi. Alla nota di Cassano, tuttavia, la Lega ha risposto con una replica quasi di scherno: «Di inaccettabile c’è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso».
Immediata è arrivata la reazione dell’Anm guidata da Cesare Parodi, che in una nota ha espresso solidarietà ai colleghi e definito l’attacco del governo «ingiustificato, senza alcun rispetto per la separazione dei poteri» e «ancora una volta, il normale ed ordinario esercizio dell’attività giurisdizionale, questa volta anche in sede di legittimità, diventa un pretesto per attaccare frontalmente la magistratura».
Anche il Csm – di cui Cassano è componente di diritto – si è mobilitato in difesa delle prerogative della Corte. «Le sue decisioni – certamente criticabili come ogni decisione giudiziaria – devono essere però rispettate perché a presidio del principio di uguaglianza» e «la Costituzione è un bene comune dei cittadini italiani e deve essere tutelata da tutti gli attori istituzionali», si legge in una nota firmata da tutti e venti i consiglieri togati e dai laici di minoranza. Assenti, invece, le firme dei laici di centrodestra.
A peggiorare il clima, infine, si è aggiunto anche il commento del guardasigilli Carlo Nordio, che ha esplicitato il sottotesto del governo: «La magistratura non guarda oltre il significato e il risultato delle proprie decisioni» e «se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina».
La fotografia di fine giornata è quella di una profonda frattura istituzionale, che investe il massimo livello della giurisdizione trascinandolo nello scontro politico, con il sottinteso che la magistratura debba decidere non valutando i fatti, ma tenendo in considerazione l’opportunità politica. Anche questa volta a provocare la reazione scomposta del governo è la questione migratoria e la linea del centrodestra è sempre la stessa: attaccare la magistratura, definendola complice dei «clandestini» contro i «cittadini». Una caricatura che omette qualsiasi merito giuridico e soprattutto confonde i contorni della realtà.
© Riproduzione riservata