- Anche nei prossimi tre anni, fino al 2025, le indennità parlamentari dei deputati non aumenteranno: una decisione che i partiti alla Camera hanno preso all’unanimità, consolidando una prassi che va avanti dal 2006.
- Eppure i Cinque stelle hanno venduto la decisione come una loro vittoria di partito, sostenendo che per arrivarci hanno dovuto lottare duramente. Ma le cose non sono andate così.
- Il parlamentare di Iv Roberto Giachetti ha denunciato l’accaduto durante un intervento in aula, smentendo quanto ha sostenuto sia il questore M5s Filippo Serra sia il leader Giuseppe Conte.
Anche nei prossimi tre anni, fino al 2025, le indennità parlamentari dei deputati non aumenteranno: una decisione che ha preso all’unanimità l’ufficio di presidenza di Montecitorio, quindi con l’approvazione di tutti i partiti, ma che i Cinque stelle hanno venduto come una loro vittoria di partito. «È una battaglia che ho condotto in seno al Collegio dei questori, è una vittoria del Movimento 5 stelle», ha scritto su Facebook Filippo Scerra, questore del Movimento 5 stelle.
A fargli eco è arrivato nella serata di ieri Giuseppe Conte. Il leader dei grillini ha condiviso sui social un elogio di Scerra, facendo intendere che il Movimento abbia lottato per arrivare alla decisione finale: «In questo paese alla rovescia gli italiani hanno rischiato di vedere gli stipendi dei parlamentari aumentare, con un costo aggiuntivo di 30 milioni all'anno a carico dei cittadini. Non potevamo assolutamente permetterlo. Il M5s con Filippo Scerra, questore M5s alla Camera dei deputati, è stato intransigente e abbiamo fermato quello che sarebbe stato uno schiaffo inaccettabile a tante famiglie in difficoltà».
Eppure le cose non sono andate come raccontano i Cinque stelle. A differenza di quello che trapela dai post, infatti, la decisione presa fa parte di una prassi ben consolidata alla Camera, come confermano fonti della Camera, che sottolineano anche l’unanimità della decisione. L’istituzione blocca l’adeguamento fin dalla presidenza di Fausto Bertinotti, cioè dal 2006. Sono sedici anni dunque che i partiti bloccano l’aumento.
L’adeguamento, di cui si è parlato nell’ambito della discussione del bilancio 2023 e di quello pluriennale 2023-2024-2025, sarebbe stato di 5.500 euro a parlamentare: un costo totale di 30 milioni di euro annui, che Montecitorio ora non dovrà spendere.
L’intervento di Giachetti
A sottolineare il fatto che il Movimento si fosse preso un merito tutt’altro che suo è stato oggi in aula il deputato di Italia viva e segretario d’aula Roberto Giachetti: «È dal 2006 che si prende questa decisione, è una prassi che dura da 16 anni. Ma il Movimento 5 stelle, subito dopo la decisione unanime, ha fatto uscire un comunicato per rivendicare la sua lotta e la sua battaglia per arrivare a quel risultato. Non solo, arrivati alla sera è intervenuto anche Giuseppe Conte, leader M5s, con un messaggio sui social. Dal leader all'ultimo che ha fatto questa cosa, potete essere definiti politicamente con un solo termine: siete miserabili!».
A Giachetti ha risposto il capogruppo grillino Francesco Silvestri, che ha contestato però soltanto l’uso del termine «miserabili», per cui ha chiesto la condanna dalla parte della presidenza.
Insomma, il risparmio (arrivato tra l’altro dopo la conversione della dotazione per la cancelleria in budget per gli acquisti tecnologici dei parlamentari), è da intestare a tutti i partiti, non solo del M5s. Il merito di Scerra, che si definiva «enormemente soddisfatto perché è un’azione coerente con la nostra visione di gestione oculata della cosa pubblica», è quindi solo parziale.
In serata arriva la nota del Movimento che «respinge al mittente le accuse mosse al proprio gruppo parlamentare sull’impegno profuso per impedire l’aumento degli stipendi dei parlamentari.
È un dato di fatto che nel corso della discussione avvenuta in seno al Collegio dei questori sia stato prospettato anche l’automatico adeguamento delle indennità ed è un dato incontrovertibile che il nostro questore, Filippo Scerra, abbia da subito segnalato la necessità di bloccare tale aumento fino alla decisione finale, poi assunta all’unanimità».
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