Ricorrono gli ottant’anni della fondazione della Coldiretti e ciò rende quanto mai utile una breve riflessione sulla stagione che la vide nascere con il contributo fondamentale di Paolo Bonomi e sul suo prodotto “politico-economico” più rilevante, la riforma agraria. Quale è stato allora il ruolo della Coldiretti nella affermazione della Dc e cosa resta oggi di quella riforma?

L’esperienza derivante dalla partecipazione attiva di Paolo Bonomi alla lotta resistenziale, fece da preludio alla grande intuizione di dare vita, nell’ottobre del 1944, alla Federazione nazionale dei coltivatori diretti.

Bonomi colse che stava prendendo piede l’idea dei due popoli, quello che faceva riferimento al “vento del nord” e si poneva come traguardo nel lungo respiro il socialismo e l’altro, quello della costruzione della “normalità democratica” nell’alveo della tradizione cattolica e di un progresso tinto di moderatismo. Il confronto/scontro fra questi due mondi, nelle contese elettorali successive, sarebbe stato violentissimo e connotato da valori simbolici ed emotivi, tutti declinati alla polarità “male/bene”.

Il “terzo popolo”

È alla luce di quest’ultima considerazione, che l’operazione di ingegneria politica avviata da Bonomi rivela una freddezza e una lungimiranza notevolissime: creare le premesse per estrapolare dallo scontro, e successivamente riportarlo al suo interno, un "terzo popolo”.

All’interno di quel vasto pullulante insieme, Bonomi intravvide il pulsare potente di una vasta base sociale ed economica le cui principali caratteristiche consistevano nel lavoro agricolo, nella gestione famigliare del suolo agricolo nei termini che allora venivano definiti “mezzadria”, un segmento ben distinto da quello della grande proprietà fondiaria (fosse essa affidata a singoli o istituzioni) anzi ad esso ostile, con forti radici cattoliche e distribuito su tutto il territorio nazionale.

Bonomi ne intuiva il bisogno di autonomia e un desiderio di riconoscimento che non ne omologasse la natura, una domanda di protezione specifica e ben perimetrata, la richiesta cioè di uno statuto di cittadinanza (economica e civica) fondato su una separatezza, che ne sottolineasse e ne esaltasse l’identità.

È difficile stabilire se questa intuizione di Bonomi nascesse da una chiave di maggior laicità o semplicemente se ciò accadde perché i comunisti erano allora maggiormente gravati da opzioni ideologiche; certo è che muovendo da queste premesse Bonomi inventò il "terzo popolo”, quello delle campagne e lo fece confluire, a livello politico, nella Democrazia cristiana.

La riforma agraria

Un "terzo popolo” che a noi oggi pare la plastica rappresentazione di quel punto di contatto tra la «società civile» e la «società politica» di cui parla Gramsci e che Bonomi avrebbe trasformato in “consenso” facendo un uso sapiente di quanta “forza” era necessaria.

Eppure questa intuizione politica da sola non sarebbe bastata. Ad essere determinante fu una concreta operazione di ingegneria sociale ed economica e cioè la riforma agraria avviata a partire dal 1950.

È a partire dalla riforma agraria che prende corpo nel paese infatti una forte e capillare frammentazione della proprietà agricola e l’elemento paradossale è che tale frammentazione, diverrà uno degli elementi di successo della produzione agricola italiana. Il tutto ha un carattere controintuitivo e a lungo, in particolare nelle accademie, tale estesa frammentazione verrà letta come un elemento regressivo di modernizzazione mancata.

In buona sostanza la riforma voluta da Bonomi, con una chiave di radicalità che va sottolineata, oltre a impedire la concentrazione dei fattori di produzione in poche mani – e quindi favorendo di fatto una dimensione spinta di democrazia economica – ha liberato energie, risorse e potenzialità, riscoprendo ciò che De Rita definisce «lo scheletro agricolo» del paese.

La legge di orientamento del 2001 e la conseguente nascita dell’agricoltura multifunzionale, darà il via a un ulteriore accelerazione dei potenziali cui abbiamo fatto cenno, che tuttavia trovano origine proprio nella riforma agraria voluta da Bonomi.

È solo grazie a questo “oggetto", a questa impronta di destabilizzazione che da vita ad una straordinaria redistribuzione di ricchezza, che il disegno politico di Bonomi si compie.

Il popolo intuito da Bonomi, trova “casa” attraverso quella riforma e un’operazione che diversamente avrebbe interessato solo gli aspetti sovrastrutturali (i valori, l’ideologia, la dottrina sociale della chiesa, l’ovvio anticomunismo, ecc) trova radicamento e durata nel cambiamento della struttura materiale del paese, andando a toccare i modi e gli strumenti della produzione.

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