Puntuale per l’ultima settimana di campagna elettorale, Lega e Fratelli d’Italia possono aggiungere un altro nome alla lista degli avversari che sfideranno idealmente il prossimo fine settimana. L’occasione la offre nel suo intervento per la festa della Repubblica il presidente Sergio Mattarella. Una nota articolata su due piani, europeismo e cura delle istituzioni, entrambi in rotta di collisione con la linea dei due partiti di maggioranza.

«I Padri della Patria erano consapevoli dei rischi e dei limiti della chiusura negli ambiti nazionali e sognavano una Italia aperta all'Europa, vicina ai popoli che ovunque nel mondo stessero combattendo per le proprie libertà» si legge nel messaggio inviato al Capo di stato maggiore della Difesa Giuseppe Cavo Dragone. «Celebrare i settantotto anni della nascita della Repubblica Italiana richiama i valori della nostra identità e di una Costituzione lungimirante e saggia, frutto della straordinaria rinascita che prese le mosse dalla lotta di Liberazione» continua più avanti il testo.

Si tratta di riferimenti per nulla casuali, filtra dal colle più alto, che hanno ricevuto immediatamente l’attenzione dei reali destinatari. Provocando irritazione esplicita nella Lega e sopraccigli alzati meno evidenti tra i meloniani. Mentre infatti la tradizionale parata delle forze armate è appena terminata, il senatore leghista Claudio Borghi decide di impugnare il telefono e formulare un tweet di fuoco per la sua community su X: «È il #2Giugno, è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la Sovranità della nostra Nazione. Se il Presidente pensa davvero che la Sovranità sia dell'Unione Europea invece dell'Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso». Parole che hanno incendiato la celebrazione della festa della Repubblica con tutte le opposizione lanciate a difesa del capo dello Stato con la richiesta a Matteo Salvini di sconfessare il suo candidato all’europarlamento.

Peccato che la smentita non sia arrivata, anzi: «Oggi so che è la festa della Repubblica, c'è la parata militare a Roma con chi si è sacrificato per la sovranità, quindi oggi è la festa degli italiani, della Repubblica. Non è la festa della sovranità europea» ha rincarato la dose il segretario della Lega ospite a Mezz’ora in più. «Noi abbiamo un presidente della Repubblica perché esiste una sovranità nazionale italiana. Io non mi arrenderò mai a un super-stato europeo in cui comandano quelli che hanno i soldi».

Che poi in passato lo stesso leader fosse molto meno di entusiasta di festeggiare l’anniversario del referendum tra repubblica e monarchia sembra ormai passato in secondo piano. Ma in rete torna a circolare puntuale un suo vecchio tweet del 2013 in cui non andava troppo per il sottile: «Notte serena Amici, oggi non c'è un cazzo da festeggiare». Oggi, mettere in competizione Roma e Bruxelles è un messaggio più facile da trasmettere all’elettorato.

I problemi di FdI

Anche la presidente del Consiglio viene chiamata in causa anche sul caso Borghi dal Pd: la segretaria esprime solidarietà e ringrazia Mattarella, chiedendo alla premier di prendere le distanze dall’«attacco gravissimo». Non pago, l’ex no-euro nel pomeriggio rilancia: «Se qualcuno vuole cambiare l'articolo 1 della Costituzione e scrivere che la Sovranità appartiene alla Ue invece che al Popolo non ha che da depositare una proposta di legge Costituzionale. Poi vedremo chi la vota».

In serata arriva invece la solidarietà di Antonio Tajani al presidente della Repubblica: «Siamo italiani ed europei, questa è la nostra identità. Questa è la nostra civiltà. Ogni scelta anti europea è deleteria per l'Italia. Fa bene Mattarella a sottolineare la nostra prospettiva europea. Gli esprimo la mia solidarietà per gli attacchi che ha ricevuto». Ma in un certo senso Meloni dice già la sua già di prima mattina rivolta alle telecamere che l’hanno accolta prima dell’inizio della parata: «Questa festa ci ricorda anche che la prima idea di Europa immaginava che la sua forza, la forza della sua unione, fosse anche la forza e la specificità degli Stati nazionali. Forse dovremmo tornare a quell'embrione di idea europea e di sogno europeo».

In via della Scrofa invece non è piaciuto neanche il riferimento al carattere «lungimirante» della Costituzione che Giorgia Meloni si accinge a ritoccare in maniera drastica. La tensione accumulata con il Quirinale è parecchia, al Colle hanno dovuto assecondare una lunga serie di forzature compiute dal governo. Negli ultimi mesi il combinato disposto della decretazione d’urgenza usata con una certa nonchalance da palazzo Chigi in piena trance agonistica pre-elettorale e i provvedimenti più importanti, su tutti premierato e separazione delle carriere, ha messo a dura prova il rapporto cordiale tra Mattarella e Meloni. A cogliere la palla al balzo sulla riforma costituzionale è Elly Schlein. «Non si può cambiare la forma istituzionale del paese a colpi di maggioranza». Nessuna replica all’accusa della premier che la chiamava in causa sabato sulle parole dello Spitzenkandidat socialista Nicolas Schmit, per il quale i conservatori europei non si muovono secondo criteri non democratici.

«La premier inventerebbe qualunque scusa ogni giorno per distogliere l'attenzione degli italiani dalla questione salariale, dai tagli alla sanità: non sono un jukebox che parla al comando, è lei che deve dare risposte» ha replicato la segretaria, che in serata ha arringato la piazza di Testaccio sul welfare e la pace in Ucraina e medio oriente, da raggiungere con la diplomazia.

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