- Secondo fonti del Quirinale si è messa troppa enfasi sulla firma al ddl giustizia in vista del passaggio d’aula
- Non ci sono precedenti in cui sia stato negato al governo di presentare un disegno di legge alle camere
- Tuttavia è conclamato che il testo, nella sua attuale formulazione, sollevi dubbi di costituzionalità. C’è attesa per come verrà modificato in via parlamentare
In periodi di clamore mediatico e confusione politica, gli occhi tendono ad alzarsi verso il colle più alto. Così il disegno di legge sulla giustizia del guardasigilli Carlo Nordio, controverso in particolare nella parte in cui abroga il reato di abuso d’ufficio, ha riportato il Quirinale al centro di aspettative, dubbi e spifferi. «Firma o non firma?», è l’interrogativo di ogni parte politica, che aspetta che il testo riceva il via libera e attribuisce a questo passaggio un valore simbolico. Che tuttavia l’atto in sè non ha.
Secondo fonti del Colle, infatti, questa firma è stata caricata di un’enfasi eccessiva, per una ragione sintetizzata dall’articolo 87 della Costituzione. Nel caso dei disegni di legge di iniziativa del governo, infatti, il presidente della repubblica «autorizza» la presentazione alle camere. E l’autorizzazione non è un vaglio di costituzionalità: quello avverrà solo quando il disegno di legge verrà approvato dal parlamento e Sergio Mattarella sarà chiamato a promulgarlo, valutandone preliminarmente la rispondenza alla Carta e agli accordi internazionali.
Proprio in forza di questa differenza tecnica, non c’è memoria di casi in cui un presidente abbia rifiutato l’autorizzazione a presentare alle camere un disegno di legge del governo.
Un’autorizzazione che, nel caso del ddl di Nordio, attiverà due iter paralleli: in Senato l’inizio del lavoro in commissione per approvare il disegno di legge; al Consiglio superiore della magistratura la convocazione della Sesta commissione, che si occupa di ordinamento giudiziario ed è chiamata a redigere il parere dell’organo delle toghe. Entrambi delicati, entrambi forieri di polemiche, visto lo scontro già montato al momento del via libera della riforma in consiglio dei ministri.
Il contesto politico
Del resto, a nessuno – e certamente non al Colle - sfugge il contesto con cui questo ddl si presenta. L’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la modifica del traffico di influenze illecite sono due norme che continuano a suscitare dubbi anche all’interno del centrodestra, in particolare sul fronte della Lega, che pure ha votato il testo in cdm. Per questo, se certamente l’opposizione presenterà una pioggia di emendamenti, correzioni sono attese anche da parte della maggioranza e qualche modifica potrebbe essere proposta dal ministero della Giustizia.
In altri termini, il testo di Nordio è tutt’altro che solido e la versione che uscirà dai passaggi d’aula sarà certamente diversa (se lo sarà in modo sostanziale si vedrà nei prossimi mesi) rispetto a quella che ora è sulla scrivania di Mattarella. Proprio per questo i costituenti avevano stabilito che quella del Quirinale alla presentazione dei disegni di legge fosse una mera autorizzazione.
Tuttavia è conclamato che il testo, nella sua attuale formulazione sollevi dubbi di costituzionalità già evidenziati da giuristi e magistratura. La questione politica, dunque, riguarda la maggioranza e quanto ampia sarà la sua disponibilità a correggere il tiro in sede parlamentare, in modo da evitare eventuali rinvii della legge alle camere. Proprio in questo senso potrebbe attivarsi la moral suasion del Quirinale.
La parte più problematica del testo riguarda l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio: fattispecie considerata troppo fumosa e odiata dai sindaci, che secondo Nordio ha dato pessima prova di sè anche a livello processuale, con molto clamore mediatico ma poche condanne. Il rischio di una sua abrogazione tout court invece che una riscrittura del reato, però, è di violare i trattati europei che l’Italia ha sottoscritto. In particolare la Convenzione di Merida contro la corruzione, che impone di prevedere un apparato sanzionatorio che comprenda anche i casi che nel nostro ordinamento ricadono sotto il reato di abuso d’ufficio.
Secondo il ministro la convenzione non contiene un impegno specifico a prevedere il reato e comunque l’apparato penale italiano rimane sufficientemente tutelante, ma questa interpretazione è poco condivisa. Inoltre a contraddirlo potrebbe arrivare la prossima direttiva europea sulla lotta alla corruzione: è in discussione infatti una proposta che impegna gli stati membri a prevedere espressamente il reato di abuse of functions. «L’abuse of functions non corrisponde al nostro abuso d’ufficio. E comunque quello che interessa all’Ue è che l’arsenale repressivo alla corruzione sia efficiente e coerente e ho spiegato al commissario Reiners che il nostro è il più ricco e severo di tutta Europa», ha ribadito anche ieri Nordio dal palco di Piazza Italia, la manifestazione romana di Fratelli d’Italia.
Tuttavia, l’ipotesi che l’abrogazione sia in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione che prevede il rispetto degli obblighi internazionali rimane una questione più che fondata, di cui è consapevole anche la maggioranza.
Anche la norma che prevede la non appellabilità delle sentenze di proscioglimento per reati di contenuta gravità è a rischio. Già nel 2006 la legge Pecorella aveva previsto la stessa inappellabilità (ma in tutti i casi e non solo in quelli meno gravi) e la Consulta la aveva dichiarata incostituzionale.
Il concorso esterno
In questo contesto già di per sé complicato nel settore giustizia, si è aggiunta una ulteriore polemica. In una intervista a Libero, Nordio ha infatti adombrato l’ipotesi di «rimodulare» anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, definendolo «evanescente» e da modificare «secondo i criteri di concorso di persona nel reato». Considerazione non nuova per il Nordio-editorialista e giurista, che sostiene questa esigenza sin dagli anni della sua presidenza del 2002 della commissione per la riforma del codice penale.
Tutt’altro peso, però, hanno le stesse parole pronunciate dal Nordio-ministro: nessuno nel centrodestra intende polemizzare con il guardasigilli, tuttavia, fonti di entrambi i partiti confermano che nè la Lega nè Fratelli d’Italia in questo momento sono intenzionati ad agire in questa direzione. Anche perchè significherebbe aprire l’ennesimo fronte di scontro, su un tema più che scivoloso come la lotta alla mafia, di cui nessuno sente il bisogno.
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