Al sit-in organizzato da Cgil e Uil hanno partecipato molte associazioni come Acli, Legambiente, Ultima Generazione e Libera. Le opposizioni parlano di «ddl liberticida». Ecco tutte le norme più controverse del testo firmato da Piantedosi, Nordio e Crosetto, che ha già ricevuto l’ok della Camera e si appresta a procedere spedito verso l’approvazione definitiva in Senato
Parola d’ordine: pene più severe per chi protesta e per chi manifesta. Questa è la filosofia punitiva dietro il ddl Sicurezza, che va nella direzione già tracciata dal ddl Caivano e porta la firma dell’esecutivo, con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, della Giustizia Carlo Nordio e della Difesa Guido Crosetto. Il testo, che si compone di 38 articoli molto contestati dalle opposizioni, è già stato approvato alla Camera e ora passa al Senato.
Per questo Cgil e Uil hanno organizzato un presidio proprio davanti a palazzo Madama: un fiume di gente, che si è spostata in piazza Navona e che che ha bloccato temporaneamente la circolazione su corso Vittorio Emanuele. Al sit in moltissime bandiere: quelle rosse degli universitari dell’Udu accanto a quelle dei sindacati e dei movimenti, tra cui le Acli, Legambiente, Ultima Generazione e Libera. In piazza c’erano anche i partiti di opposizione con Pd, M5S, Avs e Più Europa. La segretaria dem Elly Schlein ha definito il ddl «liberticida», «che non porta sicurezza ma più repressione» e ha annunciato una dura opposizione parlamentare da affiancare alla «forte mobilitazione sociale» su «norme più repressive del codice Rocco degli anni Trenta».
Norme anti Ghandi
In effetti, il riferimento al codice Rocco calza soprattutto per quanto riguarda le nuove norme che limitano le iniziative di protesta. I punti più discussi del testo, infatti, riguardano la stretta in materia di occupazioni, manifestazione, carcere e cannabis light.
C’è una norma che sembra ritagliata sulle iniziative di protesta degli ambientalisti, tanto da venire ribattezzate norme “anti Gandhi”: il codice già puniva per deturpamento e imbrattamento di cose altrui, ma il ddl Sicurezza amplia la fattispecie al caso in cui sia commesso contro «beni mobili o immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche» e «con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene», e la pena va da sei mesi a un anno e sei mesi di carcere, raddoppiati in caso di recidiva, e con una multa da mille a 3 mila euro.
Un inasprimento riguarda anche i blocchi stradali o sui binari con il proprio corpo: la condotta passa dall’essere un illecito amministrativo a un reato, con una pena di un mese di carcere e 300 euro di multa in caso di un singolo e una pena da sei mesi a due anni se il blocco viene messo in atto da più persone.
Una aggravante, che aumenta la pena fino a un terzo, viene introdotta anche nel caso in cui la violenza o la minaccia nei confronti di un pubblico ufficiale sia commessa «al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o un’infrastruttura strategica». Per esempio, nel caso delle manifestazioni No-Tav o No-Ponte di Messina. Arriva poi anche l’aumento delle pene in caso di danneggiamento in occasione di manifestazioni, nel caso in cui avvenga con violenza alla persona o con minaccia: reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni e la multa fino a 15mila euro.
Occupazioni e daspo
Un’altra stretta riguarda le occupazioni: chiunque occupi o detenga senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui, o ne impedisca l'accesso al legittimo proprietario, è punito con una pena da due a sette anni. La condotta, che pure era già regolamentata, vede anche una aggiunta: il reato verrà contestato anche a chi «si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l'occupazione medesima». Si introduce infine anche una aggravante, nel caso in cui un reato venga commesso vicino o dentro stazioni ferroviarie o metro.
Per una stretta sul dissenso, c’è un allargamento delle libertà per le forze di polizia, che potranno portare senza licenza alcune tipologie di armi quando non sono in servizio, come le pistole. Per contro, la bodycam per gli agenti in servizio sarà solo facoltativa.
Carcere e cannabis
Anche i reati che riguardano le condotte dei detenuti sono stati inaspriti. È stato introdotto il reato di chi in carcere o nei centri di trattenimento e accoglienza per migranti «partecipa a una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da uno a cinque anni». Anche «le condotte di resistenza passiva» sono considerate di resistenza a pubblico ufficiale.
In altre parole, si inibisce così qualsiasi rivendicazione di diritti, anche in modo non violento, da parte dei detenuti: anche il rifiuto di rientrare in cella o la protesta pacifica potranno astrattamente essere sanzionati, con pene molto pesanti. E lo stesso avverrà anche nei Cpr, che formalmente non sarebbero luoghi di detenzione penale ma che, così, il governo equipara al carcere.
Un’altra misura fortemente voluta dalla Lega, che l’ha definita per «le borseggiatrici rom», è quella di cancellare il differimento obbligatorio del carcere per le detenute incinte o madri con figli fino a un anno: il giudice non rinvierà la pena se ravvisa il rischio di recidiva, ma potrà essere scontata solo in istituti a custodia attenuata. Attualmente in carcere, secondo il report di Antigone, vivono 19 donne con i loro 22 bambini.
Infine, il ddl contiene anche la contestatissima norma che equipara la cannabis light oggi in commercio alla cannabis illegale con Thc superiore allo 0,2 per cento. Quindi anche questa non potrà più essere venduta e sarà sottoposta alle sanzioni previste dalla legge del 1990 sugli stupefacenti.
La data da cerchiare in rosso, ora, è quella del primo ottobre, in cui il ddl Sicurezza verrà incardinato nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia. Da questo momento partirà il conto alla rovescia per l’approdo in Aula e la linea espressa dalla maggioranza è quella di procedere a tappe forzate.
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