«Quello in atto è il tentativo di mettere in discussione il diritto d’asilo In Europa». È questo, secondo padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, l’organismo dei gesuiti che storicamente si occupa dell’accoglienza dei rifugiati, il profilo politico dell’operazione realizzata dal governo italiano con il trasferimento dei migranti nei centri costruiti in Albania; del resto, spiega, anche il Regno Unito con la proposta di trasferire chi arrivava sulle coste inglesi in Ruanda, andava nella stessa direzione.

Ma è una gran parte del mondo cattolico ed ecclesiale ad essere in subbuglio per l’avvio delle operazioni di trasporto dei migranti in Albania. «Il fatto che le persone non entrino nel nostro territorio le espone a minori tutele dei loro diritti, è un’azione che incide sulla loro libertà, perché con un artificio legale vengono portate in un paese esterno all’Ue, anche se i centri sono sotto la giurisdizione italiana» dice a Domani padre Ripamonti. «Quando i riflettori saranno meno puntati sull'evento - aggiunge - si rischia che le persone subiscano una riduzione del loro diritto a poter fare una domanda d'asilo».

Il tema di fondo resta quello della contrazione costante delle politiche che favoriscano l‘integrazione e l’assenza di canali di arrivo sicuri, fuori dalla tenaglia dei trafficanti. La notizia poi della sentenza della magistratura italiana che non ha convalidato il trattenimento dei migranti provenienti da Egitto e Bangladesh in Albania, è stata commentata in modo caustico all’agenzia Adnkronos, dal presidente della Fondazione Migrantes (organismo della Cei), mons. Giancarlo Perego: «Avevamo ragione: soldi buttati a mare, il centro torna ad essere vuoto ed era abbastanza ovvio che una procedura così accelerata, senza considerare tutti gli elementi della storia della persona, fosse impugnata da un tribunale, in questo caso quello di Roma».

In precedenza, mons. Perego aveva rilevato come, con l’operazione dei trasferimenti forzati in Albania, ci si trovi davanti ad un «grande spreco di risorse, ad un risultato minimo e speriamo venga presto una condanna anche dalla Corte penale europea e dalla Commissione Ue dei diritti umani». Quindi il presidente di Migrantes aveva parlato di «pagina triste della nostra democrazia che speriamo sia solo una pagina triste per l’Italia e non anche per l’Europa perché se avvalorerà nel 2026 col suo trattato questo tipo di scelta, ne vedremo altre e certamente l’Europa dovrà interrogarsi veramente sulle sue origini cristiane e sulla salvaguardia della dignità delle persone e non fermarsi alle chiacchiere».

Da parte sua, il quotidiano della Cei Avvenire, ha commentato così, in un editoriale dedicato al tema, la sentenza del tribunale di Roma che dava torto al governo sul trattenimento dei migranti: «La Corte di giustizia europea e i giudici nazionali ricordano ai cittadini che la dignità umana in Europa si rispetta in una cornice di civiltà e democrazia. Il caso Albania ci ricorda che i diritti dei deboli non sono mai diritti deboli». La conferenza episcopale italiana sta elaborando una presa di posizione complessiva sulla questione, come annunciato qualche giorno fa dal segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi.

Migranti e reati

Anche la comunità di Sant’Egidio ha espresso critiche severe all’iniziativa del governo Meloni, il presidente dell’organizzazione Marco Impagliazzo, ha infatti osservato: «Mi chiedo quale reato hanno compiuto queste persone che  verranno portate in Albania. Per quale reato saranno detenute? Immigrazione irregolare? Non lo sappiamo ancora, perché dobbiamo ancora interrogarli e sapere le loro storie. Sono cifre che spero resteranno basse ma nel nostro Paese abbiamo centri vuoti che potrebbero servire allo stesso scopo. Creare sempre maggiori ostacoli all’immigrazione farà solo crescere l’immigrazione irregolare ma soprattutto le sofferenze dei migranti. Noi questo non lo vogliamo». 

Sant’Egidio, d’altro canto, è impegnata da anni in uno dei pochi progetti in atto per sostenere un’immigrazione regolare e che punti all’integrazione dei nuovi arrivati, quello dei corridoi umanitari. Per contrastare l’immigrazione irregolare, secondo Impagliazzo, «bisogna allargare il decreto flussi, aprire i corridoi lavorativi e allargare il sistema dei corridoi umanitari proponendolo a tutta l’Europa». E appunto le politiche migratorie prevalenti in Europa costruite sulla paura sono una delle questioni aperte.

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«Negli anni abbiamo costruito il nemico migrante – spiega ancor padre Ripamonti – che ha influito notevolmente anche sugli assetti elettorali; si spostavano infatti i consensi in funzione delle politiche migratorie. Di conseguenza quello che ormai fanno tutti i Paesi è cercare di avere delle politiche molto caute se non eccessivamente prudenti nei confronti dell'immigrazione perché tutti hanno paura di perdere consenso nei confronti dell'opinione pubblica che è stata caricata negli anni con messaggi del tipo: “I migranti sono dei nemici della pace sociale”». «In questo senso pensiamo anche alla comunicazione fatta Salvini - prosegue il religioso - che dice di aver difeso i confini, ma allora diciamo pure che ha difeso i confini da persone che non sono armate che si trovavano sui barconi; in definitiva, anche la retorica rispetto a questa impostazione che ha fatto dei migranti dei nemici, ha contribuito al fatto che in Europa le politiche migratorie fossero sempre più accettate dall’opinione pubblica se improntate alla chiusura e non all’apertura, all’accoglienza e a scelte lungimiranti. Per questo la situazione attuale è figlia di ciò che abbiamo creato nel tempo e ora si fa fatica a cancellarlo, e poi nessuna delle forze politiche è veramente interessata a farlo perché in tal modo si rischia di perdere le elezioni proprio a partire da questi temi».

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