Insofferenza. Questo è il sentimento che pervade i vertici di Forza Italia nelle ultime settimane. Dalla Lega vannacciana di Matteo Salvini agli echi neosovranisti di Giorgia Meloni, è in aumento il nervosismo tra i berlusconiani.

«Quando usi la tua funzione di presidente del Consiglio per polemizzare anche in modo scomposto con avversari politici e fare campagna elettorale a favore di telecamera si pone un problema non da poco. Mai come in questo momento le differenze e il solco dai nostri alleati è profondissimo», dice a Domani un dirigente di Forza Italia che conosce da vicino e stima il suo leader, Antonio Tajani.

Meloni versione Matteo

La campagna elettorale di Meloni è diventata troppo arrembante. La premier, nello stile, segue Matteo Salvini, ai ferri corti da settimane con i forzisti. Un giorno sì e l’altro pure, i due vicepremier si azzuffano a colpi di dichiarazioni. Nell’ultima intervista a La Stampa, Salvini è stato velenoso: «Vannacci arriverà sul podio. Dopo Meloni e Schlein». Uno sberleffo per Tajani, nemmeno menzionato.

Per tutta risposta, il segretario di Forza Italia conferma con nettezza il suo “no” ai sovranisti alla Marine Le Pen. Un messaggio a Salvini, perché Meloni intenda, viste le manovre di avvicinamento tra la presidente del Consiglio e la numero uno dell’estrema destra francese. «Nella nostra campagna elettorale raccogliamo profonda insoddisfazione per questa gestione, sono elezioni proporzionali e si acuiscono le distanze.

Ma gli ultimi mesi segnano una distanza da Meloni e Salvini», è il ragionamento che rimbalza nell’inner circle di Tajani. L’obiettivo è già cerchiato: prendere anche un solo un voto in più della Lega, così da diventare la seconda forza della coalizione. Una personalità di alto rango mette insieme le ragioni: «Siamo non solo il punto di equilibrio e la forza moderata nella coalizione, ma anche l’argine contro la scompostezza che non risparmia neanche il Quirinale».

Il pensiero va alla riforma del premierato che diminuisce i poteri del presidente della Repubblica, al netto del mantra della destra «Non tocchiamo le prerogative del capo dello Stato». Per Meloni è la «madre di tutte le riforme», seguendo il motto «O la va o la spacca», per Forza Italia comincia a essere un problema. Bisogna curare i rapporti con Sergio Mattarella, che di recente ha concesso l’onorificenza di cavaliera del lavoro a Marina Berlusconi, seguendo il solco del padre e fondatore di Forza Italia. Un gesto graditissimo.

Tajani e i suoi ci tengono a essere il punto di caduta del confronto con il Colle, visto che ormai a destra è stato sdoganato un po’ tutto. Basta riavvolgere il nastro al 2 giugno e agli attacchi scomposti della Lega verso il presidente della Repubblica. C’è un ragionamento che ricorre dentro FI: «Anche dal Consiglio dei ministri, dagli interventi, dalle parole usate si registra una forte distanza dagli alleati». Esempi? «Salvini è in continua modalità Papeete, gira con Vannacci che dice castronerie, la X Mas e robe così. Meloni strappa ogni liturgia istituzionale.

Vincenzo De Luca aveva sbagliato enormemente a insultarla, ma una presidente non può organizzare una sceneggiata in favore di telecamera, svilendo la sua funzione per quattro voti. Certe parole non si sdoganano», spiegano dall’area Tajani. Discorsi da campagna elettorale. Sullo sfondo si intravedono comunque intrecci per il futuro. Più di qualcuno scommette che le scorie del voto europeo saranno difficili da smaltire.

Carabinieri e propaganda

Al partito fondato da Berlusconi non è andata giù la baldanza con cui è stato accolto Chico Forti, condannato per omicidio negli Stati Uniti. Meloni lo attendeva come fosse un eroe nazionale, a differenza di Tajani che nemmeno era presente, nonostante da ministro degli Esteri avesse voce in capitolo. In questi ultimi giorni, il segretario di FI si collocherà ancora di più al centro per prendere voti alla concorrenza renzian-boniniana della lista Stati Uniti d’Europa. Ma soprattutto per marcare una differenza dagli alleati.

Da ultimo, alla festa dei Carabinieri, 210 anni dalla fondazione della Benemerita, l’altra sera c’era il presidente della Repubblica, ma mancava lei, la presidente del Consiglio. In tribuna se ne parlava, «Ha preferito l’Albania a noi», sussurrava qualcuno. Meglio la propaganda in un cantiere per un Cpr, che costerà all’Italia quasi un miliardo di euro, piuttosto che la presenza a un evento istituzionale. Al contrario il leader forzista era nel palchetto delle autorità. Dal partito azzurro fanno notare una sottigliezza, che tanto sottile non è. Tajani è andato a La7 per raccontare la propria idea di Europa: la rete bersaglio di aspre critiche da parte di Meloni.

Addirittura ha presenziato a Piazzapulita, per dichiararsi «antifascista», nello studio di Corrado Formigli, che i ragazzi di Atreju hanno indicato come uno dei nemici pubblici nella campagna social. Meloni, per recuperare lo strafalcione del messaggio derisorio rivolto agli ascoltatori di La7, è andata ospite nel tg di Enrico Mentana, alternando risatine a frecciate ai conduttori del canale, i nemici.

E se sono chiare le crepe tra Lega e Forza Italia, che si giocano il ruolo di seconda forza della coalizione, iniziano a crescere le distanze con FdI, principale azionista del centrodestra. A dispetto dei buoni uffici finora mantenuti. «L’auspicio è che le urne ridimensionino tutto e riportino il giusto equilibrio», dice senza giri di parole un altro esponente di FI. Fino a rievocare il vecchio fogliettino di Berlusconi, che di Meloni scriveva: «Supponente, arrogante, e offensiva».

© Riproduzione riservata