La prepagata “una tantum” per le famiglie a basso reddito passa da 440 a 500 euro, ma sarà operativa non prima di settembre. Dal decreto sulle liste d’attesa all’informativa sui flussi migratori fino al bluff dei Cpr in Albania: le ultime settimane di una premier più di lotta che di governo
L’ultimo spot elettorale del governo è la social card “Dedicata a te”. A 48 ore dall’apertura delle urne, il 6 giugno a Palazzo Chigi il ministro dell’Agricoltura e della sovranità – Francesco Lollobrigida – ha annunciato il rinnovo, per il secondo anno di fila, della carta prepagata destinata a famiglie con redditi bassi e figli a carico per comprare beni alimentari di prima necessità, ma anche abbonamenti per i mezzi di trasporto e spese per il carburante. Peccato che entrerà in vigore solo da settembre e che manca ancora il via libera agli sconti da parte dei rappresentanti della grande distribuzione. E che molto probabilmente per motivi di bilancio non verrà prorogata per l’anno prossimo.
Dal decreto per ridurre le liste d’attesa all’informativa sul decreto flussi e all’annuncio di cambiare la Bossi-Fini. Ma anche «TeleMeloni», il siparietto con De Luca, il viaggio spot in Albania e il botta e risposta con Magi: nelle ultime settimane Giorgia Meloni è stata più di lotta che di governo, più impegnata nella campagna elettorale che a guidare l’esecutivo.
Cosa è “Dedicata a te”
Introdotta lo scorso anno per la prima volta, “Dedicata a te” è una carta prepagata destinata a nuclei familiari composti da almeno tre persone, con Isee inferiore ai 15mila euro e residenti in Italia. Sono escluse le famiglie che già percepiscono il reddito d’inclusione o altri tipi di sussidi, compresa l’indennità di disoccupazione.
Quest’anno sarà in versione più ricca, perché si passerà da 440 a 500 euro. L’importo è spendibile entro il 28 febbraio del 2025 e il primo acquisto va fatto entro il 16 settembre 2024, pena la decadenza dal beneficio. Con i 500 euro “una tantum” potranno essere acquistati beni alimentari di prima necessità (escluse le bevande alcoliche), oltre che carburante o, in alternativa, abbonamenti per i mezzi pubblici. Sarà l’Inps, in collaborazione con i comuni, a individuare le famiglie beneficiarie. Secondo le prime stime i beneficiari saranno 1,3 milioni di cittadini e, per finanziare la misura, la manovra ha stanziato 600 milioni di euro, a cui si aggiungono i residui della scorsa finanziaria.
Le criticità
Oltre all’importo erogato, i nuclei beneficiari potranno avere anche uno sconto del 15 per cento sui prodotti acquistati. Ed è questa la prima criticità di una misura volutamente anticipata e annunciata a ridosso del voto europeo. Perché per ora con le sigle della grande distribuzione, cioè dei supermercati, non è stata firmata alcuna convenzione per far scattare lo sconto.
Un secondo elemento di criticità riguarda le tempistiche: la carta è pronta, ma i soldi arriveranno in autunno. Non prima di settembre. Ma nonostante quest’impegno differito, l’annuncio è arrivato a 48 ore dall’apertura delle urne. Il decreto prevede poi uno stanziamento fino a 900mila per promuovere una campagna di comunicazione.
Gli altri spot elettorali
Un’accelerata non casuale. Negli ultimi giorni Meloni si è prodigata in annunci e misure vuote, con logiche più da campagna elettorale che da governo. L’ultimo in ordine cronologico è stato il provvedimento – presentato in conferenza stampa dal ministro della Salute Orazio Schillaci – per abbattere i tempi delle liste d’attesa. È composto da un disegno di legge, rimandato a data da destinarsi, e da un decreto immediatamente operativo.
Peccato che per ora non sono stati stanziati nuovi fondi aggiuntivi e, soprattutto per l’erogazione di prestazioni anche mediante ricorso a privati accreditati, non è chiaro dove si attingeranno le risorse. Il grosso è appaltato alle regioni. Più in generale, Meloni sostiene di aver aumentato i finanziamenti per la sanità pubblica. Ma la smentita è arrivata dalla Banca d’Italia: in rapporto al Pil, nel 2022 l’Italia spendeva in sanità il 6,9 per cento, nel 2023 – il primo vero anno di governo – il 6,3.
Oltre al decreto Schillaci, l’altro tema al centro del Cdm del 4 giugno è stato quello migratorio. In un’informativa di fronte ai ministri, la premier ha detto che dal monitoraggio sul triennio 2023-2025 «emergono dati allarmanti», perché dimostrerebbero che i flussi regolari dei migranti vengono utilizzati come «canale ulteriore di immigrazione irregolare», probabilmente dietro «pagamento di somme di denaro». Per questo – ha aggiunto – occorre modificare la Bossi-Fini. Nel frattempo ha presentato un’esposto alla Procura nazionale antimafia, ipotizzando infiltrazioni criminali della gestione delle domande. Dimenticandosi, però, che l’ufficio guidato da Giovanni Melillo non è dotato di poteri investigativi.
Di lotta, non di governo
Di lotta o di governo? Sicuramente quella delle ultime settimane è una Meloni più di lotta che di governo. A partire dal lancio di «TeleMeloni», con cui la premier ha ironizzato con chi da mesi la accusa di aver occupato la televisione pubblica – «fake news della sinistra» – e con cui ha attaccato opposizioni e telespettatori di La7. C’è stato poi il siparietto con il governatore della Campania De Luca: «Buongiorno presidente, sono quella stronza della Meloni».
Il viaggio in Albania, poi. Dove i Centri per il rimpatrio (cpr), che dovevano esser pronti entro maggio, sono ancora in uno stato embrionale. In Italia Meloni ha puntato tutto sulla creazione di dieci cpr ma, a distanza di nove mesi dall’annuncio, tutto rimane sulla carta e non è neanche chiaro dove verranno edificati. La visita in Albania è stata anche corredata da uno scontro con il deputato e segretario di Più Europa Riccardo Magi. Oltre a un’infelice uscita sui migranti – «Seee, poveri cristi...» – anche l’ironica solidarietà con Magi: «Ti capisco, anche io ne ho fatte di campagne elettorali stando al tre per cento», ha detto polemicamente Meloni, forte dei sondaggi che le sorridono.
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