A Milano un incontro con i rappresentanti dell’impresa, della finanza e dell’università. Organizzano Misiani e una vecchia conoscenza lettiana, Fabrizio Pagani. Voci preoccupate per la perdita della competitività del paese che invocano il piano Draghi in Europa. E chiedono alla segretaria: meno scontri, più riforme bipartisan e più visione del futuro. Fra i presenti Tronchetti Provera, Passera e De Bortoli
Al tavolo con dodici apostoli, apostoli non della capotavola ma del mondo dell’impresa, manufatturiera in particolare, ma anche della finanza, dell’università e dell’intellighènzia milanese. La Ellynomics ha preso forma ieri pomeriggio in una sala riservata di un albergo del centro di Milano. Due ore di confronto denso, dalle 15 alle 17. Elly Schlein ha ascoltato e preso appunti nel suo taccuino militante – reso celebre dal libro che nel tardo pomeriggio ha presentato alla Feltrinelli di piazza Piemonte – concentrata come la studente secchiona che ha raccontato di essere. Fra i presenti l’ex ministro Corrado Passera, Marco Tronchetti Provera e Ferruccio De Bortoli. Ma l’elenco è tenuto copertissimo.
Ogni nome è stato attentamente scelto e selezionato. Non è passato dai canali di partito, almeno non quello di Milano: dove tutti giurano di non saperne nulla. Neanche da quelli del Pd riformista, che in città è un’istituzione, erede di solida e antica tradizione, anche di rapporti con l’imprenditoria. Anche qui nessuno è stato consultato. Ma non c’è rancore, viene giurato: «Se la segretaria ha cercato un confronto con il mondo dell’impresa, ha fatto bene. Poi magari ascolterà anche altri interlocutori, sapremo consigliarla».
L’altra metà del cielo
Filtra poco. Hanno fatto tutto i due organizzatori dell’incontro. Uno è il responsabile economico del Pd Antonio Misiani, che ieri ha staccato il telefono. Negli scorsi mesi per la segretaria ha organizzato il giro delle fabbriche in sciopero. A un certo punto le ha detto che era arrivato il momento di parlare anche all’altra metà del cielo del mondo produttivo: deve studiare da premier. Da qui la presenza di Schlein al Forum Ambrosetti di Cernobbio e poi all’assemblea di Confindustria a Roma. Però ieri gli ambienti confindustriali milanesi dicevano di non sapere nulla dell’appuntamento. Così gli uomini di alcune grandi banche e quelli di alcune grandi coop.
L’altro organizzatore è Fabrizio Pagani, già compagno di scuola di Enrico Letta, poi suo caposegreteria ai tempi del governo Prodi, poi suo consigliere economico ai tempi di palazzo Chigi e ancora capo della segreteria del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Docente a Sciences Po, è stato nel board di alcune società, anche dell’Eni (che però ieri non sarebbe stata ufficialmente rappresentata) e ora siede in quello della Vitale, banca di investimenti: insomma un finanziere di sentimenti riformisti, dunque non vicinissimi alla segretaria. Anzi, nel 2019 ha fondato il think tank Minima&Moralia, oggi fondazione, nata da una chat con ambizione di trust di cervelli tendenza Renzi, con interventi recenti non affettuosi con l’ascesa dell’“intrusa”.
Nella sala dell’albergo milanese, porte chiuse per parole aperte: Schlein vuole capire dove va il mondo dell’economia. Ha raccolto una serissima preoccupazione per Europa e Italia sul tema della perdita di competitività e della scarsa produttività. Inquietudini per le previsioni di crescita del Piano strutturale di bilancio presentato dal governo: numeri sconfortanti.
Qualcuno l’ha invitata ad affrontare temi strutturali, come una strategia per una crescita sostenibile che dia una mano all’equità sociale. Il modello è la Spagna, secondo molti interventi. Schlein ha annuito, su Pedro Sánchez va forte. Sul fronte italiano c’è chi l’ha invitata a prestare attenzione alle imprese, per esempio aumentando i fondi del piano Transizione 5.0, e anche ad attrarre gli investitori stranieri. Fin qui tutto bene.
È piaciuta meno la richiesta di togliere il piede dall’acceleratore dello scontro con Giorgia Meloni: «Meno polarizzazione e più impegno bipartisan». La segretaria ha alzato il sopracciglio. Ma a Bruxelles ci sono nodi che non si posso affrontare in pugnace solitudine, come ad esempio la battaglia per gli investimenti comuni europei. Draghi, Draghi e ancora Draghi. Un nome che spacca il centrosinistra – ma pazienza, in questo momento cos’è che non spacca il centrosinistra? – ma che non convince neanche la premier: insomma deve essere bipartisan con chi? Intanto il Pd non si metterà di traverso alla nascita della nuova Commissione europea.
Finita la riunione, prima della presentazione del suo libro, Schlein è andata dal sindaco Beppe Sala: al Pd piacerebbe che lui fosse il nuovo perno di un centro pacioso, senza risse fra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Anche a Sala non dispiacerebbe: ma le ha confessato di essere ormai pessimista.
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