Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan «ha ringraziato la premier italiana Giorgia Meloni per il suo approccio a sostegno del concetto di famiglia, che dà priorità ai valori della famiglia tradizionale contro i sostenitori degli lgbt». È un passaggio della nota della presidenza turca, dopo un colloquio telefonico incentrato sulla crisi in Medio Oriente, destinato a far discutere. Arriva nel giorno in cui il Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia per l’inefficienza dell’Unar, l’ufficio antidiscriminazioni interno al Dipartimento pari opportunità della presidenza del Consiglio.

«Sui diritti civili l’Italia è diventata un modello per i satrapi. I complimenti del Presidente turco Erdogan per come il governo Meloni tratta la comunità Lgbtq+ rappresentano una pubblica umiliazione per il nostro Paese – scrive l’europarlamentare M5S Caterina Morace –.  La Turchia è nota per le manifestazioni omofobe sponsorizzate dal partito di Erdogan che nel 2023 aveva definito la comunità Lgbtq+ come perversa. Dopo le sue congratulazioni ci aspettiamo adesso i messaggi di Khamenei, dei talebani o di qualche mullah. Le leggi italiane ormai fanno scuola solo in questi ambienti».

La Turchia di Erdogan è molto dura con la comunità lgbt+. La retorica del governo tende a criminalizzare gli appartenenti alla comunità e manifestazioni come il Pride sono vietate per motivi di «sicurezza pubblica», spesso disperse con la violenza della polizia e la repressione.

L’atteggiamento del governo italiano verso la comunità lgbt non è ambiguo. Non molto tempo fa, nel giugno 2022, Meloni ribadiva sui social concetti come «sì alla famiglia naturale, no alle lobby Lgbt». Fuori dai social, sono i passaggi politici della destra a contare: indimenticabile l’esultanza dopo l’affossamento del ddl Zan sull’aggravante omotransfobica, ma anche lo stop alle registrazioni dei figli delle famiglie Arcobaleno, la gestazione per altri “reato universale”, pratica associata nel dibattito alle coppie gay quando invece 9 volte su 10 a farne ricorso sono coppie etero.

L’anno scorso il governo di Giorgia Meloni si era sfilato dal gruppone dei 15 paesi Ue che censuravano la legge contro la «promozione dell'omosessualità» dell’Ungheria di Viktor Orbàn, contro cui la Commissione Ue aveva promosso un procedimento alla Corte di Giustizia europea. 

Del resto l’Italia di Giorgia Meloni sarebbe più omofoba dell’Ungheria di Viktor Orbán, secondo la Rainbow Map, pubblicata dalla ong Ilga Europe, che classifica in base agli sviluppi legislativi 49 paesi di Europa e Asia.

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