In Liguria, tra pochi mesi, si vota dopo lo scandalo giudiziario che ha travolto il presidente della regione, Giovanni Toti. A pochi giorni dall’annuncio delle dimissioni arriva un regalo inaspettato per le destre. Uno dei maggiorenti del Pd, David Ermini, ha pensato bene di accettare l’incarico di presidente della holding Spinelli (Spininvest), gli imprenditori registi del presunto sistema di mazzette.

Una scelta che ha spaccato gli stessi democratici, ma che racconta la propensione della politica a passare senza troppi problemi da incarico a incarico, dalla politica agli affari. E che affari.

«È una figura di garanzia che vuole mettere ordine nel gruppo, salvaguardare i posti di lavoro e segnare un cambio di passa, nulla più», spiega chi gli è vicino. Scelta assolutamente legittima, ma che ha lasciato letteralmente basiti i dirigenti, che gli hanno chiesto di rinunciare all’incarico, e la base democratica della Liguria.

Dopo le polemiche, Ermini ha preferito fare un passo indietro dalla Direzione nazionale del partito: «Ho parlato con Stefano Bonaccini, quello in Spininvest è un incarico professionale ma se deve essere strumentalizzato per mettere in difficoltà il Pd, allora lascio la Direzione», ha dichiarato.

I presunti corruttori

Toti si è dimesso da presidente della Liguria dopo aver trascorso due mesi agli arresti domiciliari perché indagato per corruzione.

L’inchiesta della procura, siamo solo nella fase delle indagini preliminari, ha svelato una commistione tra professionisti e politici, tra incontri in barca e un confidenziale ‘tu’ tra poteri che dovrebbe mantenere distanza e autonomia.

Una bufera che avrebbe dovuto spianare la strada al Pd in vista delle prossime elezioni. Avrebbe dovuto, perché è un macigno la scelta di Ermini di accettare l’incarico di presidente della holding della famiglia Spinelli, i presunti corruttori del governatore che ricevevano in amabili incontri in barca. Proprio per Toti e per Aldo Spinelli, magnate della logistica portuale, la procura ligure ha chiesto il giudizio immediato.

Il centrodestra cerca disperatamente un candidato civico, è quasi certo di perdere, mentre il Pd ha puntato sull’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha parlato dell’esigenza di rompere con il sistema Toti e Bucci, riferendosi al sindaco di Genova che non è indagato, ma che ha ricevuto dalla fondazione di Toti soldi per la campagna elettorale.

L’ex ministro del Pd con queste parole ha escluso i renziani dalla partita, visto che sostengono nel capoluogo ligure proprio la giunta delle destre. Ma è un altro renziano pentito a inguaiare il sogno di Orlando mettendo in ombra l’annunciata diversità.

Nonostante la presa di posizione del partito locale, che ha parlato di scelta inopportuna, e del candidato presidente che lo ha chiamato chiedendogli un passo indietro, Ermini, che tra i democratici è una figura di spicco, non ha voluto rinunciare al nuovo incarico. E dopo aver lasciato la Direzione del Pd, ha parlato di «sincero stupore e amarezza per le strumentalizzazioni che sono state fatte e che continuano sul mio ruolo nella direzione nazionale. Non avrei mai pensato che assumere un incarico professionale potesse suscitare imbarazzi, che risentono evidentemente della situazione e del clima a Genova e in Liguria. Per questo, poiché non voglio creare alcuna difficoltà al Pd ho riferito al presidente Bonaccini che lascerò la Direzione Nazionale».

La sua scelta interroga pesantemente il partito che predica diversità prima di restare spiazzato dai ripetuti casi di cavalli di Troia interni. Chi è Ermini?

Dal Csm alla Orlandi

Ermini è stato deputato del Partito democratico, responsabile giustizia dei dem quando padre padrone del partito era Matteo Renzi. Anche Ermini era renziano doc, ora una controversia legale li ha divisi: lo scontro, con l’annuncio di una querela per diffamazione, ruota attorno al ruolo di vice presidente del Csm, l’organo di autogoverno della magistratura, ricoperto da Ermini durante la bufera Palamara, ossia l’ex pm poi radiato dalla magistratura. In particolare l’alterco a colpi di carte bollate riguarda specificamente il caso Amara, le carte dell’indagine e la distruzione dei documenti.

Tra i tanti incarichi l’ex onorevole democratico è stato anche commissario del partito in Liguria nel 2015 dopo la sconfitta alle regionali che avevano visto vincitore proprio Giovanni Toti.

Ermini, che oggi fa l’avvocato, non è rimasto fuori da ruoli importanti per conto del Pd: è componente della direzione scelta dalla nuova segretaria, Elly Schlein, consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi ed è tra i legali dei deputati del Pd che si sono costituti parte civile nel processo a carico di Andrea Delmastro Delle Vedove, il sottosegretario meloniano alla Giustizia, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per aver svelato il contenuto di un’informativa riservata sulle visite ricevute in carcere dall’anarchico Alfredo Cospito.

L'assemblea dei soci di Spininvest srl ha nominato oltre a Ermini anche Vittorio Gattone e Nicola Scodnik come consiglieri. Le pressioni del Pd per un passo indietro dell’ex numero due del Csm sono cadute nel vuoto: Ermini resta saldamente sulla tolda di comando del colosso degli Spinelli.

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