«Ovunque insieme. Ti amo topolina mia». Questa dichiarazione d’amore senza confini è comparsa alcuni giorni fa sull’account Instagram ufficiale di Giorgia Meloni sotto una fotografia che la ritraeva assieme alla figlia Ginevra all’arrivo all’aeroporto di Pechino, tappa del suo viaggio in Cina.

Che famiglia e maternità rappresentino punti qualificanti della proposta politica della premier italiana è noto, tanto da essere presenti nelle sue triadi identitarie «Dio, patria e famiglia», «sono una donna, sono una madre, sono cristiana».

Non è la prima volta che Meloni posta un’immagine di sé insieme alla figlia. Ma il post segna indubbiamente un passo in avanti nella strategia di esibizione dei sentimenti e della vita privata della premier. 

Ritorno agli affetti

Meloni, che anche per ragioni anagrafiche fa parte assieme a Matteo Salvini e Matteo Renzi della nuova generazione di leader digitali italiani, ha più volte usato i social per affrontare questioni e diffondere immagini familiari e personali.

La foto con la madre, durante la campagna elettorale del 2022, la pubblica lettera di benservito al compagno Andrea Giambruno dopo i fuorionda di Striscia la notizia. E addirittura un sondaggio per decidere il nome da dare al gatto.

In molte occasioni la premier ha invocato privacy e riservatezza, soprattutto a tutela della figlia Ginevra. Ma evidentemente, davanti alle molteplici difficoltà registrate nelle ultime settimane sul fonte europeo (elezioni di Ursula von der Leyen, nascita del nuovo gruppo di estrema destra Europa delle nazioni sovrane, la relazione della Commissione Ue sullo stato di diritto in Europa) e internamente alla maggioranza, la strategia social della premier ha deciso di  virare sulla dimensione affettiva e intima a discapito di quella istituzionale.

Una dimensione che, al contrario, aveva contrassegnato la recente campagna elettorale europea nel corso della quale i responsabili della sua comunicazione avevano attivamente lavorato per costruire una visual identity da statista, con foto ufficiali, posture austere, atteggiamenti istituzionali, arrivando a costruire un brand visivo di Meloni, giocando su dettagli del suo volto quali i capelli, gli occhi, il sorriso.

Prima dei social

È verto che, anche prima dell’avvento dei social network, non erano mancati casi di uso politico degli affetti e di esposizione della famiglia. Il primo, risalente addirittura agli albori della nostra Repubblica, è il manifesto di casa Savoia per il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, con la fotografia in bianco e nero della famiglia reale al completo.

Nello scatto di Federico Patellani, uno dei maestri del fotogiornalismo italiano, il re d’Italia Umberto II, compare in abiti civili assieme alla moglie Maria Josè del Belgio e ai 4 figli informalmente seduti su un prato nei giardini del Quirinale. Niente troni, stemmi né, tantomeno, corone, divise o uniformi. Un sereno ritratto familiare per cercare di cambiare l’immagine della monarchia uscita malconcia dal Ventennio fascista e dalla guerra.

Al di là di questa clamorosa eccezione, l’austera morale e i rigidi i codici comportamentali della Prima repubblica non consentivano ai politici l’esibizione degli affetti e della famiglia. Una linea di condotta rispettata sia sul fronte comunista sia su quello democristiano.

Così quando ad Aldo Moro è stata proposto uno scatto ispirato a una famosa immagine del fotografo Alan Stanley Tretick, con John Kennedy nello studio ovale e il figlio John junior che faceva capolino da sotto la scrivania, Moro ha rifiutato sostenendo che i figli dovevano essere lasciati fuori.

ANSA

Palmiro Togliatti compare brevemente in compagnia di Nilde Iotti e della figlia adottiva Marisa Malagoli in un cinegiornale degli anni ’50 dedicato alle vacanze dei politici. Ma è noto che la vicenda familiare del Migliore creò mugugni anche all’interno del partito. Dal che meglio non esibirla.

I presidenti della Repubblica

Anche i presidenti della Repubblica, figure che istituzionalmente sarebbero state più legittimati a mostrare la loro dimensione familiare, se ne sono sempre ben guardati. A eccezione di Giovanni Leone, la cui consorte Vittoria e i figli vennero mostrati con una certa continuità e finirono per fare notizia, anche se non sempre nella direzione voluta.

La maggiore visibilità della famiglia Craxi negli anni 80 è il segnale che qualcosa sta cambiando. Ma sul finire di quel decennio le foto di Elisabetta Catalano degli appassionati baci fra l’allora segretario del Partito comunista Achille Occhetto e Aureliana Alberici nella “dacia di Capalbio” pubblicate sul Venerdì suscitano un putiferio. Per nulla placato dalla dichiarazione che si trattava di scatti rubati.

Con il crollo della Prima repubblica si varca la soglia e si entra nel retroscena. Famiglia e affetti iniziano a essere esibiti dai protagonisti della politica a fini elettorali. Berlusconi con mamma Rosa, papà Luigino, mogli e figli nel rotocalco familiare politico Una Storia italiana, inviato in occasioni delle elezioni del 2001 a 18 milioni di famiglie italiane.

ANSA

Sergio Chiamparino ritratto con il figlio in un manifesto per le comunali di Torino del 2001, il candidato alla presidenza della regione Puglia Nichi Vendola con la madre nel 2005, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini per le elezioni europee del 2009, ritratto in bianco e nero mentre gioca con il suo bambino seduto su un prato di una villa romana. Quando si dice il caso.

Tutto cambia con l’avvento dei social network, che impongono un netto cambio di stile e registro comunicativo a tutti gli abitanti della nuova sfera pubblica digitale. Siano sportivi, cantanti, politici o signor nessuno. È il tempo delle affective audiences. Comunità virtuali aggregate e tenute assieme a colpi di like, affetti, emozioni e la condivisone della sfera personale. Cosi quando lo standard istituzionale e il fronte politico risultano un po’ problematici, si vira rapidamente sul privato.

Per la cronaca, nonostante i suggerimenti a favore di Benny o Almy alla fine il gatto di Meloni si è chiamato Martino.

© Riproduzione riservata