Una partita tutta aperta quella di Ferrovie dello stato, che intanto mette a consuntivo un aumento degli investimenti e del numero dei passeggeri. Un punto di partenza per capire su quali binari si muoveranno i treni del futuro. Di sicuro le attese nomine primaverili si sono trasformate in estive: arriveranno a fine giugno quando la tempesta delle europee sarà passata. La dottrina di Giorgia Meloni è stata quella di andare avanti con cautela, evitando strappi con gli alleati in piena campagna elettorale.

La definizione dei vertici delle società pubbliche è sempre un’operazione lacerante. Un ruolo nella vicenda è ricoperto senza dubbio dai due grandi consiglieri della leader di Fratelli d’Italia, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Ma Matteo Salvini, da ministro dei Trasporti, deve avallare la scelta. Meloni – che ha molta stima di Ferraris – potrebbe imporsi, ma fino a un certo punto.

L’ad in carica, Luigi Ferraris, resta un nome forte. A spingere la conferma ci sono i risultati ottenuti negli ultimi tre anni, un periodo molto delicato che ha coinciso con la prima fase post Covid. Ferraris, manager scelto da Mario Draghi, sarebbe la garanzia della continuità. Avrebbe tra le mani l’attuazione dei progetti del Pnrr, già “messi a terra” in questi anni a villa Patrizi (sede della società). Certo, al manager non mancano richieste. Le indiscrezioni raccontano di un corteggiamento del fondo Kkr per affidargli la guida di Netco, la società dell’infrastruttura di Tim.

Se dovesse cedere alle lusinghe del fondo statunitense, spalancherebbe la strada a Stefano Donnarumma, ex ad di Terna, da sempre apprezzato dalla premier, indicato come altro valido candidato al ruolo di comando della holding di Ferrovie. Era stato accostato a Enel nel giro di nomine dello scorso anno. Alla fine la scelta è ricaduta su Flavio Cattaneo, ma la stima verso il manager è immutata. Salvini, soprattutto, da qualche mese stravede per il dirigente stimato un tempo pure dai grillini: con una mossa del cavallo potrebbe fare proprio lui il nome di Donnarumma a Meloni.

Diverso il discorso per la presidenza, dove è indicata in uscita la presidente Nicoletta Giadrossi a favore di un nome di spessore che, secondo il Foglio, dovrebbe essere l’attuale ragioniere dello stato, Biagio Mazzotta. Un’operazione che consentirebbe di liberare una casella fondamentale nello scacchiere del ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti. Equilibri delicati, appunto, che hanno richiesto un supplemento di riflessione. A Domani risulta che per la poltrona qualcuno ha pensato anche al comandante generale dei carabinieri Teo Luzi, in scadenza tra pochi mesi. Ma le sue quotazioni sono in ribasso.

Ripartenza post Covid

Ferraris può far leva su una serie di numeri ottenuti nel suo triennio da amministratore delegato di Fs. In particolare c’è stato l’aumento dei passeggeri anche rispetto all’èra pre Covid: più tre per cento di viaggiatori sugli Intercity e un salto del 5 per cento sull’Av in confronto al 2019, quando il coronavirus era sconosciuto. In confronto al 2020, l’anno nero dei trasporti, l’incremento è esponenziale: il numero dei passeggeri ha fatto registrare un incremento del 158 per cento sugli Intercity e del 211 per cento per quanto riguarda l’Alta velocità.

L’emergenza sanitaria ha favorito un ricambio generazionale tra gli oltre 91mila dipendenti del gruppo Ferrovie. L’età media è calata da 45 a 42 anni. Di pari passo c’è stata la volontà di innovare con l’installazione del segnale 4G nelle gallerie dell’alta velocità. A fare da contraltare alla tecnologia, il potenziamento dall’altra parte del turismo lento, grazie agli appositi treni che attraversano i paesaggi dell’Italia. Spesso poco conosciuti.

Il quadro generale consegna, insomma, dei treni più funzionali. La sfida riguarda adesso la capacità di ulteriore rinnovamento. Per questo motivo dopo la fine della pandemia è stato compiuto uno sforzo imponente sul fronte degli investimenti, sull’onda delle risorse provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che rappresentano un’opportunità – in caso di successo – ma anche un fattore di rischio se le risorse non fossero spese in maniera adeguata. Agli atti resta che dal 2021 alla fine dello scorso anno, la somma movimentata è stata di circa 40 miliardi di euro.

Un’impennata arrivata proprio nel 2023: sono stati messi in campo 16 miliardi di euro in 12 mesi. L’attuale leadership della holding del gruppo Ferrovie ha siglato infatti contratti di programma con il governo per favorire l’adeguato impiego delle risorse e recuperare il tempo perso durante il Covid. E al polo infrastrutture (uno dei quattro poli dell’azienda), in questa direzione, spetta il compito più delicato: mettere nero su bianco i progetti e dunque realizzare le grandi opere ferroviari. Attraverso questo polo sono state preparate quasi 1.200 gare con un giro economico di 53 miliardi di euro.

Intermodalità

La partita del futuro corre sulla strategia dell’intermodalità, dell’integrazione tra diversi tipi di trasporto. La necessità è di unire gli spostamenti su gomma a quello sui treni con un occhio alla sostenibilità. Un esempio arriva dalla Calabria: da luglio hanno iniziato a viaggiare alcuni treni alimentati con il biocarburante hvo, quello che alimenta il nuovo treno ibrido con un mix di elettrico, diesel e batterie. Più in generale il target del gruppo è di raggiungere, seguendo l’attuale programma, la carbon neutrality (emissioni zero) entro il 2040.

Ferraris ha mostrato una propensione all’internazionalizzazione con l’avvio dell’alta velocità in Spagna, tramite l’operatore ferroviario Ilsa, oltre che nel trasporto pubblico locale in Germania, con la controllata tedesca Netinera, e in quello dei bus in Olanda. Una serie di cifre e fatti che a palazzo Chigi hanno annotato per fare le proprie valutazioni in vista delle nomine. Ma saranno pure gli equilibri politici post-voto ad essere dirimenti.

Una partita tutta aperta quella di Ferrovie dello stato, che intanto mette a consuntivo un aumento degli investimenti e del numero dei passeggeri. Un punto di partenza per capire su quali binari si muoveranno i treni del futuro. Di sicuro le attese nomine primaverili si sono trasformate in estive: arriveranno a fine giugno quando la tempesta delle europee sarà passata. La dottrina di Giorgia Meloni è stata quella di andare avanti con cautela, evitando strappi con gli alleati in piena campagna elettorale.

La definizione dei vertici delle società pubbliche è sempre un’operazione lacerante. Un ruolo nella vicenda è ricoperto senza dubbio dai due grandi consiglieri della leader di Fratelli d’Italia, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. Ma Matteo Salvini, da ministro dei Trasporti, deve avallare la scelta. Meloni - che ha molta stima di Ferraris - potrebbe imporsi, ma fino a un certo punto.

L’ad in carica, Luigi Ferraris, resta un nome forte. A spingere la conferma ci sono i risultati ottenuti negli ultimi tre anni, un periodo molto delicato che ha coinciso con la prima fase post Covid. Ferraris, manager scelto da Mario Draghi, sarebbe la garanzia della continuità. Avrebbe tra le mani l’attuazione dei progetti del Pnrr, già “messi a terra” in questi anni a villa Patrizi (sede della società). Certo, al manager non mancano richieste. Le indiscrezioni raccontano di un corteggiamento del fondo Kkr per affidargli la guida di Netco, la società dell’infrastruttura di Tim.

Se dovesse cedere alle lusinghe del fondo statunitense, spalancherebbe la strada a Stefano Donnarumma, ex ad di Terna, da sempre apprezzato dalla premier, indicato come altro valido candidato al ruolo di comando della holding di Ferrovie.

Era stato accostato a Enel nel giro di nomine dello scorso anno. Alla fine la scelta è ricaduta su Flavio Cattaneo, ma la stima verso il manager è immutata. Salvini, soprattutto, da qualche mese stravede per il dirigente stimato un tempo pure dai grillini: con una mossa del cavallo potrebbe fare proprio lui il nome di Donnarumma a Meloni.

Diverso il discorso per la presidenza, dove è indicata in uscita la presidente Nicoletta Giadrossi a favore di un nome di spessore che, secondo il Foglio, dovrebbe essere l’attuale ragioniere dello stato, Biagio Mazzotta. Un’operazione che consentirebbe di liberare una casella fondamentale nello scacchiere del ministero dell’Economia guidato da Giancarlo Giorgetti. Equilibri delicati, appunto, che hanno richiesto un supplemento di riflessione. A Domani risulta che per la poltrona qualcuno ha pensato anche al comandante generale dei carabinieri Teo Luzi, in scadenza tra pochi mesi. Ma le sue quotazioni sono in ribasso.

Ripartenza post Covid

Ferraris può far leva su una serie di numeri ottenuti nel suo triennio da amministratore delegato di Fs. In particolare c’è stato l’aumento dei passeggeri anche rispetto all’èra pre Covid: più tre per cento di viaggiatori sugli Intercity e un salto del 5 per cento sull’Av in confronto al 2019, quando il coronavirus era sconosciuto.

In confronto al 2020, l’anno nero dei trasporti, l’incremento è esponenziale: il numero dei passeggeri ha fatto registrare un incremento del 158 per cento sugli Intercity e del 211 per cento per quanto riguarda l’Alta velocità.

L’emergenza sanitaria ha favorito un ricambio generazionale tra gli oltre 91mila dipendenti del gruppo Ferrovie. L’età media è calata da 45 a 42 anni. Di pari passo c’è stata la volontà di innovare con l’installazione del segnale 4G nelle gallerie dell’alta velocità.

A fare da contraltare alla tecnologia, il potenziamento dall’altra parte del turismo lento, grazie agli appositi treni che attraversano i paesaggi dell’Italia. Spesso poco conosciuti.

Il quadro generale consegna, insomma, dei treni più funzionali. La sfida riguarda adesso la capacità di ulteriore rinnovamento. Per questo motivo dopo la fine della pandemia è stato compiuto uno sforzo imponente sul fronte degli investimenti, sull’onda delle risorse provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che rappresentano un’opportunità – in caso di successo – ma anche un fattore di rischio se le risorse non fossero spese in maniera adeguata. Agli atti resta che dal 2021 alla fine dello scorso anno, la somma movimentata è stata di circa 40 miliardi di euro.

Un’impennata arrivata proprio nel 2023: sono stati messi in campo 16 miliardi di euro in 12 mesi. L’attuale leadership della holding del gruppo Ferrovie ha siglato infatti contratti di programma con il governo per favorire l’adeguato impiego delle risorse e recuperare il tempo perso durante il Covid.

E al polo infrastrutture (uno dei quattro poli dell’azienda), in questa direzione, spetta il compito più delicato: mettere nero su bianco i progetti e dunque realizzare le grandi opere ferroviari. Attraverso questo polo sono state preparate quasi 1.200 gare con un giro economico di 53 miliardi di euro.

Intermodalità

La partita del futuro corre sulla strategia dell’intermodalità, dell’integrazione tra diversi tipi di trasporto. La necessità è di unire gli spostamenti su gomma a quello sui treni con un occhio alla sostenibilità.

Un esempio arriva dalla Calabria: da luglio hanno iniziato a viaggiare alcuni treni alimentati con il biocarburante hvo, quello che alimenta il nuovo treno ibrido con un mix di elettrico, diesel e batterie. Più in generale il target del gruppo è di raggiungere, seguendo l’attuale programma, la carbon neutrality (emissioni zero) entro il 2040.

Ferraris ha mostrato una propensione all’internazionalizzazione con l’avvio dell’alta velocità in Spagna, tramite l’operatore ferroviario Ilsa, oltre che nel trasporto pubblico locale in Germania, con la controllata tedesca Netinera, e in quello dei bus in Olanda. Una serie di cifre e fatti che a palazzo Chigi hanno annotato per fare le proprie valutazioni in vista delle nomine. Ma saranno pure gli equilibri politici post-voto ad essere dirimenti.

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