- Fratoianni si prepara ad affrontare le critiche interne nell’assemblea nazionale di sabato prossimo. E a rilanciare: nel 2023 congresso «costituente» anche per Sinistra italiana.
- Nel Lazio Europa Verde in pressing per il sì a D’Amato, nonostante la questione dell’inceneritore.
- Silenzio del Pd sul caso dell’ex sindacalista. Parla invece Azione, in difesa del metodo garantista: «Si vuole eliminare l’avversario per via giudiziaria».
La sinistra rossoverde pensa a un «congresso costituente», più o meno come il Pd, anche se in scala. Il fatto è che i presunti guai giudiziari della famiglia di Aboubakar Soumahoro, che resteranno per un bel pezzo tutti da dimostrare, sono diventati subito imbarazzi politici per l’alleanza fra Europa Verde e Sinistra italiana grazie alla quale l’ex sindacalista è stato eletto alla camera.
Domenica scorsa Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni si sono presentati in coppia su Rai Tre, alla trasmissione condotta da Lucia Annunziata, con l’idea di chiudere il caso, almeno per quanto li riguarda. Bonelli si è dichiarato «profondamente turbato» dalla vicenda, e «colto alla sprovvista». Stessa linea per Fratoianni, che respinge al mittente le accuse, provenienti dal suo partito, di essere stato informato di eventuali «opacità» dell’operato della famiglia di Soumahoro prima della presentazione delle liste: «Se qualcuno sapeva di illeciti, doveva andare in procura». Ora, il problema, ammette, è «mettere in sicurezza le giuste lotte per i diritti dei migranti» su cui, il «cortocircuito del caso» rischia di gettare «ombre e difficoltà».
La vicenda giudiziaria, che allo stato coinvolge solo la suocera di Soumahoro, Marie Therese Mukamitsindo, farà la sua strada. Lunedì dalla procura di Latina è filtrato un altro scampolo di informazione sull’inchiesta: a lei sarebbero contestati i reati di truffa aggravata e false fatturazioni nella gestione di due cooperative. La Guardia di Finanza si sta occupando delle denunce dei lavoratori delle coop per mancato pagamento degli stipendi.
Ma questa è un’altra storia, che la coppia Bonelli-Fratoianni cerca di separare dalla vicenda politica. A difendere la loro buona fede è intervenuta delle madri nobili della sinistra, Luciana Castellina: «Allo stato attuale Aboubakar non ha alcuna imputazione», ha risposto ai cronisti, «le cose che sono venute fuori adesso nessuno le conosceva. Purtroppo la condizione dei migranti è tale che può succedere di tutto. Ma lui non c’entra niente, non è il titolare della cooperativa» all’attenzione dei pm.
Soumahoro, invece, non risponde, forse finalmente consigliato da un avvocato. Dopo l’autosospensione dal gruppo rossoverde della camera, non risulta che mediti le dimissioni da deputato. Fatto che offrirà alla Lega e Fdi l’occasione di attaccare lui e i suoi compagni a tempo indeterminato. L’obiettivo grosso è il sistema dell’accoglienza dei migranti e dell’integrazione dei richiedenti asilo, già messo a suo tempo in ginocchio dal primo governo Conte.
Lunedì Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia, ha annunciato un’interrogazione sui presunti «addebiti a Soumahoro». Che fin qui non ci sono, appunto, ma vengono evocati per dire «basta con il business delle cooperative dell’accoglienza».
Si, allarme rosso
Dentro Sinistra italiana l’allarme è, neanche a dirlo, rosso. Una mano arriva dall’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, indipendente nel gruppo Pd: chiede sui social ai compagni di «stoppare lo spettacolo» per «uscirne più forti», «la caduta degli Dei è sempre una occasione per gli uomini. Per ritrovare la dimensione umana come ambito collettivo, senza leader salvifici da santificare e sacrificare a seconda del vento e dell’opportunità. Meno copertine, più lavoro minuto di ricostruzione materiale».
Ma non è semplice. Una figura scelta per la sua forza mediatica, non l’unica peraltro, si è rapidamente trasformata in una figuraccia politica. Sabato prossimo Fratoianni riunirà l’assemblea nazionale di Si. Il «nodo Abou» verrà al pettine: il segretario dovrà rispondere politicamente ai dirigenti che gli chiedono di assumersi, con la scelta di candidare l’attivista sindacale nelle proprie liste, la responsabilità – tradotto, dimettersi – di aver prodotto «un immenso danno di immagine a Sinistra Italiana, a quanti si battono tutti i giorni contro la piaga del caporalato, a chi è impegnato con correttezza e generosità nel settore dell’accoglienza».
Al di là del complicato ginepraio interno (fra i firmatari, per esempio, risultano anche dirigenti che sono contemporaneamente attivisti dell’associazione Coordinamento 2050, in teoria non c’è incompatibilità politica ma è un fatto che si tratti di una formazione schierata apertamente con i Cinque stelle), Fratoianni si prepara a rispondere, secondo chi gli è vicino, che «i nostri elettori hanno capito perfettamente la nostra buona fede. E hanno anche capito la gazzarra indegna e strumentale che è stata creata». Dalla sua porterà come pezza d’appoggio i sondaggi che (al momento) danno l’alleanza rossoverde in crescita (secondo l’Ipsos di più 0,5 per cento).
Un altro congresso costituente
Poi tenterà un rilancio politico: la proposta di aprire la strada a un congresso «costituente» – da statuto le assise ordinarie del piccolo partito si dovranno tenere nel 2023 – per ricomporre la diaspora a sinistra iniziata, forse accelerata, con la fine di Sinistra ecologia e libertà, nel 2016, e la nascita di Sinistra italiana. Che resterebbe comunque il nome dell’upgrade del partito.
Fratoianni ne ha già discusso pubblicamente lo scorso sabato a Cagliari, proprio con due protagonisti dell’abbandono, l’ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda, leader dei “Progressisti”, combattiva formazione regionale che ha preso oltre il 10 per cento a Cagliari; e con lo stesso Smeriglio, regista della Rete nazionale della sinistra civica ecologista.
Dunque quello fra Si e Europa verde resta un cartello elettorale, tutto da verificare per i prossimi appuntamenti elettorali. Anche perché proprio in Sardegna due consiglieri verdi del gruppo progressista si sono recentemente staccati in vista delle regionali.
Con il Pd e Calenda
Diversa la situazione del Lazio. Dove però si misurano le conseguenze della vicenda Abou sul fronte dello schieramento di centrosinistra. In queste ore il Pd nazionale si è tenuto il più possibile alla larga dalla vicenda, anche perché il sindacalista era candidato all’uninominale a Modena a nome di tutta la coalizione (ma è stato eletto dalla lista proporzionale).
L’angolo in cui si trovano i rossoverdi ha l’effetto di derubricare la rottura alle prossime elezioni del Lazio, dove dovranno sostenere la candidatura di Alessio D’Amato (Pd). Ovvero dovranno aderire a una coalizione a trazione calendiana, che ha messo il sì all’inceneritore romano come condizione per l’alleanza. Per decidere, la Sinistra civica ecologista farà domenica la sua assemblea a Roma.
E invece, ciminiera o no, i verdi di Bonelli sono convinti di schierarsi con il Pd. La formazione di Fratoianni non ha ancora deciso ma è difficile che si possa smarcare. Va peraltro segnalata una certa moderazione da parte di Carlo Calenda, abituato alle polemiche con gli ambientalisti. Anzi, in questi giorni di graticola mediatica, da Azione è arrivata una lodevole mano «di metodo garantista» dal deputato Enrico Costa, che è andato in tv a spiegare che «pur essendo lontanissimo» dall’idea di Soumahoro, il suo è «un caso di scuola: si vuole eliminare l’avversario per via giudiziaria».
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