Soprattutto quando non ci sono elezioni all’orizzonte, lo spazio politico centrista si rianima. La galassia di centro d’area centrodestra ribolle e si rimesta, con una vitalità insperata dopo la morte di Silvio Berlusconi: Forza Italia è al centro di grandi manovre, a caccia di nuovi volti e di far rientrare vecchi amici emigrati in altri partiti e anche la costola di Noi Moderati si candida a diventare la casa di chi fugge dall’ormai ex terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Sul fronte azzurro, la linea è stata ispirata dalla famiglia Berlusconi e il leader Antonio Tajani le sta dando forma: iniezione di liberalismo e autonomia rispetto al governo in materia di diritti civili – vedi la battaglia sulla cittadinanza – e difesa dei mondi economici di riferimento, come con il no alla tassa sugli extraprofitti delle banche. Il tutto, condito da un ritrovato attivismo parlamentare volto non solo a fare campagna acquisti nel perimetro degli altri partiti di centro, come con il ritorno a casa del deputato eletto con Azione Enrico Costa, ma anche a marcare le proprie differenze rispetto al corpaccione nostalgico della destra dura e pura.

Del resto, una cosa è sempre stata rinfacciata a Tajani dalla minoranza interna: la sua eccessiva accondiscendenza con la premier Giorgia Meloni. Oggi, proprio grazie all’ispirazione giunta da Arcore, i forzisti più belligeranti hanno potuto dare corpo alle loro insofferenze rispetto non tanto alla linea del governo, ma alla gestione di alcuni ministri. Tutti rigorosamente però in calo nel ranking di gradimento della premier, con cui comunque il rapporto continua ad essere «necessariamente disteso», come viene descritto da una fonte.

L’ultimo destinatario di una stilettata dal fronte amico è il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che è stato destinatario di una interrogazione parlamentare anticipata dall’Espresso e presentata dal senatore di FI Claudio Fazzone, presidente della commissione Ambiente che incidentalmente è anche il numero uno del partito nel Lazio. Al centro dell’interrogazione c’è la scarsa trasparenza nella gestione dei fonti della Pac, ovvero i fondi europei per l’agricoltura, e la conseguente difficoltà per gli agricoltori di concludere le pratiche per ottenere i rimborsi.

Fazzone chiede dunque a Lollobrigida se sia al corrente dei rallentamenti del sistema informatico gestito da Agea, che secondo l’interrogazione ha subito segnalazioni di disservizi, e «se ritenga necessario e urgente, a tutela delle aziende agricole, valutare l'opportunità di procedere ad una gestione straordinaria dell'Agenzia al fine di rimuovere gli ostacoli esistenti causati dall'attuale dirigenza», ovvero di Fabio Vitale, dirigente vicino a FdI.

Non è l’unico caso di interrogazione ai danni di un ministro: anche Daniela Santanchè, ad agosto, è finita nel mirino di Forza Italia. In quel caso è stato il deputato di FI Francesco Rubato ad annunciare una interrogazione «sui nuovi particolari inquietanti emersi nell'ambito dell'inchiesta dell'Anac su Enit», per conoscere dettagli sulle consulenze. Nonostante l’annuncio, l’interrogazione alla fine non è stata presentata, visto che nel frattempo la vicenda processuale che riguarda la ministra ha continuato il suo corso. Fonti forziste, però, non escludono che la questione possa essere presentata dopo gli esiti processuali a carico di Santanchè in ottobre.

Su entrambi i casi, dal partito arriva un messaggio forte e chiaro: «Tajani non c’entra, sono state mosse autonome dei parlamentari» e «si tratta di interrogazioni su fatti specifici che non intaccano i rapporti di governo». In altre parole, si tratta di impuntature che rispondono a logiche micro e non macro. In particolare, l’interrogazione nei confronti di Lollobrigida – che è anche un generale di FdI in Lazio - andrebbe letta all’interno della dinamica dello scontro di giunta in regione Lazio, dove Forza Italia sta paralizzando i lavori del consiglio e minaccia l’appoggio esterno se non le verrà riconosciuto un ruolo di maggior peso nel governo della regione.

FdI e FI insieme

Su una scala più macro, invece, FdI e FI proseguono silenziosamente la loro sinergia, in particolare a Bruxelles. I due partiti, infatti, sono entrati a far parte dell'International democracy Union, l'alleanza internazionale delle forze di centro-destra che ha sede a Monaco di Baviera. Fondata nel 1983 da 19 esponenti politici, tra cui Margaret Thatcher, George H. W. Bush, Helmut Kohl e Jacques Chirac, l’Idu oggi raggruppa forze che di fatto afferiscono alla componente di destra del Partito popolare europeo. «Negli ultimi due anni, sotto la guida del primo ministro Giorgia Meloni e del vice primo ministro Antonio Tajani, questo governo ha fatto grandi passi avanti nell'attuazione di politiche di centro-destra responsabili in Italia», si legge nel post di benvenuto.

Si tratta dunque di un nuovo passo, seppur silenzioso, di FdI verso l’area della destra considerata responsabile e dunque interlocutore possibile della nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen, che già ha gratificato la premier con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente vicario. E, per converso, di un passo indietro del partito della premier rispetto alle forze di opposizione dura e pura (di cui i Conservatori di Ecr farebbero parte) che invece è la cifra della Lega.

Forza Italia, dunque, sceglie la strategia del doppio fronte: abbraccio stretto di Meloni in Europa, così da cooptarla in maniera sempre più strutturale nell’area del centrodestra più presentabile; pungolo in parlamento così da marcare la distanza e costruirsi l’immagine di partito dell’alternative moderata, ma stando ben attenta a non urtare la premier e toccando solo i ministri che già non godono dell’ombrello di palazzo Chigi.

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