Il caso più delicato è quello dei 350 milioni di euro congelati dal governo Meloni sulla disabilità per il 2023. Nella giornata internazionale delle persone con disabilità, l’Italia deve fare i conti con un quadro deficitario, nonostante ci sia un apposito ministero, seppure senza portafoglio.

La ministra è la leghista Alessandra Locatelli, voluta direttamente dal leader del suo partito, Matteo Salvini, che ha sempre cercato di presidiare il tema. Ma è una strategia più a favore di propaganda che in grado di portare risultati concreti.

Taglio al fondo per la disabilità

A Palazzo Chigi, con Locatelli, è stato assunto uno staff di oltre venti collaboratori, tra esperti in materia e profili interni al gabinetto. A un anno dall’insediamento, però, il piatto piange, almeno nell’immediato: gli investimenti si vedranno solo a cominciare dal 2025.

Insomma, le cose dovrebbero migliorare, ma limitatamente al futuro. Il decreto Anticipi ha fatto slittare l’impiego del fondo 350 milioni di euro, dirottati per coprire le spese dei bonus edilizi. Saranno riutilizzabili dal prossimo anno, e dal 2026 saliranno di 80 milioni di euro per un totale di 435 milioni di euro.

Dal 2027, infine, la dotazione scenderà, di poco, a quota 385 milioni di euro. Lo stop alle risorse per quest’anno non è solo attribuibile all’attuale esecutivo, perché c’era da definire l’attuazione della legge delega: i decreti «non sono stati ancora approvati. Dopo l’intero iter parlamentare la legge entrerà in vigore dall’1 gennaio 2025», ha sottolineato la Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish).

Così il governo ha preferito spostare su altri capitoli il plafond. C’è poi un’altra riduzione messa in conto dal governo: il fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, che aveva uno stanziamento di 50 milioni di euro fino al 2023, è stato azzerato. Dal dipartimento di Locatelli, tuttavia, fanno sapere che la scelta riguarda il precedente esecutivo, quello guidato da Mario Draghi.

L’esito non cambia: quei soldi non saranno a disposizione. Il governo Meloni, nella legge di Bilancio, ha invece confermato i 200 milioni di euro del «fondo per l'assistenza all'autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità», i 25,8 milioni di euro per il «fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare» e i 6 milioni di euro per il «fondo per l’inclusione delle persone sorde e con ipoacusia». Il totale ammonta dunque a poco meno di 232 milioni di euro.

L’attuazione del Dopo di noi

Ma la questione non è solo di soldi da stanziare, di mezzo c’è l’applicazione della riforma del “dopo di noi”, varata dal governo Renzi nel 2016, che punta a garantire un’autonomia alle persone con disabilità dopo la morte dei familiari. Su questo punto si era pronunciata la Corte dei conti, annotando lacune nelle modalità di spesa con una variazione territoriale significativa.

Stando ai dati risalenti a gennaio scorso (si attende un aggiornamento ufficiale), quasi la metà della dotazione dal 2016 al 2022, in totale 466 milioni, sono stati effettivamente trasferiti alle regioni e sono 240 milioni di euro. E solo Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Toscana e Piemonte hanno ricevuto l’intera somma prevista. Un quadro tutt’altro che esaltante, visto che nella gran parte delle altre regioni non sono stati raggiunti risultati positivi.

C’è poi una dimensione non strettamente economica, come testimonia la ricerca condotta da Cbm Italia (insieme alla Fondazione Emanuela Zancan Centro Studi e Ricerca sociale), e pubblicata in concomitanza della giornata internazionale delle persone con disabilità: «Tra gli aiuti richiesti, 9 su 10 non sono contributi economici bensì servizi “umanizzati”, sia per la persona con disabilità sia per i familiari, che siano in grado di mettere la persona al centro, per una presa in carico globale», si legge nello studio.

Al fianco degli investimenti, serve una rete di servizi e di capacità di presa in carico delle richieste.

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