- La paura delle contestazioni fa novanta e il “file excel” che contiene i numeri delle primarie di Roma, seggio per seggio, municipio per municipio, secondo alcuni funzionari è così pesante che – viene giurato – non riescono a inviarselo neanche fra membri del coordinamento della coalizione, dove evidentemente l’esistenza di WeTransfer non è nota.
- Giovanni Caudo, l’ex assessore vicino a Ignazio Marino annuncia via social di non credere alle cifre di Andrea Casu, segretario del Pd romano, e a quelle di Roberto Gualtieri, il vincitore.
- I due a quel punto già affermano che «si va verso i 45mila votanti». Caudo sostiene di avere altri conti in base ai quali i votanti «alla fine si attesteranno intorno ai 35mila», cioè 10mila in meno. Chiederà il riconteggio.
La paura delle contestazioni fa novanta e il “file excel” che contiene i numeri delle primarie di Roma, seggio per seggio, municipio per municipio, secondo alcuni funzionari è così pesante che – viene giurato – non riescono a inviarselo neanche fra membri del coordinamento della coalizione, dove evidentemente l’esistenza di WeTransfer non è nota.
L’affluenza è la sorvegliata speciale delle primarie di Roma. Da quando, nel cuore della notte mentre è ancora in corso lo spoglio, Giovanni Caudo, l’ex assessore vicino a Ignazio Marino annuncia via social di non credere alle cifre di Andrea Casu, segretario del Pd romano, e a quelle di Roberto Gualtieri, il vincitore. I due a quel punto già affermano che «si va verso i 45mila votanti». Caudo sostiene di avere altri conti in base ai quali i votanti «alla fine si attesteranno intorno ai 35mila», cioè 10mila in meno. Chiederà il riconteggio.
La classifica
La mattina dopo Caudo, arrivato secondo dopo Gualtieri, è il vincitore morale. Alle 3 e 46 della notte il coordinamento organizzativo ha proclamato il candidato sindaco con 28.561 voti e cioè 60,64 per cento. Subito dopo di lui il presidente del Terzo Municipio ha preso 7.388 preferenze pari al 15,68. Medaglia di bronzo a sorpresa, Paolo Ciani, leader di Demos e colonna della Comunità di Sant’Egidio con 3.372 voti (il 7,16). In coda Imma Battaglia (2.987 voti, il 6,34), Stefano Fassina (2.625, il 5,57), Tobia Zevi (1.663, il 3,53) e Cristina Grancio (497, l’1,05).
I diversi pezzi della sinistra e dei civici nei prossimi giorni decideranno se riunirsi in una lista o continuare in ordine sparso. Tutti i candidati sanno che nonostante l’esultanza di Enrico Letta la coalizione è debole e il ballottaggio è lontano. Ma questa sarà un’altra storia. Intanto i votanti sono stati 48.624, 1.077 le schede bianche e 450 le nulle. Hanno tenuto «alta», relativamente parlando, la partecipazione proprio i municipi in cui lo scontro fra i candidati presidenti è stato più aspro. Caudo, appunti, l’ex assessore di Marino ha fatto un exploit inatteso che gli consegna un peso rilevante nella coalizione.
Quindi convoca una conferenza stampa con tutt’altri toni rispetto alla notte. Parla delle irregolarità segnalate come «non di una tragedia» (sui social sono apparse foto di stranieri in coda ai gazebo «con il santino in mano», diventa un caso bordeggiante il razzismo, poi si scopre che sono bengalesi con le idee chiarissime, si dividono fra Fassina e Ciani). Ma, assicura, «non voglio sminuire l’evento delle primarie, anzi lo sminuisce chi dice che va tutto bene e non è così». Comunque non chiederà il riconteggio delle schede.
Ricontare o no
Lo chiede invece il suo grande elettore Ignazio Marino, vincitore nel 2013 di primarie in cui votarono in 100.078. Marino ha un sospetto perché «i risultati online danno Gualtieri e Caudo testa a testa» (ma si tratta di circa tremila voti) e invece «quelli cartacei danno risultati diversi. Per le schede chi parla di 30.000 e chi di 48.000 votanti. Perché non rifare lo spoglio con i candidati presenti così si potrà confermare trasparenza del voto?».
Carlo Calenda ritwitta. Caudo invece stavolta si smarca. Dice che «la presenza di Ignazio» in questa competizione «è un segno d’amore, perché nessuno del Pd ha spiegato la sua cacciata violenta dal Campidoglio. Ma noi guardiamo avanti». Naturalmente il venticello del dubbio, per non dire della calunnia, sulle primarie non fa bene al vincitore Gualtieri. Tanto più che il Pd romano sul punto ha un precedente. Alle ultime primarie, quelle del 2016 vinte da Roberto Giachetti, votarono in 47.317. Ma intorno a questa cifra scoppiò un mezzo giallo: il quotidiano Il Messaggero riferì di una dichiarazioni anonima di un dirigente Pd che affermava «di avere gonfiato virtualmente le schede bianche e le nulle per fare aumentare l’affluenza».
Dopo verifiche a loro volta non verificabili, i votanti complessivi furono abbassati a 44.501. E le schede bianche a 567 dalle 2.866 che in un primo momento erano state dichiarate. Quelle nulle da 843 a 325.
Gualtieri ora può dire che l’affluenza è maggiore di quella del 2016, ma non può rischiare di minare il risultato con dubbi e veleni. Per questo invita Marino ad andare alla sede del Pd del Quartiere Testaccio dove ci sono «tutti i verbali e tutti i dati di questo voto». Casu è drastico: «Abbiamo fatto tutto per bene, la trasparenza è stata massima, non permetteremo a nessuno di sporcare un risultato storico».
Il coordinamento delle primarie ha chiamato un collegio dei garanti, con nomi di prestigio, per certificare la regolarità del risultato delle primarie; ne fanno parte il senatore Luigi Zanda, l’ex senatrice Anna Finocchiaro, l’avvocata Grazia Volo, l’ex ministro Cesare Salvi e il costituzionalista Andrea Manzella.
In serata la polemica sembra spegnersi. Ma non è detto. Intanto perché Marino non mancherà di far sentire la sua voce perché, dice Caudo, «quelli che mi hanno votato sono anche del Pd e vedono il ritorno di “quelli”», cioè quelli che avevano cacciato Marino. Gualtieri dovrà dunque tentare la mission impossible di ricucire gli strappi. Si parla già di un ritorno in giunta per l’ex assessore, ma naturalmente sarà un altro venticello, uguale e contrario.
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