Sulle madri detenute e sul taglio del canone Rai tra Salvini e Tajani resta ancora alta la tensione. Per la premier Meloni è un problema aggiuntivo dopo i rovesci in Ue
Se a Bruxelles Giorgia Meloni è in affanno, a Roma, passando in rassegna proposte e provvedimenti in esame, non va tanto meglio. Su tutti c’è il disegno di legge sulla Sicurezza in discussione alla Camera, che segna le distanze tra gli alleati che continuano a lanciarsi frecciate.
E si prosegue con lo scontro sulla Rai e sui vaccini, dove è arrivata l’ennesima provocazione leghista per cancellare l’obbligatorietà, per non dimenticare le nomine che vanno di slittamento in slittamento, seppure per dinamiche tutte interne al Mef. Ovunque volga lo sguardo, la presidente del Consiglio non ha motivi per sorridere.
Palazzo Chigi osserva con apprensione mista a fastidio quello che sta accadendo tra Lega e Forza Italia. I reciproci dispetti non si fermano, anzi vanno avanti seguendo il canovaccio della campagna elettorale per le europee.
Tanto che il ricorso alla fiducia si sta intensificando: ne sono state poste tre in poco più di una settimana e fino alla pausa estiva potrebbe diventare un leitmotiv per scongiurare problemi e ritardi sulla tabella di marcia.
Troppa sicurezza
Il disegno di legge sulla Sicurezza, firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è tuttora oggetto di veleni incrociati con un iter a rilento. Inizialmente sembrava cucito su misura per accontentare i partiti della maggioranza e parlare alla pancia degli elettori. Invece è diventato il termometro delle divisioni. Prima è finito nelle nebbie della Camera con il dibattito fermo per mesi.
Poi è ripartito proprio in prossimità del voto di giugno come bandiera elettorale. Adesso ha fatto esplodere le tensioni: gli emendamenti più controversi della Lega, firmati dal barricadero deputato Igor Iezzi, dopo aver sollevato i malumori degli alleati, sono stati bocciati dallo stesso governo con un parere negativo del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, o del numero uno del Viminale Piantedosi.
Non ci sarà alcuna stretta sugli imam né l’introduzione del reato di integralismo islamico, come volevano i salvianiani duri e puri. Un lungo braccio di ferro ha contraddistinto la proposta sulla castrazione chimica per chi commette il reato di violenza sessuale sulle donne. Per i leghisti è un punto fondamentale, un vecchio cavallo di battaglia di Matteo Salvini, rilanciato pochi mesi fa pubblicamente. Così come è annunciata battaglia sulle “madri detenute”, la norma “anti rom” sventolata dalla Lega.
In commissione la maggioranza ha retto e non ha modificato la formulazione iniziale dell’articolo, nonostante il pressing di Forza Italia che continuerà in aula.
«Se davvero vogliono stroncare i racket del borseggio e del furto ne colpiscano i capi, che di sicuro non sono le donne incinte o i loro neonati», ha attaccato la presidente di Azione, Mara Carfagna.
Intanto la Lega ha portato a casa un altro risultato propagandistico: l’aggravante «per reati commessi all’interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti a trasporto passeggeri».
«La deriva repressiva della destra a trazione Lega è sempre più pericolosa», afferma Filiberto Zaratti, deputato di Alleanza verdi-sinistra. «Il ddl-monstre condanna i bimbi al carcere e inventa aggravanti assurde se i reati vengono commessi in metro», aggiunge l’esponente di Avs.
Provocazioni Lega
Alla fine, la soluzione sarà quella più comoda per la destra: il rinvio. Il ddl Sicurezza sarà licenziato dalla commissione, dove sono ancora in corso le votazioni, e dovrebbe approdare in aula alla fine di luglio.
Ma è già sicuro che l’esame inizierà a settembre. «C’è un ingorgo di decreti da convertire», è la tesi veicolata da fonti governative. Un traffico utile a evitare incidenti di percorso.
Il livello di tensione è alto dopo la proposta della Lega di abbassare il canone Rai prevedendo un aumento della raccolta pubblicitaria. Un’iniziativa che parla a viale Mazzini ma che ha un altro obiettivo, uno dei principali competitor del servizio pubblico: Mediaset.
La proposta annunciata dal fedelissimo di Salvini, Stefano Candiani, ha fatto sobbalzare i vertici di Forza Italia, che ha già annunciato un netto no.
Fratelli d’Italia si trova, ancora una volta, in mezzo al guado delle difficoltà: deve bocciare un’iniziativa, molto popolare, che vuole abbassare il canone per non arrivare alla rottura con Antonio Tajani. E ancora di più con la famiglia Berlusconi. Un bel pasticcio, insomma.
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