Nessun aggiornamento sullo stato delle opere, tagli alle risorse del Pnrr, passate da 2,5 miliardi a 1,3 miliardi di euro con la scusa di voler velocizzare la ricostruzione in Emilia-Romagna, e la sostanziale negazione della crisi climatica in atto. Bollata come una sorta di invenzione degli ambientalisti e degli avversari politici.

Il piatto del contrasto al dissesto idrogeologico continua a piangere, ma dal governo arriva la solita risposta: si continua la ricerca del nemico a tutti i costi.

Di sicuro non si intravede un piano a lungo termine, annunciato da tempo. Tanto che ora i ministri litigano sulle competenze e sulle eventuali omissioni. L’unico elemento di chiarezza è lo stanziamento di 20 milioni di euro del Consiglio dei ministri, previsto stamattina, per dare una risposta alla prima emergenza. Giorgia Meloni ha annunciato la misura di aiuto e ha convocato una riunione straordinaria a palazzo Chigi per dare il via libera.

Sarà il momento per riprendersi uno spazio di propaganda, dal punto di vista comunicativo, con un risvolto comunque pratico: distribuire i soldi necessari alle zone maggiormente colpite nelle ultime ore.

Scontro nel governo

La tensione interna al governo resta però alta. Dallo scaricabile con le amministrazioni locali si è passati alle accuse reciproche tra ministri. Non è passato inosservato l’attacco del ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, al titolare dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. «Il piano è fermo da cinque mesi nelle strutture del ministero per l’Ambiente», ha detto l’ex presidente della regione Sicilia. «Conosco la sensibilità del collega Pichetto Fratin ma il piano rimane ancora fermo perché l’esame sembra essere particolarmente laborioso», ha aggiunto Musumeci.

Un battibecco su cui il Partito democratico chiede un chiarimento ufficiale, a Montecitorio, per evitare che l’ennesimo rimpallo di responsabilità allunghi i tempi per la realizzazione di una programmazione precisa. «Il gruppo di lavoro è stato istituito con decreto del ministro della Protezione civile del 2 dicembre 2022 presso i suoi uffici di diretta collaborazione», scrive la capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Braga, in un’interrogazione che sarà depositata nelle prossime ore.

Il gruppo di lavoro, rileva ancora la parlamentare dem, è «presieduto dal ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci, che ne è quindi responsabile in termini di raggiungimento degli obiettivi».

Dunque, l’ex presidente della regione Sicilia ha individuato i pilastri. «Semplificazione normativa, certezza delle competenze, efficienza dei soggetti incaricati degli interventi ed efficacia dei loro tempi di realizzazione, considerando l’attivazione di poteri sostitutivi in caso di inerzia o ritardo dei tempi assegnati», conclude l’atto predisposto da Braga.

Da qui la richiesta messa nero su bianco del Pd per conoscere se c’è un effettivo coordinamento tra gli uffici ministeriali e apprende quali sono gli eventuali contenuti.

Negazione e immobilismo

Molto dipende dal tentennamento sulla transizione energetica. «Sentiamo ancora Meloni attaccare il Green deal. Queste parole mostrano un grave e pericoloso pensiero anacronistico, talmente scollegato dalla realtà da generare effetti ancora più gravi», spiega Chiara Bertogalli, attivista per l’ambiente e componente del comitato scientifico di Possibile. Perciò, aggiunge, «lasciare soli i territori, non metterli nelle condizioni di adattarsi alla nuova normalità, è un atto criminale».

La certezza, in tutto questo, resta la riduzione dei fondi del Pnrr con il grave ritardo sullo sblocco del miliardo e 200 milioni di euro promessi a gennaio da Meloni per le aree alluvionate dell’Emilia-Romagna nella primavera del 2023. Si attende la firma dell’ordinanza di Francesco Paolo Figliuolo, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni.

L’immobilismo del governo sul dissesto idrogeologico abbraccia vari ambiti. A oggi non c’è stato l’aggiornamento del Rendis, lo strumento di monitoraggio a disposizione dell’Ispra degli interventi svolti per mettere in sicurezza i territori.

L’ultimo rapporto risale al 2020, la nuova versione era attesa per il 2023, al massimo all’inizio del 2024, perché la cadenza è pluriennale. Il ministero dell’Ambiente ha ributtato la palla in tribuna, come spesso accade al governo Meloni. «La banca dati è alimentata dai commissari di governo per il contrasto del dissesto idrogeologico, che dovrebbero provvedere costantemente al caricamento e all’aggiornamento dei dati medesimi», è stata la risposta a un’interrogazione a Montecitorio.

La responsabilità, quindi, diventa di quegli stessi commissari indicati dall’esecutivo. «La verità è che manca una visione, una progettualità da parte di questo governo», evidenzia il deputato del Pd in commissione Ambiente, Marco Simiani.

C’è poi una mancanza che pesa altrettanto sul dissesto idrogeologico: l’approvazione di una legge sul consumo di suolo. In parlamento ci sono già varie proposte di legge presentate dalle opposizioni, ma nessuna è stata portata avanti per mancanza di volontà nella maggioranza ad affrontare la questione.

I dati più recenti diffusi dall’Ispra raccontano che solo nel 2022, il consumo di suolo «accelera arrivando alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando, in soli dodici mesi, di altri 77 km quadrati , oltre il 10 per cento in più rispetto al 2021».

Un processo che non si arresta, dunque. Ma che alla destra meloniana interessa poco o nulla, come lo sforzo contro la crisi climatica.

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