Mentre il gruppo della Camera si riorganizza dopo l’addio dell’ex capogruppo Davide Crippa e di una parte del direttivo del gruppo, si alza la temperatura sul limite dei due mandati. Dopo che Conte ha detto che «non è un diktat», il fondatore Beppe Grillo l’avrebbe minacciato di lasciare il Movimento. Ma c’è chi vede nello scontro soltanto la costruzione di una scusa per Conte
La battaglia per la deroga al vincolo dei due mandati nel Movimento 5 stelle inizia con lo scontro tra i suoi vertici. Il fondatore del Movimento, Beppe Grillo, avrebbe minacciato il presidente Giuseppe Conte di lasciare la sua creatura se il leader dovesse concedere delle deroghe alla regola del secondo mandato. Il tema è in discussione da molti mesi e in un’intervista al Corriere della Sera Conte ha spiegato che il limite «non è un diktat».
Parole che avrebbero fatto infuriare il fondatore, che da tempo si batte per continuare ad applicare il criterio, secondo cui un parlamentare, un sindaco o consigliere regionale non può essere eletto per la terza volta. Grillo avrebbe posto dunque un ultimatum all’ex premier durante una telefonata, in cui avrebbe minacciato di lasciare il Movimento nel caso in cui Conte optasse per la deroga, fosse anche solo a pochi fedelissimi. Conte ha poi smentito la telefonata, spiegando che non c’è stato «nessun aut aut».
«Smentisco categoricamente tutte le indiscrezioni in merito. Abbiamo di fronte una grande battaglia da combattere tutti insieme per il paese, guardiamo uniti nella stessa direzione», ha detto. Ma una soluzione va trovata, e in fretta, per risolvere le ambiguità che ancora circondano il destino di chi rischia di non essere più candidato. C’è però anche chi interpreta lo scontro come un gioco delle parti, un conflitto solo apparente per garantire all’ex premier un alibi nel momento in cui dovrà negare, anche a chi negli ultimi mesi gli è stato più vicino, la possibilità di ricandidarsi.
La deroga
Negli ultimi giorni era circolata l’ipotesi di una deroga limitata a quattro-cinque nomi di parlamentari vicini al leader, arrivati a fine corsa secondo le regole originarie. Tra i nomi più citati ci sono quelli della vicepresidente Paola Taverna, del presidente della Camera Roberto Fico, dei ministri Fabiana Dadone e Federico D’Incà. Ma, di fronte all’insofferenza del garante del Movimento, anche quest’ultima possibilità è sfumata col passare dei giorni. Resta da capire quanto e come verrà presa la decisione.
A giugno, Conte aveva promesso di coinvolgere la base del partito nella scelta, non prendendo posizione sul tema. I vertici dovrebbero valutare nei prossimi due giorni, al rientro a Roma di Conte, come procedere. Potrebbero indire una votazione o decidere direttamente per la conferma del vincolo, come chiede il senatore ed ex ministro Danilo Toninelli (lui stesso sarebbe escluso dalle prossime elezioni). Gli attivisti sono ostili alle deroghe e la votazione, che comporta una modifica del codice etico, aprirebbe nuovi scenari per possibili ricorsi giudiziari sulla natura della votazione stessa. D’altra parte, Conte non ha interesse a rompere con Grillo dopo la scissione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Le indiscrezioni sul simbolo
Grillo mantiene ancora la proprietà del simbolo del Movimento e dei primi domini ad esso associati, attraverso la prima organizzazione che ha fondato a Genova nel 2013. Un dato che dà a Grillo margini di trattativa molto importanti. «Parziali modifiche del simbolo non farebbero venir meno il potere di interdizione di Grillo», dice Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha difeso gli attivisti che più volte si sono scagliati contro il nuovo corso di Conte. Il garante dovrebbe quindi dare il suo via libera a tutti i cambiamenti a cui i vertici del Movimento starebbero pensando in vista delle elezioni.
Nel nuovo logo in preparazione, il nome di Conte potrebbe sostituire la data del “2050”, oppure potrebbe affiancarlo. «Se non approvasse le modifiche, essendoci anche una sentenza della Corte d’appello di Genova passata in giudicato che attribuisce simbolo e nome del Movimento all’associazione di Genova, Grillo potrebbe impedire a Conte l’utilizzo di tutti i simboli graficamente similari e togliergli anche la possibilità di impiegare il nome del M5s», dice Borrè.
Una volta risolta la questione dei due mandati e quella del simbolo, il Movimento dovrà capire come coinvolgere la base in quel che resta delle parlamentarie, le votazioni online che nelle ultime elezioni hanno selezionato i candidati da inserire nelle liste elettorali.
Nonostante lo statuto le preveda, è difficile che il meccanismo possa essere usato anche stavolta, considerati i tempi stretti e tutti i documenti sulla propria condotta giudiziaria che gli aspiranti candidati devono procurarsi per correre alle parlamentarie online. Il garante tiene parecchio anche a questo elemento caratteristico per il Movimento. La soluzione potrebbe essere quella di sottoporre al voto online delle liste già stese, ma Conte ora deve dare delle risposte.
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