Il leghista Centinaio rompe gli indugi e chiede al governo di fare di più per gli agricoltori. Fratelli d’Italia scarica le responsabilità sul ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti
Il rumore dei trattori si sente fino a palazzo Chigi. E propone la riedizione del derby a destra tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Mentre la premier è a Tokyo e difende l’operato del governo sull’agricoltura, la Lega ritrova il piglio di “opposizione nella maggioranza”. E lancia l’assedio, cavalcando un tema che è identitario per i leghisti. Quasi come l’autonomia differenziata. L’ex ministro delle Politiche agricole e ora senatore, Gianmarco Centinaio, ha punzecchiato l’attuale ministro, Francesco Lollobrigida. I trattori? «Se vogliono io li accolgo in Senato, gliel’ho anche proposto e attendo una loro risposta», ha detto ospite alla trasmissione radiofonica Un giorno da Pecora. Come dire, “io ci sono per loro, a differenza del ministro”. E già ieri mattina, dopo l’incontro con una delegazione di agricoltori a Melegnano, Centinaio aveva spiegato il da farsi: «Governo e regioni in Italia possono dare una mano, trovando le soluzioni per limitare i danni della fauna selvatica, riducendo la burocrazia o accelerando i pagamenti di Agea, tanto per fare alcuni esempi. Si tratta di richieste semplici e realizzabili». Insomma, non dipende proprio tutta dalla matrigna Europa, l’esecutivo può fare qualcosa. A cominciare dall’agenzia per le erogazioni in agricoltura, che fa capo al Masaf di Lollobrigida.
La Lega sul trattore
Una road map suggerita alla maggioranza, che prende la forma di una tirata di orecchie ai colleghi di Fratelli d’Italia. In primis il ministro. Il primo banco di prova arriva alla Camera, un termometro per misurare la tensione. Al decreto Milleproroghe, in esame in commissione Affari costituzionali, sono stati presentati emendamenti bipartisan per ripristinare le esenzioni Irpef. Bisogna, tuttavia, reperire i quasi 300 milioni di euro necessari a riattivare la misura e dare almeno una prima risposta agli agricoltori. E qui i meloniani tirano per la giacca il ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti: ricordano che spetta al Mef reperire le risorse economiche. Uno scaricabarile tra alleati, che mostra un certo nervosismo sulle proteste dei trattori.
Dal canto suo Meloni ha cercato di additare l’Europa come responsabile di tutti i mali dell’agricoltura. «Molta della rabbia degli agricoltori deriva da una lettura ideologica della transizione ecologica che ha pensato di poter difendere l’ambiente combattendo gli agricoltori. Non è la mia visione», ha detto durante la sua visita a Tokyo. La presidente del Consiglio ha garantito di voler «ascoltare le istanze dei lavoratori dell’agricoltura che per noi sono fondamentali», rivendicando aver «aumentato le risorse da 5 a 8 miliardi di euro del Pnrr e rispetto ad altri paesi noi non abbiamo tolto gli incentivi sul gasolio. Abbiamo fatto il massimo possibile». Peccato, però, che «gli 8 miliardi di euro finiranno in gran parte ai colossi del settore, lasciando le briciole ai piccoli produttori», osserva Saverio De Bonis, ex senatore e oggi presidente dell’associazione Grano Salus, critica verso le scelte del governo sebbene non aderente alla mobilitazione dei trattori degli ultimi giorni.
E anche dalle opposizioni si levano voci polemiche, evidenziando le responsabilità del governo. «La cancellazione dell’esenzione Irpef per gli agricoltori e l’eliminazione delle misure a favore degli imprenditori agricoli under 40», spiega a Domani Stefano Vaccari, deputato del Pd. Mentre l’altro parlamentare dem, Marco Simiani, ricorda che «gli agricoltori hanno perso reddito e capacità di incidere lungo la filiera. Perciò il ministro riconosca il fallimento ed inverta finalmente la rotta».
Megafono Festival
Intanto i trattori potrebbero arrivare prima a Sanremo che a Roma. L’invito, avanzato da Amadeus in conferenza stampa, è stato accettato da parte dei rappresentanti del movimento. Verrà quindi dato spazio alle ragioni della protesta, che comunque non vuole di certo fermarsi all’Ariston. Dall’8 febbraio è stata annunciata una mobilitazione direttamente nella capitale. «Un accerchiamento e non per un solo giorno», spiegano i promotori della mobilitazione che possono vantare traino mediatico d’eccezione come quello del Festival della canzone.
Fatto sta che Amadeus ha deciso di dare voce agricoltori, nonostante siano una spina nel fianco del governo. Ed era difficile fare altrimenti, visto il momento. «Se vengono, li faccio salire sul palco», ha detto, aprendo la porta dell’Ariston, nella consapevolezza di una risposta positiva. Immediata, infatti, è arrivata l’adesione da parte di Cra – Agricoltori traditi, la pagina social che è diventata la base dei trattori scesi in piazza e nelle strade con i loro presidi, con la garanzia che l’elenco di rivendicazioni «sarà letto tutto con toni pacifici». Di sicuro il “venghino siori venghino” di Amadeus non è stato un grande regalo fatto a palazzo Chigi. La premier Meloni, e ancora di più il ministro Lollobrigida, sono l’obiettivo della protesta. Il dado è però tratto. Anche la Rai assicura che «non c’è alcun contatto in corso tra l’organizzazione del Festival e una della associazioni degli agricoltori», l’Ariston si prepara a diventere il microfono, anzi il megafono, del dissenso nei confronti del governo, accusato di aver fatto delle scelte dannose per il mondo agricolo.
I contenuti dell’intervento a Sanremo sono tutti da definire. Il movimento è un magma indistinto, composto da piccoli imprenditori in difficoltà, ma anche da estremisti di varia risma, tra No-vax e no euro.
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